TRASFERIMENTI
Pagamenti unilaterali, quindi senza contropartita, effettuati da un soggetto, privato o pubblico, a favore di un altro soggetto. Esempi ne sono le donazioni, i sussidi di disoccupazione, le rimesse degli emigrati, i pagamenti di pensioni ecc.. Una delle classificazioni più ricorrenti delle spese pubbliche è quella che contrappone i trasferimenti, cui non corrisponde alcuna prestazione da parte dei beneficiari, alle spese per beni e servizi utilizzati dagli enti pubblici. L’evoluzione dello Stato moderno, caratterizzata dal dilatarsi dell’intervento pubblico, ha determinato un sensibile ampliamento della spesa per trasferimenti: basta pensare, tra l’altro, alle prestazioni fornite dal sistema della sicurezza sociale o ai sussidi accordati da alcune attività economiche. Nel calcolo del reddito nazionale vengono esclusi i trasferimenti che per definizione non rappresentano il corrispettivo della produzione di beni o della prestazione di servizi; per contro i trasferimenti aumentano il reddito disponibile degli individui che li percepiscono e vanno quindi esclusi in tale calcolo. La concezione liberista dello Stato sostiene che le spese per trasferimenti sottraggono al settore privato utili risorse che sarebbero altrimenti impiegate in attività produttive. A ciò si ribatte che i trasferimenti non distruggono risorse ma realizzano una loro redistribuzione tra le classi di reddito. Nel linguaggio bancario vengono chiamati trasferimenti (transfer) l’invio di fondi all’estero per conto di un soggetto italiano per apertura di credito o in esecuzione di altra operazione. Nelle transazioni internazionali per “trasferimento” si intende una particolare forma di countertrade articolantesi su relazioni commerciali di tipo triangolare, finalizzata al superamento degli inconvenienti tipici degli altri schemi contrattuali relativi ad accordi di compensazione. È caratterizzato, in particolare, dalla presenza di partite finanziarie denominate in valute diverse a saldo delle operazioni di importazione/esportazione.