MONETA ELETTRONICA

Sin.: moneta digitale, contante digitale, e-money, e-cash. Mezzo virtuale di pagamento di cui l’art. 1 della direttiva 2000/46/CE dà la seguente definizione cui si dovrà adeguare anche il nostro Paese nel ridisegnare l’ordinamento della materia: “un valore monetario rappresentato da un credito nei confronti dell’emittente che sia memorizzato su un dispositivo elettronico, emesso dietro ricezione di fondi il cui valore non sia inferiore al valore monetario emesso, accettato come mezzo di pagamento da imprese diverse dall’emittente.” La transazione che dà origine al pagamento non comporta necessariamente scritture in un conto corrente bancario.

1. Evoluzione e caratteristiche. In ordine di tempo, la prima forma, di moneta elettronica sono state le carte prepagate multipurpose (aspendibilità generalizzata: borsellino elettronico, ma anche il Bancomat), precedute peraltro dalle carte monouso a banda magnetica (schede telefoniche, Viacard; v. card). A questa forma di moneta elettronica, basata sul supporto materiale di una carta di plastica (card-based product), l’IME aveva dedicato uno studio nel 1994. Successivamente, in pochi anni si è sviluppata una seconda forma di moneta elettronica, che impiega software specializzati installati su personal computer, che permettono il suo trasferimento in rete, p.e. su Internet. I prodotti di questa seconda specie, basati su un software (software-based products) costituiscono la software money e sono il tipico prodotto commercializzato dall’e-banking. È possibile che card-based products siano abilitati a compiere pagamenti anche attraverso reti di telecomunicazione. In tutti i casi in cui c’è trasferimento in rete, indipendentemente dalla specie del prodotto impiegato, si ha impiega l’espressione network money (ma anche access money, per la possibilità di accedere ai propriconti in rete mediante un telefono o un modem collegato a un personal computer. La moneta elettronica è caratterizzata dall’essere prepagata che ne permette la circolazione in forma anonima, da un’elevata innovazione tecnologica che ne consente l’offerta e l’utilizzo su reti di telecomunicazione e dai bassi costi di transazione che ne favoriscono l’utilizzo per pagamenti anche di modesto ammontare in sostituzione della moneta legale. Queste caratteristiche sono il punto di forza della moneta elettronica e giovano socialmente aumentando l’efficienza delle transazioni al dettaglio interne e internazionali. La software money, inoltre, è un mezzo di pagamento che può essere utilizzato per regolare le compravendite a distanza oltre che per movimentare, in teoria, qualunque importo a qualunque titolo (ma i rischi specifici che le sono associati inducono a contenere attualmente il massimo delle transazioni in importi abbastanza limitati). Sebbene ne sia per certi versi un’evoluzione automatizzata, la moneta elettronica si differenzia quindi dalla moneta bancaria, che ha caratteristiche opposte.

2. Rischi connessi di interesse privato e generale. Problemi di politica monetaria. I rischi connessi alla moneta elettronica riguardano principalmente la possibilità di frode e contraffazione e l’utilizzo per il riciclaggio di proventi illeciti, particolarmente accentuati dalla possibilità di impiego in forma anonima. La moneta elettronica è, inoltre, capace di incidere sull’ordinato funzionamento del sistema dei pagamenti, sulla fiducia del pubblico nella moneta e negli strumenti di pagamento in generale (pregiudicando lo sviluppo di nuovi settori dell’economia, in specie dell’e-commerce), sulla stabilità del sistema finanziario e sulla tutela del consumatore. Essa introduce anche una nuova variabile di politica monetaria, in quanto può modificare la velocità di circolazione della moneta e rendere instabile il moltiplicatore in caso di mancato assoggettamento dei nuovi strumenti agli obblighi di riserva previsti per la raccolta bancaria. Questa possibilità è accentuata se gli emittenti consentono l’utilizzo di moneta elettronica a credito, cioè senza preventiva costituzione di provvista. Inoltre, in linea teorica, lo sviluppo di strumenti basati sulle nuove tecnologie potrebbe minare la funzione di unità di conto svolta dalla moneta. Per questi motivi la moneta elettronica è soggetta a regolamentazione e a vigilanza, sebbene la disciplina in proposito sia in buona parte tuttora in fieri.

