TRATTATO DI AMSTERDAM
Nel corso del processo di integrazione europea, il Trattato di Amsterdam, firmato il 2.10.1997 ed entrato in vigore il 1°.5.1999 (l’Italia ha provveduto alla ratifica con la l. 16.6.1998 n. 209), ha segnato una ulteriore tappa del “cammino comunitario” iniziato negli anni Cinquanta con la creazionedella CECA (Trattato di Parigi del 18 aprile 1951), della Comunità economica europea e dell’Euratom (Trattato di Roma del 25 marzo 1957). Primo elemento caratterizzante il Trattato di Amsterdam è il ruolo che lo stesso riveste ai fini di una nuova numerazione dei trattati, non più rinviabile a seguito delle modifiche e degli ampliamenti introdotti dall’Atto unico europeo e dal Trattato sull’Unione europea di Maastricht. Ci si trovava, infatti, ad applicare trattati i cui articoli erano contrassegnati da numeri affiancati da lettere (p.e. 109A-109M, TCE) o articolati in lettere affiancate, in certi casi, da numeri (p.e. art. A-F, art. J.1-J.3, TUE). Con il Trattato di Amsterdam a tutti gli articoli contenuti nei due trattati (il TCE e il TUE) è stata data una nuova numerazione sequenziale. Marginali sono stati gli interventi sui due trattati settoriali della CECA e della Euratom. Rispetto al Trattato di Maastricht, quello di Amsterdam incide sicuramente in misura meno rilevante sull’evoluzione dell’Unione europea. Esso è diviso in tre parti relative, rispettivamente, alle modifiche di merito dei trattati esistenti, alla semplificazione dei trattati, alle disposizionigenerali e finali. Modifiche ai trattati esistenti. La prima parte riveste senza dubbio un rilievo maggiore. Da una pur sommaria analisi, emerge come il Trattato abbia sostanzialmente mantenuto l’impianto a pilastri dell’UE introdotto a Maastricht pur formalizzando e regolamentando la c.d. cooperazione rafforzata; sono state aumentate le deroghe e le eccezioni al principio dell’applicabilità delle norme comunitarie a tutti gli Stati membri; è stata riconosciuta alla tutela dei diritti umani e ai rapporti con i cittadini, inseriti nel quadro dei principi generali, una posizione di maggior rilievo; si è inciso in modo limitato sul secondo pilastro (v. Unione europea), cioè sulle questioni connesse alla Politica estera e di sicurezza comune (PESC). Quanto al terzo pilastro, sulla Cooperazione in materia di polizia e giudiziaria in materia penale (CPGP, ex CGAI), è stato modificato in modo rilevante, sia con l’incorporazione degli Accordi di Schengen, sia per le materie “comunitarizzate” (visti, asilo, immigrazione e cooperazione giudiziaria e giuridica in materia civile), sia, infine, per la cooperazione in materia penale, che continua a formare oggetto di norme di natura internazionale. Nell’ambito del primo pilastro, quello comunitario, il Trattato di Amsterdam ha voluto introdurre un nuovo capitolo sull’occupazione e ha riformato la materia della politica sociale inserendo l’”Accordo sociale” vigente tra quattordici degli Stati membri (il Regno Unito non ne fa parte) nel quadro del Trattato della Comunità Europea. Sempre nel pilastro “comunitario” sono state introdotte delle modifiche in materia di ambiente, tutela dei consumatori, sanità ecc. Tutti gli osservatori e i commentatori hanno invece rimarcato come il Trattato di Amsterdam abbia, nel complesso, lasciato irrisolte le questioni di tipo istituzionale che il Trattato di Maastricht del 1992 aveva omesso di definire. Si pensi, in particolare, alle richieste di estensione del voto a maggioranza e di nuove regole sulla composizione della Commissione europea e dello status dei commissari. Da sottolineare, invece, il rilievo assunto dalla nozione di “interesse nazionale” nell’ambito delle innovazioni introdotte in materia di processo decisionale e, in particolare, di voto in sede di Consiglio; in questa sede, anche nel quadro del Trattato CE, si è rafforzata la possibilità di un veto da parte dei singoli Stati. Restando nell’ambito delle innovazioni di tipo istituzionale, ma per quanto definito dalla seconda parte del Trattato, deve evidenziarsi l’abrogazione sia della Convenzione del 1957 relativa a talune istituzioni comuni della CE, sia del c.d. Trattato sulla “fusione degli esecutivi” del 1965, con conseguente inserimento, nei Trattati istitutivi, delle disposizioni su cui detti atti erano fondati. (pf-go) Il Trattato di Amsterdam è il risultato della Conferenza intergovernativa lanciata il 29.3.1996 in occasione del Consiglio europeo di Torino. Esso è stato adottato dal Consiglio europeo di Amsterdam (16 e 17 giugno 1997) e successivamente firmato, in data 2 ottobre 1997, dai ministri degli affari esteri dei quindici Stati membri. È entrato in vigore il 1° maggio 1999 (primo giorno del secondo mese successivoalla ratifica da parte dell’ultimo Stato membro) ratificato da tutti gli Stati membri secondo le loro rispettive norme costituzionali. Sul piano giuridico, il Trattato di Amsterdam modifica alcune disposizioni del Trattato sull’Unione europea, come pure dei trattati istitutivi delle Comunità europee e di alcuni atti connessi. Esso si aggiunge ma non si sostituisce agli altri trattati. Il Trattato ha riformato il sistema di funzionamento delle Istituzioni comunitarie, sia estendendo le tematiche disciplinate dall’Unione europea, in sostituzione o in cooperazione con gli Stati nazionali (come la sanità, p.e.), sia riformando il sistema di funzionamento delle Istituzioni comunitarie. Il segnale più evidente: la completa riscrittura, dopo quarant’anni, della numerazione degli articoli originali del Trattato. Dal punto di vista delle tematiche trattate, si possono identificare tre grandi capitoli di riforme introdotte.
