CORTE COSTITUZIONALE

Organo costituzionale, posto al di fuori dei tre poteri dello Stato, a garanzia della rigidità della Costituzione. Esso è composto diversamente a seconda delle funzioni chiamate a svolgere. Quando giudica sulla costituzionalità della legge e degli atti aventi forza di legge, sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato, lo Stato e le Regioni, le Regioni tra di loro, sull’ammissibilità del referendum legislativo abrogativo, la Corte è costituita da quindici giudici nominati per 1/3 dal Presidente della Repubblica ed eletti per 1/3 dal Parlamento in seduta comune e per un terzo da Corte di Cassazione, Consiglio di Stato e Corte dei Conti, scelti tra avvocati con almeno vent’anni di esercizio professionale, professori ordinari in materie giuridiche, giudici delle supreme magistrature ordinaria e amministrative. Nei giudizi sulle accuse contro il Presidente della Repubblica, la composizione ordinaria è integrata da sedici membri, estratti a sorte da un elenco compilato mediante elezione ogni nove anni dal Parlamento in seduta comune, tra i cittadini aventi i requisiti per l’eleggibilità a senatore. I giudici ordinari della Corte Costituzionale restano in carica per nove anni; non possono essere nominati una seconda volta; godono delle immunità riconosciute ai parlamentari (insindacabilità per i voti dati e le opinioni espresse nel corso dell’esercizio delle funzioni, improcedibilità penale salvo autorizzazione della Corte stessa); decadono dal loro Ufficio ogni qual volta sussista una causa di incompatibilità prevista dalla Costituzione o dalla legge. La Corte giudica sulla costituzionalità di una legge statale e regionale o di un atto avente forza di legge in seguito alla proposizione di una eccezione di incostituzionalità sollevata vuoi attraverso un procedimento in via incidentale vuoi attraverso un procedimento in via principale. Nel primo caso, nel corso di un giudizio, le parti (incluso il P.M.) o d’ufficio l’Autorità giurisdizionale possono eccepire la legittimità costituzionale di una legge la cui applicazione sia determinante ai fini della risoluzione del giudizio. Qualora il giudice dinanzi a cui pende il procedimento ritenga la questione rilevante e non manifestamente infondata pronuncia ordinanza con cui trasmette gli atti alla Corte e sospende il giudizio in corso. La Corte si pronuncia sulla costituzionalità della legge (indipendentemente dalla costituzione innanzi a sé delle parti) con una sentenza di rigetto o di accoglimento. Nel primo caso la Corte respinge l’eccezione di incostituzionalità senza peraltro precludersi in un momento successivo la possibilità di decidere diversamente (la sentenza di rigetto ha efficacia solo tra le parti); nel secondo caso la Corte dichiara l’illegittimità della norma, che cessa di essere applicabile nei confronti di chicchessia a partire dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza sulla G.U. Il procedimento in via principale può viceversa essere promosso solo dal Governo, nella persona del Presidente del Consiglio, o dal Consiglio Regionale nella persona del Presidente della Giunta. Il Governo esercita infatti, tramite il Commissario del Governo, il controllo di legittimità su tutte le leggi regionali e può rinviarle alla Regione con le proprie osservazioni entro il termine di 30 giorni previsto per l’apposizione del visto; se il Consiglio regionale, a maggioranza assoluta, riapprova la legge senza modificazioni ed il Governo intende ulteriormente opporsi può, entro 15 giorni, può promuovere la questione di legittimità costituzionale della legge che assume viziata dinanzi alla Corte Costituzionale. Parimenti la Regione può eccepire l’incostituzionalità di una legge dello Stato entro 30 giorni dalla sua pubblicazione (in questo caso il ricorso è successivo alla formazione dell’atto e non preventivo come nel caso della legge regionale non ancora dotata di efficacia) e di una legge di un’altra Regione entro 60 giorni. Nel caso insorga conflitto di attribuzione tra i Poteri dello Stato, lo Stato e le Regioni e tra le Regioni, la Corte giudica con ordinanza sull’ammissibilità del conflitto e dichiara con sentenza a quale potere o a quale ente spettano le attribuzioni contestate, annullando eventualmente l’atto emanato viziato di incompetenza. Il giudizio sull’ammissibilità del referendum consiste in un controllo rispetto alle condizioni di inammissibilità espressamente previste dall’art. 75 cost. (che esclude il referendum su leggi tributarie, di bilancio, di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali, di ammissibilità e di indulto), oppure implicitamente derivanti da altre norme costituzionali: difetto di omogeneità o univocità del quesito, tale da alterare la libertà del voto; leggi a contenuto costituzionalmente vincolato, che priverebbero di un’attuazione istituti indispensabili per il sistema costituzionale (come le leggi elettorali di organi costituzionalmente necessari, che non possono essere abrogate totalmente, ma solo in parte, conservando comunque la potenzialità applicativa); leggi dotate di forza passiva peculiare (come le leggi di esecuzione dei patti concordatari con la Chiesa cattolica ex art. 7 cost.). Quando la Corte si riunisce in composizione allargata e giudica sulle accuse mosse al Capo dello Stato dal Parlamento in seduta comune pronuncia sentenza irrevocabile, salvo revisione nei casi in cui sopravvengano o si scoprano nuovi fatti o nuovi elementi di prova.

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