POTERE DI FIRMA
1. Detto anche facoltà di firma. Fenomeno, sostanzialmente riconducibile nell’ambito della rappresentanza, consistente nella legittimazione di un soggetto a sottoscrivere atti giuridici, assumendo così obblighi e acquisendo diritti in nome e per conto altrui. Nello svolgimento dell’attività d’impresa i soggetti abilitati ad agire in luogo dell’imprenditore possono essere stabilmente inseriti, ancorché con margini di autonomia decisionale differenziati, nell’ambito dell’organizzazione aziendale in forza di un rapporto di lavoro subordinato (c.d. ausiliari interni dell’imprenditore): essi sono l’institore (il quale può però essere vincolato da un rapporto di collaborazione continuativa e non solo da un contratto di lavoro subordinato), il procuratore e il commesso, e l’attività dagli stessi posta in essere è disciplinata in modo peculiare dagli artt. 2203 e ss. c.c., in materia di rappresentanza commerciale. Peraltro il potere di firma può appartenere anche a soggetti estranei all’organigramma aziendale, i quali tuttavia collaborano con l’imprenditore, occasionalmente o stabilmente, in base a rapporti contrattuali di varia natura, quali p.e. mandato o commissione (v. contratto di commissione): si fa riferimento a questo riguardo agli ausiliari c.d. esterni, nei confronti dei quali trova applicazione, oltre alla disciplina del contratto di collaborazione che li vincola all’imprenditore (alla quale si rinvia), la normativa contenuta, in materia di rappresentanza, negli artt. 1387 e ss. c.c. Il ruolo di maggior rilievo, e dunque l’attribuzione del potere di firma, spetta all’institore, genericamente assimilato alla figura del direttore generale o ad altro dirigente d’azienda preposto ad un settore di attività costituente un’unità organica o responsabile di una sede secondaria (direttore di sede o di filiale); non può escludersi però l’esistenza di una pluralità di institori, che possono agire disgiuntamente o congiuntamente, in conformità al conferimento dei poteri intervenuto all’atto della preposizione. Per quanto concerne le banche, di norma il potere di firma è conferito al presidente del Consiglio d’amministrazione o, in caso di sua assenza o impedimento, al vice presidente e, per gli atti della direzione generale e delle filiali, al direttore generale o, in caso di sua assenza o impedimento, al vice direttore generale. Il potere di firma, su deliberazione del Consiglio d’amministrazione o del direttore generale, può essere delegato, in conformità agli statuti, per gli atti della direzione generale al direttore generale oppure a dirigenti centrali singolarmente o (più spesso) congiuntamente; per gli atti delle filiali e delle agenzie dipendenti, di norma, al irettore titolare o al vice direttore congiuntamente tra loro o ad uno di essi congiuntamente ad altro funzionario oppure, ma in via straordinaria, ad un impiegato che, in caso di necessità temporanea ed eccezionale, sia stato espressamente autorizzato. Peraltro la facoltà di firma per i dirigenti e i funzionari della filiale è limitata all’attività negoziale di competenza della filiale stessa e delle agenzie da essa dipendenti. 2. Nelle banche, di regola, vige il sistema delle firme congiunte nella corrispondenza comportante impegni o rischi verso terzi. La prima firma è apposta generalmente da un funzionario dell’ufficio, la seconda da un funzionario o dirigente cui spetta la responsabilità del servizio. Nelle filiali la persona autorizzata a firmare la corrispondenza è un procuratore e la seconda firma è apposta da un dirigente o dal direttore. Non sempre la facoltà di firma implica rappresentanza (p.e. firma apposta dal cassiere o dall’impiegato contabile sui titoli di credito).