VIGILANZA
In generale è ogni attività amministrativa pubblica di speciali autorità diretta a sorvegliare l’attuazione di certi obiettivi di politica economica o sociale e ad assumere dei provvedimenti di realizzazione e di correzione necessari. In questo senso sono tali i poteri più o meno estesi in materia di antichità e belle arti, alimentazione, lavori pubblici (Autorità di vigilanza sui lavori pubblici), lavoro, trasporti ferroviari marittimi e aerei, sanità e altri campi del settore reale dell’economia. Oltre che dall’Esecutivo, forme di vigilanza sono svolte in permanenza dal Parlamento e assumono valenza anche politica. Se ne hanno cinque esempi: Commissione di vigilanza dei servizi radiotelevisivi (l. 14.4.1975 n. 103), Commissione di vigilanza sull’anagrafe tributaria (l. 27.3.1976 n. 60), Commissione di controllo enti di previdenza e assistenza (l. 9.3.1989 n. 88), Commissione permanente di vigilanza sull’Istituto di emissione e Commissione di vigilanza sulla Cassa Depositi e Prestiti (su queste due ultime v. infra).
1. Obiettivi della vigilanza nel settore finanziario dell’economia. Nel settore finanziario la vigilanza ha assunto un’organizzazione piuttosto complessa e articolata con competenze ripartite tra autorità diverse, ma con abbastanza obiettivi comuni, gli stessi della regolamentazione. Nel nostro Paese gli obiettivi sono definiti in termini abbastanza comuni per il sistema creditizio e per il sistema finanziario. È scritto, infatti, nell’art. 5 TUBC (d.lg. 1.9.1993 n. 385) che “le autorità creditizie esercitano i poteri di vigilanza a esse attribuiti dal presente decreto legislativo,avendo riguardo alla sana e prudente gestione dei soggetti vigilati, alla stabilità complessiva, all’efficienza e alla competitività del sistema finanziario nonché all’osservanza delle disposizioni in materia creditizia” e nell’art. 5 TUE (d.lg. 24.2.1998 n. 58) che “la vigilanza … ha per scopo la trasparenza e la correttezza dei comportamenti e la sana e prudente gestione dei soggetti abilitati, avendo riguardo alla tutela degli investitori e alla stabilità, alla competitività e al buon funzionamento del sistema finanziario”. Il concetto di “competitività" va inteso come sinonimo di “concorrenza” (che l’attuale indirizzo liberista della politica economica considera il miglior meccanismo per realizzare l’efficienza dei mercati). Con i dovuti adattamenti questa definizione è estensibile a tutti gli altri segmenti del settore finanziario dell’economia.
2. Regolamentazione e controllo. Le attività di vigilanza si rivolgono direttamente e principalmente agli intermediari finanziari (creditizi, mobiliari e assicurativi) e consistono in atti di regolamentazione e in atti di controllo prevalentemente tecnico sugli atti e sulle persone compiuti, questi ultimi, attraverso raccolta e diffusione di informazioni, tenuta di archivi, albi ed elenchi speciali, ispezioni, valutazioni di casi concreti, emanazione di provvedimenti tipici (rilascio di autorizzazioni o di approvazioni, messa in amministrazione straordinaria o in liquidazione coatta amministrativa ecc.), accompagnati dal potere di irrogare sanzioni. Si noti che il termine “controllo” non va inteso nel senso ristretto del linguaggio giuridico-amministrativo e giuridico-contabile di controllo sugli atti, ma in quello economico-organizzativo di insieme di tecniche e di procedure che sono dirette a mantenere o a riportare un sistema dinamico in un certo stato desiderato e che possono comportare anche un’ingerenza nell’attività degli intermediari finanziari. La vigilanza opera in un ambiente mutevole, oggi molto innovativo e deve far fronte agli esiti del variare degli obiettivi di politiche economiche di cui non è possibile conoscere bene in anticipo i costi e i benefici e all’incertezza nel prevedere il comportamento di risposta degli agenti economici. La vigilanza non è tanto un controllo sugli atti, come lo sono i controlli amministrativi e contabili, ma piuttosto un controllo di processo (dove “controllo” ricalca il termine inglese control inteso nel senso di “governo”) ed è adattativa, abbastanza discrezionale e al di fuori delle ordinarie cure dell’amministrazione pubblica. Questa circostanza non appare del tutto chiara nei Paesi europei, specie in quelli di tradizione di diritto amministrativo, ma è evidente negli USA dove regolamentazione e vigilanza sono l’attività propria del government by