CONVERTIBILITÀ PER NON RESIDENTI

Significato che il concetto di convertibilità della moneta ha assunto nell’ambito del sistema posto in essere con gli Accordi di Bretton Woods. Anziché conferire ai cittadini di un paese la facoltà di chiedere la trasformazione dei biglietti di banca in oro o valute pregiate, il tipo di convertibilità previsto dall’art. VIII delle disposizioni statutarie del FMI ha riguardato i “non residenti”, consentendo ai medesimi di ottenere che i pagamenti loro dovuti, per scambi di merci e servizi verso un determinato paese, fossero effettuati nella valuta estera da essi stessi prescelta, a tassi di cambio contenuti nei limiti di oscillazione previsti dalle stesse disposizioni statutarie. Per “non residenti” sono da intendere coloro che risiedono al di fuori sia del paese tenuto a effettuare i pagamenti, sia dall’area valutaria di cui esso faccia eventualmente parte. Il significato economico di questo tipo di convertibilità (detta anche “esterna”) era quello di salvaguardare il multilateralismo degli scambi. Infatti, chi aveva crediti nei confronti di un determinato paese, per effetto di scambi di beni e servizi, non era praticamente forzato a realizzarli con l’acquisto di merci del paese debitore, anche se questo acquisto non fosse stato in ipotesi conveniente per prezzi o qualità. Per questo sostanziale significato economico, la c.d. “convertibilità esterna” è stata di fatto adottata dai principali paesi industriali soltanto il 29.12.1958, a distanza cioè di vari anni dall’inizio dell’attività del Fondo (1947) e quando erano state progressivamente eliminate le restrizioni commerciali e valutarie che tendevano a limitare, in maggiore o minore misura, la libertà degli scambi (v. anche valuta trasferibile; valuta libera).

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