RISK-ADJUSTED RETURN ON RISK-ADJUSTED CAPITAL (RARORAC) (ENCICLOPEDIA)

Il RARORAC (Risk-adjusted Return on Risk-adjusted Capital) è un indicatore che misura l’efficienza nella creazione di valore in funzione del rischio. Appartiene alla categoria delle cosiddette Risk-adjusted Performance Metrics (RAPMs) - o misure corrette per il rischio - insieme ad altre altrettanto importanti come, ad esempio, il Return on Risk Adjusted Capital (RORAC) ed il Risk-Adjusted Return on Capital (RAROC).

Gli approcci RAPM, partendo dalle tradizionali metodologie di valutazione del rendimento di una business unit o di un portafoglio, mirano a migliorarne l’affidabilità introducendo elementi associati al rischio.

La terminologia normalmente usata per la definizione di tali framework è molto ampia e spesso confonde i più (Saita, 2007). Di frequente questo risultato è da attribuire all’utilizzo di differenti nomi per uno stesso indicatore, o alla definizione e implementazione in forme diverse dello stesso indicatore.

In genere, il RORAC (Matten, 2000) ed il RAROC sono misure del profilo di rischio “a metà” in quanto correggono per il rischio rispettivamente il rendimento o il capitale economico (Wolfgang e Von Wendland, 2009). Il primo indicatore è comunemente usato per valutare progetti o investimenti che comportano un elevato rischio in termini di capitale impiegato. Il secondo indicatore misura la profittabilità comparando i rendimenti finanziari corretti per il rischio all’interno di una rosa di alternative di investimento.

Il RARORAC combina il RAROC e il RORAC per proporre una misura che consideri la dimensione del rischio sia nella valutazione dei rendimenti di una linea di business o di progetti di investimento (tipicamente il numeratore del RARORAC) che nella valutazione del capitale economico allocato (tipicamente il denominatore del RARORAC).

In un contesto di risk management il RARORAC supporta il processo di allocazione del capitale tra le diverse linee di business - o alternative di investimento, mirando, per ognuna di esse, ad identificare il livello ottimale di capitale proprio e a massimizzare il rendimento in funzione dei rischi generati. Allo stesso modo, in un contesto di misure di performance, permette la valutazione della qualità di ciascun progetto (ovvero la comparazione di decisioni di investimento mutuamente esclusive) o della performance di ciascuna linea di business, relativamente alla contribuzione al rischio totale e al target di performance da raggiungere. Per tale ragione, il rapporto del RARORAC è molto utile in quanto offre uno strumento unificato per mettere in relazione qualsivoglia transazione con un’altra, uniformandole.

La formula normalmente utilizzata per il RARORAC è la seguente:

Al numeratore:

- (rp - rf) è l’extra-rendimento dato dalla differenza tra il rendimento del portafoglio e il

rendimento dell’attività priva di rischio;

- βp è il rischio sistematico;

- rm è il rendimento di mercato;

- I0 é il progetto di investimento iniziale al tempo t = 0, ovvero il capitale a rischio impiegato.

Si noti inoltre, che rp= CF/I0-1, dove CF è il cash flow atteso al tempo t = 1 del progetto specifico.

Per quanto riguarda invece il denominatore, il capitale economico o il capitale a rischio allocato, questo è generalmente calcolato utilizzando il concetto di VaR (Value at Risk) (Jorion, 2007). Il VaR rappresenta un’altra misura rilevante nell’ambito della valutazione di progetti di investimento. La sua popolarità si deve soprattutto al Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria che richiese alle istituzioni di credito di applicare aggiustamenti delle misure di performance considerando il profilo di rischio sottostante l’ammontare di capitale allocato per l’attività in questione.1

Specificamente, il VaR è rappresentato dalla perdita massima attesa (Expected Tail Loss, o ETL) per la linea di business o il portafoglio. Nell’ambito bancario, per esempio, essendo la perdita inattesa avente luogo in situazioni estreme o particolari condizioni di mercato, il VaR rappresenta il “cuscinetto”, al di sopra della perdita media, necessario perché l’istituzione creditizia rimanga solvibile in caso di perdite estreme. Questa misura assoluta di rischio è calcolata relativamente a i) un definito orizzonte temporale: ii) uno specifico intervallo di confidenza coerente con il target di credit-rating bancario che assicuri la sopravvivenza dell’attività di impresa; iii) e una funzione di distribuzione di probabilità per le perdite, generalmente ottenuta attraverso l’utilizzo del metodo Monte-Carlo.

