DIRETTIVA
Atti dotati di relativa generalità (determinazione dei fini con conseguente potere discrezionale in capo al destinatario nella scelta dei mezzi più idonei per conseguirli), tra i quali è possibile distinguere gli atti adottabili dai vertici dell’amministrazione nei confronti degli organi ad essi subordinati (p.e. le direttive del Presidente del Consiglio o dei singoli Ministri: c.d. direttive interorganiche) dagli atti con funzione di coordinamento tra enti dotati di reciproca autonomia (p.e. le direttive adottabili dal Governo nei confronti delle Regioni: c.d. direttive intersoggettive).
1. Direttive del Presidente del Consiglio dei Ministri. In particolare in relazione all’attività di indirizzo politico del Presidente del Consiglio dei Ministri, con il termine direttiva si indicano quegli atti formulati dallo stesso Presidente, che rappresentano la diretta attuazione della volontà del Consiglio, oltre che quelli che trovano origine nel potere di indirizzo proprio dell’organo monocratico in quanto promotore e coordinatore dell’attività dei Ministri nell’ambito della determinazione della politica generale del Governo (si veda l’art. 5 comma 2 lett. a e b della l. 1988/400). Rispetto a queste si possono distinguere le direttive di natura amministrativa che (in base all’art. 5 comma 2 lett. e della l. 1988/400) possono essere adottate dal Presidente del Consiglio “per assicurare l’imparzialità, il buon andamento e l’efficienza degli uffici pubblici” al fine di garantire una corretta organizzazione amministrativa.
2. Direttive dei Ministri e dei Comitati interministeriali. Nell’ambito delle direttive amministrative si inseriscono inoltre le direttive generali emanate dai singoli Ministri che trovano una puntuale collocazione legislativa nel d.lg. 1993/29 e successive modifiche. Attraverso tali direttive, le quali possono anche essere emanate dai Comitati Interministeriali, si esprime il potere di indirizzo politico – amministrativo rivolto ai dirigenti generali di ciascun ramo della Pubblica Amministrazione. Indirizzo che determina gli obiettivi, le finalità e i criteri cui deve ispirarsi l’attività di gestione di cui i dirigenti sono titolari.
3. Atti formali assimilabili a direttive. Gli atti che rientrano nella categoria delle direttive non si esauriscono in quelli formalmente definiti come tali. Si inseriscono, infatti, in tale categoria anche quegli atti nei quali il termine direttiva è richiamato nei titoli o nei rispettivi articolati: si possono così individuare direttive in atti formalmente denominati circolari, decreti ministeriali o decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri.
4. Portata giuridica della direttiva. In rapporto all’efficacia giuridica delle direttive parte della dottrina ha elaborato una ricostruzione che conferisce loro natura esclusivamente interna all’amministrazione, mettendo così in evidenza solo un aspetto dello sviluppo che concretamente tali atti hanno conseguito. Si è infatti sottolineato che la direttiva non solo hanno un’efficacia giuridica interna, ma non si possono escludere ulteriori effetti nei confronti di soggetti estranei all’amministrazione: soggetti vincolati dal contenuto di tali atti o soggetti legittimati ad agire per l’esecuzione di una direttiva inattuata. Sotto il profilo della gerarchia delle fonti la dottrina più recente non individua un ambito preciso nel quale le direttive andrebbero collocate. Se, infatti, in base al tradizionale inquadramento delle fonti le direttive possono considerarsi atti subordinati alle fonti normative secondarie, va anche ricordato che la dottrina ha messo in evidenza la loro capacità di assumere, in via di fatto, una funzione di supplenza (o integrazione) delle fonti del diritto nelle materie nelle quali il legislatore ritiene opportuno rinviare ad altri soggetti la determinazione di certi comportamenti: così constatando l’esistenza di nuove fonti che si sostituirebbero o si aggiungerebbero al classico sistema basato sul principio nominalistico.