3. Normativa italiana. Per quanto riguarda il nostro Paese, si distingue tra attività di emissione e gestione di mezzi di pagamento con connessa raccolta di risparmio (ciò che comporta l’emissione di moneta bancaria) riservata alla banche (artt. 1, 2° c. lett. f e 11, c. 5 TUBC) e al Bancoposta (art. 2, 5° c. d.p.r. 14.3.2001 n. 144) e servizi di pagamento (art. 106, 1° c. TUBC), consentiti oltre che alle banche anche agli intermediari finanziari di cui all’art. 106 TUBC. Il d.m. Tesoro 6.7.1994 (all’art. 4 modif. dal d.m. Tesoro 1.9.1998) introduce un’ulteriore distinzione, includendo nelle prestazione dei servizi di pagamento l’emissione e la gestione di carte di credito, di debito e di altri mezzi di pagamento nel rispetto del divieto di raccolta del risparmio tra il pubblico (di cui agli art. 10 e 11 TUBC) ed escludendone l’emissione e la gestione di carte di credito prepagate e di carte di credito o di debito monouso. Queste ultime, quindi, possono continuare a essere emesse e gestite anche da agenti che non sono intermediari finanziari, i vari mezzi di pagamento possono essere emessi dagli intermediari finanziari di cui all’art. 106 TUBC se non comportano raccolta, mentre solo alle banche è consentita l’emissione e la gestione di mezzi di pagamento che comportano raccolta di risparmio (come travellers cheques, assegni circolari, assegni bancari) e cioè di moneta bancaria. Ma va notato che alcuni autori deducono dal comma 5 dell’art. 11 che l’emissione e la gestione di mezzi di pagamento multipurpose sono riservate alle sole banche.

4. Normativa comunitaria. In sede comunitaria la BCE ha descritto le linee di una possibile vigilanza prudenziale in un Report on Electronic Money pubblicato nel 1998 e il Parlamento e la Commissione hanno emanato due direttive, la 2000/46/CE e la 2000/28/CE, entrambe del 18.9.2000. La prima direttiva definisce la moneta elettronica nel modo che si è detto all’inizio e ne riserva l’emissione alle banche e a una nuova figura tipica di intermediario, gli istituti di moneta elettronica, soggetti a certe limitazioni, ma legittimati anch’essi alla raccolta di risparmio e anch’essi fatti rientrare tra gli enti creditizi dalla seconda direttiva. Tuttavia l’art. 8 della direttiva 2000/46/CE concede agli Stati membri di permettere alle proprie autorità di vigilanza di dispensare gli istituti di moneta elettronica dal rispetto anche di tutte le disposizioni della stessa direttiva. Non è perciò possibile prevedere come la nuova disciplina comunitaria modificherà, quando verrà recepita, il quadro degli intermediari fissato dal TUBC.

5. Moneta elettronica e moneta legale. La giurisprudenza è costante nel tener fermo il principio dell’art. 1277 c.c. che solo le monete metalliche e le banconote a corso legale hanno potere liberatorio nelle obbligazioni pecuniarie. Il principio corrispondeva alla preferenza della gente per il regolamento in contanti, specie al dettaglio (donde in origine la lenta e ritardata diffusione in Italia della carta di credito). La maggior sicurezza (non ultimo l’eliminazione della cassa contante per il negoziante) ha rovesciato negli ultimi anni questa inclinazione a favore del pagamento con moneta virtuale. Hanno inoltre incrinato la validità generale del principio le disposizioni antiriciclaggio del d.l. 3.5.1991 n. 143 (conv., con modif., nella l. 5.7.1991 n. 197) che vietano l’uso del contante e dei titoli al portatore per i trasferimenti di somme superiori ai venti milioni di lire e fanno obbligo in sua vece di ricorrere a mezzi di pagamento di intermediari finanziari abilitati. Altro elemento a favore del potere liberatorio della moneta elettronica (e scritturale in genere) è stato portato dall’art. 8 del regolamento 974/98/CE

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