IMPRESA

Azienda di produzione che ha di norma per scopo il profitto: caratteristica fondamentale dell’impresa è quella di essere azienda di produzione a rischio di mercato, finalizzata cioè ad acquistare e vendere in un sistema di libera contrattazione (pur in presenza di maggiori o minori vincoli pubblici) dal quale dipende la sopravvivenza dell’aziendastessa. È possibile l’esistenza anche di imprese che rischiano in un mercato e non hanno come fine istituzionale il profitto come viene comunemente inteso (imprese senza fi- ne di lucro), ma anche in questi casi la presenza di un mercato, più o meno “perfetto”, come “giudice” impone precise regole di equilibrio economico, cioè tra costi e ricavi, e finanziario,ovvero tra entrate ed uscite. In queste imprese spesso il profitto o è indiretto o comunque legato a benefici non sempre monetizzabili(si pensi alle imprese cooperative, sia di produzione che di consumo) oppure viene sostituito da particolari finalità etiche e/sociali, come nel caso delle ONLUS, organizzazioni non lucrative di utilità sociale previste dalla l. 11.8.1991, n. 266, legge sul volontariato, art. 10 e segg. Parlare di imprese sociali, regolate dalla l. 8.11.1991 n. 381, serve a evidenziare questa combinazione di mercato e servizio alla collettività, in particolare a quella più bisognosa, anche se la terminologia, utile a definire le finalità di “contributo sociale “ di queste imprese, è parzialmente impropria, perché anche le imprese profit non sono socialmente neutre (v. bilancio sociale). Una dottrina generale della gestione dell’impresa si incentra infatti sull’obbligo dell’equilibrio economico (v.equilibrio economico di un’azienda) di lungo periodo. Eventuali interventi esterni sull’impresa (aiuti economico-finanziari, incentivi o disincentivi) vanno inquadrati nell’ottica della compensazione di economie o diseconomie esterne (cioè non dipendenti dal mercato, si pensi all’ecologia) generate dall’attività imprenditoriale. Il soggetto economico di un’impresageneralmente è privato, ma può essere anche pubblico; in quest’ultimo caso il profitto diviene un indicatore dell’economicità dellagestione. La dottrina economico aziendale tradizionale distingue le imprese in funzione del tipo di attività svolta; così si hanno imprese industriali, che a loro volta possono produrre beni o servizi; imprese mercantili volte all’intermediazione tra chi produce e chi consuma i beni e distinte in imprese all’ingrosso, al dettaglio e al grande dettaglio (supermerca- ti, grandi magazzini ecc.); imprese assicurative; imprese bancarie. Attualmente, in relazione ai problemi organizzativi, direttivi, esecutivi e di mercato, la distinzione più rilevante è quella tra imprese “industrializzate” ed imprese artigiane, dove le prime, indipendentemente dalla specifica attività svolta, si trovano a dover eseguire una produzione ed una conseguente vendita di massa con la necessità di una gestione razionalizzata in base a programmi attentamente studiati e aggiornati, mentre le seconde risentono in modo ridotto di tali problemi e possono perciò sopravvivere anche se condotte in “modo abbastanza intuitivo”. Il problema principale della moderna impresa industriale deriva dal peso che hanno nel suo patrimonio le immobilizzazioni, le quali comportano vincoli economici (costi fissi), finanziari e tecnologici che condizionano la gestione o quanto meno debbono essere tenuti in attenta considerazione dai suoi responsabili. Le immobilizzazioni, infatti, non costituiscono più caratteristica esclusiva delle imprese industriali in senso stretto, dove peraltro continuano ad avere il peso più rilevante, ma si riscontrano nelle aziende mercantili al grande dettaglio (magazzini, e relative strutture,punti di vendita con organizzazione self-service ecc.), in quelle bancarie e assicurative (elaboratori con terminali per il trattamento automatico delle informazioni ecc.), nelle imprese turistiche ecc.

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