Per costruzione, il RARORAC aumenta al crescere della creazione di valore e decresce in funzione dell’incremento del rischio assunto. La dimensione di rischio considerata include considerazioni su rischio di mercato, rischio di credito, e rischio operativo, il tutto attraverso l’utilizzo di un unico indicatore. Quindi, il RARORAC premia le imprese che operano secondo il criterio della prudenza e differenziazione del rischio, e penalizza quelle che mostrano una bassa qualità degli assets dovuta all’uso dell’effetto leva sui rendimenti di attività ad alto rischio, o a situazioni di selezione avversa.

Le misure contabili tradizionali come il Return on Investment (ROI) e il Return on Equity (ROE), che calcolano la profittabilità aziendale e valutano opzioni di investimento concorrenti, presentano l’inconveniente di trascurare il rischio totale connesso con il progetto, le attività sottostanti, o l’attività di impresa. Tuttavia, l’omissione di considerazioni sui rischi d’impresa quale quello sociale, politico, reputazionale, ambientale, o altri rischi “intangibili”, si traduce in erronee valutazioni e decisioni.

Questa mancanza delle misure di performance tradizionali ha richiesto l’implementazione di indicatori alternativi, anche alla luce della recente crisi finanziaria, in cui molte banche ed intermediari finanziari non bancari hanno sottostimato la valutazione dei rischi assunti, specialmente nell’ambito di prodotti o progetti strutturati complessi.

In questi termini, le misure RAPMs rappresentano un passo avanti nel superare i suddetti limiti. Sebbene molte organizzazioni hanno risposto lentamente a questa esigenza di adattamento, accomodando i loro sistemi di misurazione del rischio ed incorporando le nuove tecniche, il RARORAC è oggi ampiamente utilizzato, specialmente per la valutazione di portafogli e operazioni molto complesse. Esso incorpora i benefici della diversificazione del rischio di portafoglio, e può dunque definirsi un approccio consistente con la Teoria del Portafoglio di Markowitz (1952, 1959). Al pari di altre misure di tipo RAPM, l’attenzione verso il RARORAC è divenuta quindi via via crescente nell’ambito del corporate finance e nel contesto delle decisioni di investimento.

Per un lato, la sua rilevanza si deve principalmente al Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, ovvero alle relative linee guida circa la misurazione ed adeguamento del capitale. D’altro canto, il RARORAC deve la sua popolarità ai creditori che richiedono sempre più un processo di risk-management adeguato che assicuri un finanziamento del debito ad un giusto costo.

Altri framework di tipo RAPM che meritano di essere citati sono i seguenti:

i)  l’Indice di Sharpe (Sharpe, 1966, 1975, 1994);

ii) l’Indice di Treynor (Treynor, 1965);

iii) l’Alpha di Jensen (Jensen, 1967).

Il primo indicatore è interpretabile come il premio dovuto per l’assunzione di una unità di rischio nel suo complesso

(Formula2):

Mette in relazione di proporzionalità l’extra-rendimento ed il rischio totale, rappresentato quest’ultimo dalla volatilità di portafoglio, σp, che esprime sia il rischio sistematico che quello non sistematico. Per tale aspetto, rispetto alle misure che seguono, il rapporto o Indice di Sharpe presenta il vantaggio di consentire la comparazione tra portafogli non diversificati ovvero che presentano anche il rischio non sistematico. D’altro canto, a causa del fatto che i portafogli sono generalmente ben diversificati, tale vantaggio risulta non essere estremamente rilevante. Inoltre, la deviazione standard viene ritenuta spesso come una non buona misura del rischio (Rachev, 2007), in quanto essa considera non solo i movimenti al ribasso (perdite) ma anche i movimenti al rialzo (guadagni).

L’Indice di Treynor sostituisce σp con il fattore β, uguale al rapporto σ M,P/σM2(dove σM,P è la covarianza tra il rendimento di mercato e il rendimento del portafoglio, mentre σM2 è la varianza del rendimento di mercato). Questa misura è soggetta alla critica secondo cui solamente il rischio sistematico viene preso in considerazione. Questo si traduce nell’impossibilità, almeno teorica, di confrontare portafogli tra di loro diversi, non diversificati. La formula dell’Indice di Treynor è la seguente:


La stessa critica può essere mossa all’Alpha di Jensen sebbene, contrariamente alle prime due misure di rischio che sono "relative", l’Alpha è un indicatore di performance "assoluto". Quest'ultimo assume che i profitti siano generati da una situazione di squilibrio di mercato e si esprime attraverso la seguente formula:


In cui (rp- rf)può essere visto come l’extra-rendimento realizzato mentre β(rm- rf)come quello teorico (ovvero basato su un modello) o atteso.

