ENTE FINANZIARIO
Figura mutuata dalla Direttiva 89/646/ CEE che fissa i principi regolatori che sovrintendono ai meccanismi di mutuo riconoscimento delle normative nazionali in tema di accesso all’attività degli enti creditizi e di esercizio dell’attività medesima. Si definisce come l’impresa (diversa da un ente creditizio) la cui attività principale consiste nell’assunzione di partecipazioni o nell’esercizio di una o più delle seguenti attività: a) operazioni di prestito (credito al consumo; credito con garanzia ipotecaria; factoring; cessioni di credito pro soluto e pro solvendo; credito commerciale, compreso il forfaiting); b) leasing finanziario; c) servizi di pagamento; d) emissione e gestione di mezzi di pagamento (carte di credito, travellers’ cheques, lettere di credito); e) operazioni per proprio conto o per conto della clientela in: strumenti di mercato monetario (assegni, cambiali, certificati di deposito ecc.); cambi; strumenti finanziari a termine e opzioni; contratti su tassi di cambio e tassi d’interesse; valori mobiliari; f) partecipazione alle emissioni di titoli e prestazioni di servizi connessi; g) consulenza alle imprese in materia di struttura finanziaria, di strategia industriale e di questioni annesse, oltre che di consulenza e servizi nel campo delle concentrazioni e del rilievo di imprese; h) servizi di intermediazione finanziaria del tipo money broking; i) gestione o consulenza nella gestione di patrimoni; l) custodia e amministrazione di valori mobiliari. La disciplina italiana attualmente in vigore per gli intermediari finanziari non bancari si compone di due assetti normativi: un insieme di leggi speciali che regolano alcuni tipi di intermediari individuati in relazione alla specifica attività esercitata (Fondi comuni di investimento mobiliare: l. 23.3.1983 n. 77; Società di intermediazione mobiliare: l. 2.1.1991 n. l; Cessione dei crediti di impresa: l. 21.2.1991 n. 52) e la normativa generale contenuta nel capo secondo del d.l. 3.5.1991 n. 143 (decreto anti-riciclaggio) così come modificato dalla legge di conversione 5.7.1991 n. 197. Il decreto anti-riciclaggio considera gli intermediari non bancari che hanno per oggetto prevalente o che comunque svolgono in via prevalente, nei confronti del pubblico, una o più delle sottoelencate attività: a) concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, compresa la locazione finanziaria; b) assunzione di partecipazioni; c) intermediazione in cambi; d) servizi di incasso, pagamento e trasferimento di fondi anche mediante emissione e gestione di carte di credito. È stabilito, però, con parziale recepimento della Direttiva 87/102/CEE (art. 12 del d.l. 1991/143), che gli intermediari che erogano credito al consumo siano assoggettati alla disciplina medesima anche se esercitano la propria attività nell’ambito dei propri soci. Il decreto citato istituisce, in primo luogo, uno strumento ufficiale di ordine conoscitivo, imponendo ai soggetti citati l’obbligo di iscrizione ad un elenco tenuto dal Tesoro (che si avvale dell’UIC). L’iscrizione al predetto elenco costituisce, poi, un presupposto necessario per il legittimo esercizio delle attività sopraelencate da parte degli intermediari finanziari non bancari ed è subordinata alla verifica del possesso di alcuni requisiti che riguardano l’assunzione di una particolare veste societaria (alternativamente: società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperativa; obbligatoriamente per gli intermediari che esercitano l’attività di locazione finanziaria: società per azioni), oltre che il capitale sociale versato (che non può essere inferiori a cinque volte il capitale minimo previsto per la costituzione delle società per azioni). In virtù delle disposizioni recate dallo stesso provvedimento, alcune categorie di operatori - da individuarsi sulla base di criteri oggettivi determinati dal Tesoro e da iscriversi in un elenco speciale - risultano sottoposti al potere di vigilanza della Banca d’Italia (art. 7 d.l. 1991/143). Quest’ultimo si articola essenzialmente in: 1) emanazione di istruzioni in materia di adeguatezza patrimoniale e di criteri per limitare la concentrazione del rischio, oltre che in relazione alle forme tecniche dei bilanci e dalle situazioni periodiche; 2) facoltà di chiedere la comunicazione di dati e notizie; 3) facoltà di effettuare ispezioni presso le società considerate. La disciplina esaminanda trova, infine, il suo completamento in quelle previsioni del d.l. 1991/143 che estendono anche agli intermediarifinanziari non bancari l’applicabilità delle norme dettate per gli enti creditizi - di cui al d.p.r. 27.6.1985 n. 350 in materia di requisiti minimi di esperienza di coloro che rivestono cariche di vertice (art. 6), e di onorabilità dei soci e degli esponenti (art. 8) (v. amministratore di banca), oltre che nella normativa prevista dal d.lg. 1992/481 in tema di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi da parte di società finanziarie, sottoposte a forme di vigilanza prudenziale, di matrice bancaria.