1. Libertà, sicurezza e giustizia. Il Trattato di Amsterdam ha sancito alcune garanzie ai fini della tutela dei diritti fondamentali nell’Unione europea: uguaglianza tra uomini e donne, non discriminazione, trattamento dei dati a carattere personale. Vengono inoltre introdotto un nuovo titolo IV denominato “Visti, asilo, immigrazione ed altre politiche connesse alla libera circolazione delle persone”. Le questioni rientranti in questo ambito, prima parte del secondo pilastro, sono “comunitarizzate”, ossia passano dal controllo degli Stati nazionali coordinati in sede di Consiglio (metodo intergovernativo) al controllo diretto delle Istituzioni comunitarie, inclusa dunque l’integrazione del sistema di Schengen (che regola la libera circolazione delle persone in Europa abolendo i controlli alla frontiera). Resta nel secondo pilastro il nuovo Titolo VI del Trattato dedicato alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale.
2. L’Unione e il cittadino. Le principali riforme introdotte dal Trattato in questo campo sono le seguenti: lo sviluppo del concetto di cittadinanza europea, che integra l’elenco dei diritti civili e politici di cui fruiscono i cittadini dell’Unione e precisa la connessione tra cittadinanza nazionale e cittadinanza europea; l’inserimento nel Trattato di un capitolo sull’occupazione che prevede la definizione di strategie coordinate fra Stati membri e la Comunità per promuovere l’occupazione, oltre che il coordinamento delle politiche nazionali; l’integrazione nel Trattato di un accordo sociale rinforzato che prevede, tra l’altro, la lotta contro l’esclusione sociale e la parità di trattamento tra uomini e donne; l’irrobustimento della politica dell’ambiente grazie alla maggiore rilevanza del concetto di sviluppo sostenibile ed alla presa in considerazione dell’ambiente in tutte le politiche settoriali; il miglioramento degli strumenti di cui l’Unione europea dispone per garantire un livello elevato di protezione della salute umana; il chiarimento degli obiettivi della protezione dei consumatori ed una migliore integrazione nelle altre politiche dei provvedimenti presi in tale settore; la garanzia del diritto di ogni cittadino di accedere ai documenti emananti dalle istituzioni dell’Unione europea e di poter comunicare con esse nella propria lingua. Viene inoltre posto l’accento su una migliore qualità redazionale della legislazione, allo scopo di favorirne una migliore comprensione ed una più efficace applicazione.
3. Una politica estera efficace e coerente. Per quanto riguarda la Politica Estera e di Sicurezza Comune (il “secondo pilastro” dell’Unione Europea), il Trattato di Amsterdam ha introdotto alcune riforme fondamentali. Anzitutto, il carattere operativo della PESC è stato rafforzato grazie a strumenti più coerenti e ad un processo decisionale più efficace. D’ora in poi si potrà cioè ricorrere alla votazione a maggioranza qualificata in caso di “astensione costruttiva” da parte di uno dei Paesi membri, e sarà possibile rinviare una decisione al Consiglio europeo in caso di veto eccezionale di uno Stato membro. Dal canto suo, la Commissione è maggiormente coinvolta a livello di rappresentanza e di attuazione della PESC. Il Trattato di Amsterdam inaugura inoltre un nuovo strumento di politica estera, che viene ad aggiungersi all’azione comune e alla posizione comune: la strategia comune. Il Consiglio europeo, l’organo che definisce i principi e gli orientamenti generali della PESC, definisce consensualmente strategie comuni nei settori in cui gli Stati membri hanno importanti interessi in comune. Ogni strategia comune precisa i propri obiettivi, la propria durata e i mezzi che l’Unione e gli Stati membri devono mettere a sua disposizione. L’attuazione delle strategie comuni, mediante azioni e posizioni comuni adottate a maggioranza qualificata, spetta al Consiglio, che può inoltre raccomandare strategie comuni al Consiglio europeo.