In sintesi, mentre l’Indice di Sharpe e quello di Treynor standardizzano l’extra-rendimento attraverso l’uso di una qualche misura del rischio, l’Alpha di Jensen considera anche l’andamento di mercato valutando l’extra-rendimento al di sopra o al di sotto la “security market line” del Capital Asset Pricing Model o CAPM (Sharpe, 1964).

In tal senso, quest’ultimo indicatore si avvicina maggiormente al RARORAC.

Nel complesso, queste tre misure spesso generano come output dei numeri "adimensionali" che rendono complesso il controllo e la gestione del rischio totale. Inoltre, il Treynor e l’Alpha di Jensen sono stati sviluppati sulla stessa market line del CAPM e per tale ragione sono soggetti alle stesse problematiche a cui è soggetto il CAPM (Rachev et al., 2007).

Comparando misure RAPM con simili indicatori di performance, come il Net Present Value (NPV), basato quest’ultimo sul metodo del Discounted Cash Flows (DCF), si può notare come nonostante il NPV consideri il rischio sistematico di un progetto o decisione di investimento, gli indicatori basati sul RAPM, come il RARORAC, includono la valutazione di entrambe le tipologie di rischio: sistematico e non sistematico.

Tuttavia, la letteratura di riferimento esprime perplessità in merito al fatto che mentre il calcolo del NPV assicura la massimizzazione del valore dell’azionista, l’indicatore RARORAC non fornisce altrettante garanzie in merito. Esso, infatti, massimizza l’extra-rendimento condizionatamente ad un certo limite di rischio totale. Attraverso il metodo Monte Carlo Lampenius (2012) analizza se il criterio di selezione tra opportunità di investimento alternative è coerente tra i metodi basati sul RAPM e quello del NPV. Egli conclude che i risultati derivanti dai due approcci sono spesso inconsistenti, producendo differenti ranking dei progetti concorrenti.

In altri termini, il metodo NPV non può sostituire quello basato sul RAPM. Lampenius (2012) aggiunge che la definizione del denominatore del RARORAC (VaR) produce differenze significative in termini di massimizzazione di valore degli shareholders. In particolare, la letteratura esistente distingue tra due metodi di calcolo del VaR, definito alternativamente come la massima perdita attesa relativa al valore atteso di una posizione di rischio, o relativa al capitale inizialmente impiegato (I0). La prima formulazione offre sistematicamente prestazioni migliori rispetto alla seconda. Ne risulta, che il calcolo del RARORAC basato sull’uso della prima definizione di VaR sarebbe da preferire ogniqualvolta l’obiettivo è quello della massimizzazione del valore degli azionisti.

Inoltre, è necessario menzionare che per istituzioni finanziarie e creditizie il RARORAC è un indicatore ampiamente utilizzato, data la sua abilità di ridurre il costo del debito traducendolo in un maggior valore per gli azionisti. Allo stesso modo, sostituendo alle misure tradizionali di calcolo di profitti e perdite tale indicatore, esso consente di premiare managers orientati verso la minimizzazione del rischio. La minimizzazione del rischio è identificabile con un comportamento manageriale di tipo precauzionale, certamente più coerente con un decision-making di lungo periodo che non con una visione di breve termine che favorisca l’assunzione di alti rischi per la generazione di “facili” profitti.

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1
Per un approfondimento sulle tematiche affrontate all’interno del Comitato di Basilea, si veda: http://www.bis.org/bcbs/index.htm

Bibliografia

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SAITA  F., (2007) Value at Risk and Bank Capital Management. Risk Adjusted Performances, Capital Management, and Capital Allocation Decision Making. Academic Press Advances Financial Series, 2007, Elsevier Inc.
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TREYNOR  J., (1965)  How to rate management of investment funds. Harvard Business Review, 63-75.
WOLFGANG S. e  VON WENDLAND M., (2009)  Pricing, Risk, and Performance Measurement in Practice: The Building Block Approach to Modeling Instruments and Portfolios. Elsevier Science Publishing Co Inc. Academic Press Inc , 2009.

 

Editor: Melania MICHETTI

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