RISCHIO PAESE
Termine utilizzato per indicare ogni probabilità di perdita di un prestito internazionale ascrivibile a eventi che sono comunque al di fuori del controllo dei singoli operatori commerciali. Qualunque prestito internazionale presenta quindi un rischio Paese, in ragione del fatto che le capacità e/o le possibilità di rimborso del debitore possono essere condizionate da fattori economici, politici e sociali che trascendono la dimensione microeconomica del rapporto creditizio. Nel caso in cui il debitore sia un operatore privato, tale rischio si concretizza in una serie di impedimenti politici, economici e/o tecnici di cui è responsabile, in ultima istanza, l’autorità pubblica; nel caso in cui, invece, il debitore si identifichi con il governo di un paese o con qualsiasi altro ente pubblico o pubblicamente garantito (debitore c.d. “sovrano”), tale rischio si manifesta con la diretta incapacità (tecnica, economica,finanziaria) o rifiuto di tali soggetti ad ottemperare agli impegni assunti. Mentre nella prima ipotesi si è soliti parlare di rischio di trasferimento (transfer risk), ad indicare una responsabilità solo indiretta delle autorità di un paese nell’impedire che il debito venga onorato (in genere attraverso provvedimenti che ostacolano i flussi valutari), nella seconda fattispecie si parla più correttamente di rischio sovrano (sovereign risk), rimarcando in tal modo il concorso diretto dell’autorità sovrana in un paese, cioè dello Stato, nella materializzazione dell’inadempienza. All’interno della nozione generale di rischio paese è possibile identificare svariati sub-rischi, ognuno dei quali è associabile ad una specifica categoria di eventi, cioè di gradi di materializzazione del rischio (ritardo nei rimborsi, rifinanziamento, moratoria, ristrutturazione, insolvenza), e di fattori, cause e sequenze che tali eventi contribuiscono a determinare. Tra questi figurano: rischi politici, derivanti da fattori politici, interni od esterni al paese debitore, che influenzano la capacità e la volontà di rimborso; rischi economici, derivanti da andamenti avversi della situazione economica e finanziaria del paese imputabile a circostanze strutturali e/o congiunturali; rischi sociali e ambientali, collegati i primi a conflitti o tensioni sociali, religiose, culturali, i secondi a particolari caratteristiche fisiche, naturali (dislocazione geografica, popolazione, clima ecc.) oltre che istituzionali del paese.
Rischio Paese e nuova disciplina prudenziale della Banca d’Italia. Le trasformazioni intervenute nella struttura e nel funzionamento dei mercati finanziari internazionali e la crescente importanza degli investimenti di portafoglio nelle economie emergenti hanno determinato la necessità di rivedere la normativa sul rischio-paese, in particolare, le modalità di calcolo delle rettifiche prudenziali richieste per la determinazione del patrimonio di vigilanza. La nuova disciplina prudenziale di Banca d’Italia, entrata in vigore nel dicembre 1998, attribuisce, nella formazione delle classi di rischio, un maggior peso relativo degli indicatori di mercato (ovvero rating, spread e accesso al mercato), che riflettono più tempestivamente la rischiosità di ciascun paese, rispetto a quello degli indicatori macroeconomici (debt service ratio, cioè il rapporto fra il servizio del debito comprensivo della quota capitale e le esportazioni, debito estero in rapporto al PIL e in rapporto alle esportazioni), che tendono a modificarsi con relativa lentezza e vengono rilevati con ritardo nelle statistiche internazionali. In particolare, è stata attribuita maggiore rilevanza al rating assegnato dalle principali agenzie internazionali, in mancanza del quale si utilizza la valutazione espressa dalla SACE, allo spread tra il rendimento dei titoli a medio e a lungo termine emessi da ciascun paese e quello dei titoli del Tesoro americano di durata equivalente. Fra gli indicatori macroeconomici è stata inclusa una nuova variabile, il rapporto fra le riserve ufficiali e le importazioni, che riflette la capacità del paese di fronteggiare una riduzione improvvisa delle esportazioni, e, fra gli indicatori di comportamento è stata attribuita maggiore rilevanza alla moratoria del debito, sintomo di grave difficoltà del paese debitore. È stata inoltre aumentata l’importanzaattribuita ai fattori di carattere eccezionale, come p.e. gli aspetti istituzionali. Il numero delle classi in cui ogni paese può essere collocato è stato portato da tre a sei, per consentire di cogliere con maggiore precisione la rischiosità di ciascuno. La nuova metodologia, infine, si applica ai paesi esposti verso il sistema bancario italiano per un importo superiore a 25 miliardi di lire. In ragione della loro minore rischiosità, i crediti commerciali partecipano alla definizione degli aggregati di riferimento ora per il 15% del loro valore (rispetto al precedente 30%). Nel calcolo si tiene conto anche del ricorso a operazioni di copertura effettuate mediante contratti a termine o derivati su crediti che riguardano controparti residenti in paesi a rischio. La disciplina delle garanzie rilevanti per l’esclusione dei crediti dall’insieme di quelli soggetti alla normativa rischio-paese è stata assimilata a quella del coefficiente di solvibilità.