FINE TUNING

Lett.: regolazione fine. Espressione impiegata con significati di portata differente in politica economica in generale e nel più ristretto ambito della politica monetaria.

1. Indirizzo interventista nella politica economica di ispirazione keynesiana. Per i sostenitori della pratica del fine tuning il Governo può regolare con precisione gli strumenti della manovra economica (in specie quella di politica fiscale) sulla domanda aggregata per regolare con precisione i livelli di produzione e di realizzare la piena occupazione. Il fine tuning si fonda sulla convinzione che è possibile contrastare efficacemente con interventi appropriati le tendenze naturali dei sistemi economici e che è opportuno, quindi, attribuire ampia discrezionalità amministrativa al Governo. Ciò contrasta con la convinzione opposta che le tendenze naturali non sono modificabili e che le politiche di intervento attivo producono perturbazioni imprevedibili nei sistemi economici e possono causare inflazione e disoccupazione. Nel fine tuning si presuppone una conoscenza completa del sistema economico attraverso modelli che ne riproducono correttamente il funzionamento e attraverso rilevazioni statistiche che ne rappresentano analiticamente i flussi e gli stocks con completezza e tempestività si presuppone inoltre che i modelli siano di tipo deterministico meccanicista, tali da consentire simulazioni e previsioni accurate anche a medio e lungo termine e l’ottimizzazione dell’impiego delle risorse. Negli anni Sessanta e anche dopo, il periodo di massima accettazione di queste dottrine, sono stati escogitati sofisticati modelli econometrici con meccanismi di dosatura degli interventi molto articolati e sono stati sviluppati complessi sistemi di stima delle grandezze aggregate dell’economia nazionale. A posteriori il fine tuning si è rivelato però incapace di governare gli eventi succedutisi a partire da metà degli anni Settanta, alcuni verosimili conseguenze delle sue stesse politiche, altri imprevisti se non imprevedibili (crisi petrolifere, sommovimenti sociali, mutamento profondo delle preferenze della gente, innovazione tecnologica, in specie dell’ICT). Di qui è partita la sfiducia nel fine tuning e nella politica economica di tipo keynesiano che ha favorito il successo di dottrine fondate sull’opposta convinzione della non modificabilità a medio termine delle tendenze naturali e la diffusione di politiche delle regole fisse, p.e. quella suggerita dal monetarista Milton Friedman di espandere annualmente l’offerta di moneta secondo il tasso di crescita reale di lungo periodo in modo di evitare, almeno, pressioni inflazioniste e instabilità nelle aspettative con le loro ricadute sul ciclo economico.

2. Strumenti di politica monetaria. Con l’eclisse del keynesianesimo e della discrezionalità in politica fiscale, hanno preso il sopravvento gli strumenti di politica monetaria e la banca centrale è passata da autorità subordinata e ausiliaria dell’Esecutivo al ruolo autonomo di governo dell’economia attraverso la politica fiscale e di garante della stabilità. Il fine tuning ha acquisito un posto tra le operazioni di politica monetaria delle banche centrali, specialmente col passaggio alla terza fase dell’UEM e la costituzione della BCE e del SEBC. In politica monetaria le operazioni di fine tuning servono sia a indicare l’orientamento della politica monetaria, sia a regolare la liquidità del mercato e controllare l’evoluzione dei tassi di interesse, principalmente per ridurre gli effetti che questi ultimi subiscono a causa di fluttuazioni impreviste della liquidità. La BCE e le BCN dispongono di molta flessibilità (per non dire discrezionalità) nella scelta delle procedure e delle caratteristiche operative per l’effettuazione di tali operazioni per far fronte a sviluppi inattesi sui mercati che richiedono un pronto intervento. Le operazioni di fine tuning sono condotte prevalentemente come operazioni temporanee, ma possono anche assumere la forma di operazioni definitive, di swap in valuta o di raccolta di depositi con durata prestabilita. Gli strumenti e le procedure utilizzati per le operazioni di fine tuning sono adeguati alla tipologia delle transazioni e agli obiettivi specifici da conseguire attraverso tali operazioni. Le operazioni di fine tuning vengono di norma effettuate dalle BCN mediante aste veloci o procedure bilaterali, possono assumere la forma di operazioni di finanziamento o di assorbimento di liquidità, hanno frequenza non regolare, hanno scadenza non standardizzata, sono normalmente effettuate a livello decentrato dalle singole banche centrali nazionali. Il Consiglio direttivo decide se, in circostanze eccezionali, operazioni bilaterali di fine-tuning possono essere effettuate direttamente dalla BCE (v. anche: politica monetaria).

3. Budgeting. V. capital budgeting.

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