commission delle regulatory agencies (v. regolamentazione). Ciò spiega le frequenti variazioni della normativa da parte delle autorità, emesse anche con semplici circolari e il ricorso abituale alla moral suasion. Questi compiti sono assai più estesi di quanto la parola “vigilanza” lasci intendere. Un termine apparentemente restrittivo è stato tuttavia adottato anche dai maggiori Paesi: amer. supervision; fr. surveillance (ma anche contrôle); ted. Aufsicht, sp. supervisión. Alla vigilanza fa un generico implicito richiamo l’art. 47, 1° comma della costituzione italiana prescrivendo che “la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito” dove il termine “controllo” è impiegato nel senso appunto di “governo”. Storicamente i sistemi di vigilanza hanno evoluto dalle forme originarie di controllo sugli atti (come si configurava con la l.b. 1936) a controllo di processo. Il momento legislativodel passaggio dall’uno all’altra configurazione avviene tra il 1993 e il 1998 con la pubblicazione del TUBC e del TUF. Nello stesso periodo la vigilanza (in specie la vigilanza bancaria) è passata da un sistema di regolamentazione strutturato su norme di rango primario e quindi abbastanza rigido a un sistema abbastanza deregolamentato e flessibile. P.e., il sistema della l.b. 1936 non identificava obiettivi generali, dettava prescrizioni specifi che in materia di attività bancaria (una caratteristica che si rispecchia anche nella tipicità dei contratti di banca e di borsa secondo il c.c. 1942) e nominava specificamente i provvedimenti di applicazione che potevano essere presi dalla Banca d’Italia. Nel sistema attuale vengono fissati i grandi obiettivi finali dell’attività di vigilanza (v. art. 5, 1° comma TUBC e art. 5, 1° comma TUF citati all’inizio; gli obiettivi sostanzialmente coincidono) e gli oggetti, ma l’attuazione concreta è delegificata e rimessa all’elaborazione degli organi di vigilanza.
3. Specializzazione delle aree di vigilanza. I compiti della vigilanza nei Paesi moderni sono stati attribuiti di volta in volta a uffici di ministeri, ad autorità amministrative indipendenti, o alla banca centrale, ovvero ripartiti tra questi. Per quanto riguarda il nostro Paese le competenze erano disegnate fino a circa ottanta anni fa in modo non coordinato e incompleto o non esistevano affatto. Col tempo si è proceduto a un riordinarle e a crearne di nuove, di modo che le competenze sono suddivisibili oggi in nove gruppi distinti più uno in fieri (qui di seguito elencate con gli opportuni rinvii dalla lettera a alla lettera k).
3.a) Vigilanza bancaria. Fino agli anni Trenta del secolo scorso le attività di vigilanza erano disperse tra diversi ministeri e commissioni. e solo con la l.b. 1936 (artt. 2 e 11) si era procedutoa un primo accorpamento per la vigilanza bancaria, evoluta negli ultimi due decenni del secolo scorso in vigilanza del settore bancario e parabancario, la cui normativa è oggi sistemata nel TUBC del 1993.
3.b) Vigilanza sugli intermediari finanziari. Nel 1974 con l’istituzione della Consob (l. 1974/ 216) si è resa autonoma la vigilanza sugli intermediari finanziari. L’assetto e le ripartizioni delle competenze tra Consob e Banca d’Italia sono stati completati con il TUF del 1998. La Banca d’Italia è competente per quanto riguarda il contenimento del rischio e la stabilità patrimoniale e la Consob per quanto riguarda la trasparenza e la correttezza dei comportamenti (art. 5, c. 2 e 3 TUF).
3.c) Vigilanza sulle assicurazioni. Nel 1982, con l’istituzione dell’Isvap (l. 1982/576), l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo, la vigilanza sulle assicurazioni è stata staccata dal Ministero dell’Industria. Le competenze residue di quest’ultimo sono state trasferite al Ministero dell’economia e delle finanze con la riforma dell’organizzazione del Governo del 1999.
3.d) La vigilanza sugli enti previdenziali, anch’essi intermediari finanziari, è stata e resta attribuita al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali salvo che per le competenze di cui alla lettera seguente.
3.e) Per la vigilanza sulle forme pensionistiche complementari è stato istituito nel 1996 un’autorità apposita, la Covip (art. 3, c. 1 lett. v) l. 1992/421; d.lg. 1993/124).
3.f) Vigilanza sui sistemi di pagamento. È attribuita alla Banca d’Italia la vigilanza sui sistemi di pagamento (art. 146 TUBC), che dal 1999 è però coordinata nell’Eurosistema dalla BCE.
