RECESSO, NORME A TUTELA DEL CONSUMATORE
1. Diritto di ripensamento. La facoltà di recesso, entro un determinato periodo di tempo, dal contratto stipulato, è stata concessa a favore dell’acquirente dalle norme a tutela del consumatore e precisamente dal d.lg. 15.1.1992 n. 50, emanato in attuazione della direttiva CEE n. 85/577, in materia di contratti negoziati fuori dei locali commerciali. Tale c.d. “diritto di ripensamento” si applica ai contratti, stipulati tra un operatore commerciale e un consumatore, per la fornitura di beni o la prestazione di servizi, conclusi fuori dai locali commerciali con mezzi particolari (p.e.: vendita a domicilio, per corrispondenza, mediante strumenti informatici o canali radiotelevisivi). Tale diritto spetta solo al consumatore, il quale ha sette giorni di tempo (salva diversa indicazione di termini più favorevoli nel contratto) per comunicare all’operatore commerciale la propria volontà di recedere e per restituire la merce già ricevuta. L’operatore commerciale, dal canto suo, ha poi un termine di trenta giorni dalla comunicazione del ricorso o dalla restituzione della merce per effettuare il rimborso delle somme ricevute.
2. Recesso del professionista. Un limite alla facoltà di recesso è invece stabilito dalla normativa (l. 6.2.1996 n. 52) concernente le clausole abusive per il professionista nei contratti stipulati con il consumatore. La l. 1996/52 ha infatti introdotto nel Titolo II del Libro IV del Codice civile il Capo XIV bis (“Dei contratti del consumatore”), gli articoli 1469 bis - 1469 sexies, in cui sono elencate le clausole per le quali vige la presunzione, fino a prova contraria, di vessatorietà. Tali clausole determinano infatti un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto a carico del consumatore, per cui sono considerate automaticamente inefficaci. L’unica possibilità di salvaguardare l’efficacia di tali clausole è pertantodata dalla dimostrazione che le stesse sono state oggetto di una specifica trattativa con la controparte. Onere, quest’ultimo, che incombe comunque sul professionista per quel che concerne i contratti stipulati con moduli o formulari standard. Una di tali clausole presuntivamente vessatorie è appunto la n. 8 dell’art. 1469 bis, laddove consente al professionista di recedere da contratti a tempo indeterminato senza un ragionevole preavviso, tranne nel caso di giusta di giusta causa. Da ciò si desume pertanto che l’unica possibilità di recesso è concessa al professionista nell’ipotesi di giusta causa.
3. Contratti a distanza. Altra specie di recesso è quello regolato dal d.lg. 22.05.1999 n. 185, emanato in attuazione della direttiva 97/7/CE relativa alla protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza. 3.a) La normativa si applica a quei contratti aventi per oggetto beni o servizi che siano stati stipulati tra un fornitore ed un consumatore nell’ambito di un sistema di vendita o di prestazione di servizi a distanza organizzato dal fornitore che, per tale tipo di contratto, impiega esclusivamente una o più tecniche di comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto, compresa la conclusione del contratto stesso. Per tecnica di comunicazione a distanza si intende qualunque mezzo che, senza la presenza fisica e simultanea del fornitore e del consumatore, può impiegarsi per la conclusione del contratto. Gli artt. 3 e 4 stabiliscono l’obbligo per il fornitore di informare il consumatore, in modo chiaro e comprensibile, circa l’esistenza per quest’ultimo del diritto di recesso o di esclusione dello stesso ai sensi del successivo art. 5, comma 3. L’art. 5 prevede, infatti, l’irrinunciabile diritto di recesso del consumatore da qualunque contratto a distanza, senza alcuna penalità e senza specificarne il motivo entro il termine di 10 giorni lavorativi che decorrono: a) per i beni, dal giorno del loro ricevimento da parte del consumatore ove siano stati soddisfatti gli obblighi di cui al succitato art. 4 o dal giorno in cui questi ultimi siano stati soddisfatti, qualora ciò avvenga dopo la conclusione del contratto purché non oltre il termine di tre mesi dalla conclusione stessa; b) per i servizi, dal giorno della conclusione del contratto o dal giorno in cui siano stati soddisfatti gli obblighi di cui al succitato art. 4, qualora ciò avvenga dopo la conclusione del contratto purché non oltre il termine di tre mesi dalla conclusione stessa. Nell’ipotesi in cui il fornitore non abbia soddisfatto gli obblighi di cui al succitato art. 4, il termine per l’esercizio del diritto di recesso è di tre mesi decorrenti: a) per i beni, dal giorno del loro ricevimento da parte del consumatore; b) per i servizi, dal giorno della conclusione del contratto. 3.b) Obblighi del consumatore. L’esercizio del diritto di recesso in questi contratti comporta l’obbligo per il consumatore di restituire il bene o di metterlo a disposizione del fornitore o della persona da questi designata, secondo le modalità ed i tempi previsti dal contratto. In ogni caso tale termine di restituzione non può essere inferiore a 10 giorni lavorativi decorrenti dalla data di ricevimento del bene. Il fornitore, dal canto suo, è invece obbligato a rimborsarele somme versate dal consumatore gratuitamente, nel minor tempo possibile, ed in ogni caso entro 30 giorni dalla data in cui il fornitore stesso è venuto a conoscenza dell’esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore. Un limite al diritto di recesso del consumatore è previsto, salvo diverso accordo tra le parti, al comma 3 del richiamato art. 5, per i contratti a) di fornitura di servizi la cui esecuzione sia iniziata, con l’accordo del consumatore, prima della scadenza del termine di sette giorni previsto dal comma 1 dell’art. 5; b) di fornitura di beni o servizi il cui prezzo è legato a fluttuazioni dei tassi del mercato finanziario che il fornitore non è in grado di controllare; c) di fornitura di beni confezionati su misura o chiaramente personalizzati o che, per loro natura, non possono essere rispediti o rischiano di deteriorarsi o alterarsi rapidamente, d) di fornitura di prodotti audiovisivi o di software informatici sigillati, aperti dal consumatore, e) di fornitura di giornali, periodici e riviste; f) di servizi di scommesse e lotterie. Sanzioni amministrative per il fornitore. 3.c) Sanzioni amministrative per il fornitore. La salvaguardia del diritto di recesso del consumatore dettata dall’illustrata normativa è tale che l’art. 12 prevede per il fornitore che ostacoli l’esercizio di tale diritto o non rimborsi al consumatore le somme da questi eventualmente pagate, l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria, fatta salva naturalmente l’applicazione della legge penale qualora il fatto costituisca reato.