RISCHIO
Rischio è una situazione soggettiva in cui l’incertezza, situazione oggettiva, prende una sua configurazione. La misurazione del rischio può essere sia probabilistica che frequentista. La prima dipende dalle probabilità, o dalla distribuzione delle probabilità, di verificarsi assegnate a una serie di eventi futuri possibili. La seconda viene definita come il numero di casi favorevoli sul numero di casi possibili. Dal punto di vista economico il rischio può assumere diverse forme. Di rischio si parla quando si parla di rischio di fallimento, rischio di cambio, rischio di scadenza, rischio paese, rischio sistemico, rischio sistematico o non diversificabile, rischio diversificabile, etc.. Ognuna di queste categorie di rischio ha un suo campo di applicazione ben specifico. Al rischio è anche collegata, tramite la teoria dell’utilità attesa, l’avversione al rischio. Essa è, come il rischio, una situazione soggettiva in cui ogni individuo/agente che opera nel mercato si trova a fronteggiare ogni volta in cui è messo di fronte a due alternative: una certa e una incerta. A seconda dell’avversione al rischio, gli individui sceglieranno una o l’altra situazione in base all’utilità che si determinerà. Ogni individuo riuscirà sempre a definire una soglia di indifferenza tra le due alternative definendo quello che prende il nome di equivalente certo. Questo è il valore che rende l’individuo avverso/propendo/indifferente al rischio neutrale rispetto alla scelta della situazione certa rispetto a quella incerta. Definita l’avversione/propensione a rischio e il suo equivalente certo si può definire una misura molto usate nell’analisi economica che è il premio per il rischio. Esso è l’ammontare che viene richiesto da un individuo avverso al rischio in una situazione di incertezza. Il premio al rischio può anche essere stimato con modelli come il CAPM. Il premio per il rischio può anche essere utilizzato per stimare quello che si definisce ritorni in eccesso (excess return) in cui la differenza di rendimento tra un asset rischioso e uno privo di rischio è funzione del rischio non diversificabile, misurato dal βeta, e del premio al rischio di mercato.
Il concetto di avversione al rischio degli investitori definisce quindi come essi richiedono extra-profitti o rendimenti compensativi per una maggiore incertezza. Peraltro, la nozione di crucialità del rischio e l’assunto in virtù del quale gli investimenti più rischiosi, per essere considerati vantaggiosi, debbano presentare un profilo di rendimento superiore in confronto a operazioni meno spregiudicate, risultano piuttosto intuitivi. Il ritorno atteso di ciascun investimento può, perciò, essere espresso come la somma del tasso privo di rischio e di un extra-rendimento per compensare tale maggiore incertezza (premio per il rischio). Per descrivere il premio al rischio è quindi opportuno distinguere le due componenti fondamentali del rischio:
- rischio sistematico
- rischio specifico.
Il rischio sistematico, o anche rischio non diversificabile, deriva dalla constatazione dell’esistenza di pericoli e problemi che interessano l’intera economia, rappresentando una minaccia per tutte le attività (nel modello del CAPM, il rischio sistematico è misurato dall’indicatore β). Questa è la ragione per cui le azioni mostrano una tendenza alla sincronia nei comovimenti e la motivazione alla base dell’esposizione degli investitori alla "incertezza del mercato", a prescindere dal numero di azioni detenuto.
Il rischio specifico, invece, inserisce i pericoli incombenti sul singolo asset considerato. Si tratta di un elemento riducibile tramite appropriate tecniche di diversificazione delle attività finanziarie costituenti il portafoglio (vedi LMC e SML) e, per giunta, misurabile attraverso l’utilizzo di idonei indici statistici di variabilità, tra cui ricordiamo, ad esempio, lo scarto quadratico medio.
Il rischio viene preso in considerazione anche quando si parla di premium puzzle. Fra i fenomeni che appaiono di difficile risoluzione uno è il seguente: perché il mercato azionario statunitense ha offerto un rendimento medio annuo così elevato (circa l’8 % in termini reali) per gran parte del XX secolo? Tale enigma è noto come equity premium puzzle. Le domande che possono nascere sono del tipo: "perché la volatilità del rendimento del comparto azionario è risultata enormemente superiore a quella del tasso di crescita dei consumi pro-capite?" oppure "perché il tasso di interesse di mercato ha registrato valori (reali) inferiori all’1%?". Il puzzle si fonda proprio su questo tipo di quesiti. È difficile generare, da un modello di aspettative razionali, un sistema economico caratterizzato da una volatilità contenuta per il consumo ma elevata riguardo ai rendimenti azionari, nonché da un esiguo tasso di interesse medio in termini reali. Per anni i teorici hanno tentato di comprendere per quali motivi solamente una modesta quota degli investitori acquistasse azioni, oppure per quale ragione i soggetti con un orizzonte temporale di lungo termine detenessero titoli a reddito fisso obbligazionari. E’ noto che i rendimenti reali offerti dai diversi asset finanziari possano differire considerevolmente, anche quando valutati in media lungo un periodo di tempo esteso. Gli economisti spiegano ciò attribuendo tali differenze alle varie intensità con cui il rendimento di un titolo covaria con la tipica funzione di consumo dell’investitore. Se tale covarianza è alta, la vendita delle azioni determina una riduzione della varianza del tipico flusso di consumo dell’investitore.
Bibliografia
SALTARI E., 1997, Introduzione all’Economia Finanziaria, NIS (La Nuova Italia Scientifica), Roma;
BREALEY R. A., Myers, S. C., 2000, Principles of Corporate Finance, Irwin/Mc Graw Hill, New York;
SHARPE W. F., 1964, Capital Asset Prices: A Theory of Market Equilibrium under Conditions of Risk, in Journal of Finance, Vol. 19(3), pp. 425-442;
MEHRA R., PRESCOTT E. C., 2003, The Equity Premium in Retrospect, in NBER Working Paper No. W9525, Marzo;
MEHRA R., PRESCOTT E. C., 1985, The Equity Premium: A Puzzle, in Journal of Monetary Economics, Vol. 15, pp. 145-161.
© 2009 ASSONEBB