3.g) La vigilanza sull’Istituto di emissione (v. vigilanza sulla Banca d’Italia) e h) la vigilanza sulla Cassa DD.PP. sono attribuite alle speciali commissioni parlamentari bicamerali: la Commissione permanente di vigilanza sull’Istituto di emissione (T.U. 28.4.1910 n. 204, sugli Istituti di emissione e sulla circolazione dei biglietti di Banca, modif. dall’art. 1 del d.lg. 31.12.195 n. 1928) e la Commissione di vigilanza sulla CassaDepositi e Prestiti (T.U. 2.1.1913 n. 453, Libro I, art. 3; l. 6.6.1973 n. 327; art. 19-bis d.l. 10.11.1978 n. 702 conv. dalla l. 8.1.1979 n. 3; art. 56 della l. 9.3.1989 n. 88). Un terzo organo, il Comitato centrale dei Buoni fruttiferi postali (q.v.) che esercitava la vigilanza su questa specie di titoli è stato soppresso nel 1998.
3.h) Compiti di vigilanza su particolari enti sono riservati dalla legge al Ministero dell’economia e delle finanze (p.e. sul Fondo interbancario di garanzia per il credito agrario e sulla Sezione di garanzia per il credito peschereccio, ex art. 45 TUBC) e al Ministero del lavoro sulle mutue assicuratrici.
3.i) In fieri è la formazione, avviata in sede comunitaria, di un insieme coordinato di norme per la vigilanza sulla moneta elettronica.
4. Forme di vigilanza. Nelle trattazioni inglesi di economia monetaria (e talvolta nei documenti internazionali) si fa differenza tra vigilanza strutturale (structural regulation), vigilanza sul grado di rischio o prudenziale (prudential regulation) e vigilanza su correttezza e trasparenza delle informazioni (fair play regulation). Di questa classificazione occorre far memoria, dal momento che talvolta compare anche nei documenti internazionali. Essa però male si adatta a raccogliere le forme di vigilanza codificate dalle norme e dalla pratica di Paesi diversi dall’Inghilterrae dell’Italia in particolare. Nel nostro Paese si distingue anzitutto tra vigilanza informativa, regolamentare e ispettiva. Altre categorie sono quella della vigilanza consolidata e di quella sulla trasparenza e correttezza delle operazioni.
4.a) La vigilanza informativa consta del potere da parte dell’autorità (e del relativo obbligo degli intermediari) di ricevere con certe modalità ed entro certi termini segnalazioni periodiche e bilanci, oltre a ogni altro dato richiesto e il suo obiettivo è di consentire all’autorità di monitorare gli intermediari e il mercato e anche di dare pubblicità, entro certi limiti, a dati e notizie a favore di chi vi abbia interesse (p.e. le informazioni della Centrale dei rischi, l’iscrizione o la cancellazione da un albo o un elenco; l’esistenza di provvedimenti di sospensione, radiazione ecc.; informazioni statistiche).
4.b) La vigilanza regolamentare consiste nel potere dell’autorità sia di emanare disposizioni (p.e. sull’entità del patrimonio, i limiti di fido, l’organizzazione amministrativa e contabile) che possono o essere di carattere generale per tutti gli intermediari, o concretarsi in provvedimenti particolari riguardanti solo uno o alcuni intermediari, sia di esercitare il controllo sostitutivo sugli enti vigilati fino a interventi gravi come l’amministrazione straordinaria e la liquidazione e di irrogare sanzioni. La vigilanza regolamentare ha registrato le maggiori innovazioni ricomprendendo quella che è chiamata vigilanza prudenziale, in seguito anche alle proposte del Comitato di Basilea (v. Accordo di Basilea).
4.c) La vigilanza ispettiva consiste nel potere di svolgere direttamente ispezioni e di richiedere l’esibizione di documenti e gli atti che l’organo ispettivo ritiene necessari. Queste forme di vigilanza sono codificate e sviluppate compiutamente solo per l’area creditizia, degli intermediari finanziari e delle assicurazioni (lettere a, b e c). Esse si ritrovano in nuce o sono possibili in ogni altra specie di vigilanza.
4.d) La vigilanza può esercitarsi su un singolo intermediario oppure su di un insieme costituito da intermediari finanziari e da società finanziarie e strumentali. Questa forma di vigilanza è prevista specialmente per il settore creditizio e costituisce la vigilanza su base consolidata (artt. 59-69 TUBC), richiamata però dalla vigilanza sul gruppo delle SIM (art. 12 TUF) ed è svolta anche dall’Isvap per le assicurazioni. Questa specie di vigilanza si è sviluppata nell’ultimo decennio del secolo scorso.
4.e) La vigilanza su correttezza e trasparenza delle informazioni è anch’essa un apporto recente, diventata oggi parte integrante della vigilanza bancaria, di quella sugli intermediari creditizi e di quella assicurativa (v. p.e. regole di comportamento degli intermediari; informazioni bancarie; trasparenza bancaria).