DIRITTO DI OPZIONE
Clausola, o convenzione (patto di opzione) stipulata da due parti in vista di una futura ed eventuale conclusione di un contratto (o altro negozio giuridico), per effetto della quale il promittente rimane vincolato alla propria dichiarazione, che l’altra parte, per un certo tempo stabilito di comune accordo o dal giudice, ha facoltà di accettare o meno. Per il tempo fissato la proposta si considera irrevocabile (art. 1331 c.c.; v. anche opzione). L’istituto trova una particolare applicazione nell’ambito delle società per azioni. L’art. 2441 c.c. stabilisce, infatti, che, in sede di aumento del capitale sociale a pagamento, le azioni ordinarie di nuova emissione devono essere offerte in opzione agli azionisti in proporzione al numero di titoli da loro posseduti. Il termine per l’esercizio del diritto è di 30 giorni dalla sua pubblicazione mediante iscrizione della relativa delibera nel registro delle imprese. Il termine è dimezzato per le società quotate in borsa (art. 134.1 d.l.g. 24.2.1998 n. 58). La giustificazione economica del diritto di opzione riconosciuto ai vecchi soci, i quali hanno contribuito all’accrescimento del capitale netto aziendale attraverso la rinuncia a quote di utili in esercizi precedenti, sta nella possibilità loro accordata di monetizzare tale sacrificio in occasione dell’aumento del capitale sociale. Il diritto di opzione non spetta per le azioni che devono essere liberate mediante conferimenti in natura e può inoltre essere escluso o limitato quando l’interesse della società lo esige ovvero se le azioni vengono offerte in sottoscrizione ai dipendenti della società.