BIMETALLISMO
Sistema monetario consistente nella circolazione di due monete (e dei rispettivi multipli e sottomultipli) di differente metallo, con corsi o parità stabiliti dalle autorità emittenti in misura, generalmente, di poco superiore ai valori di mercato dei metalli monetabili. Ciò per compensare, almeno in parte, i costi della coniazione e nel contempo impedire la rifusione delle monete da parte dei privati per ricavarne un utile. Il bimetallismo compare nel VI secolo a. C. in alcune città-stato, ma la sua diffusione fu lenta e limitata alla Macedonia e all’impero achemenide. In Persia, p.e., Dario I (521-486 a. C.) fissò il rapporto oro argento nei valori di 1 a 13,2, dando un Darico d’oro di 8,34 grammi contro 20 sicli d’argento, ciascuno di 5,5, grammi. In seguito, a causa della maggiore produzione d’oro, questo rapporto non poté reggersi, tanto che sotto Filippo II di Macedonia fu stabilito in 1 a 10. Tale lo mantennero Alessandro Magno e i diadochi. La Roma repubblicana conobbe inizialmente il bimetallismo argento-bronzo, fissato con la ratio denararia del 269 a. C. di un denario d’argento di 6 scrupoli (uno scrupolo = 1,137 grammi circa) contro 10 assi di bronzo di 72 scrupoli l’uno, con un rapporto argento-bronzo di 1 a 120. Con la riforma di Giulio Cesare lo Stato definì anche la ratio tra l’oro e l’argento e quindi distintamente quella tra questi due metalli con l’oricalco (ottone) e con il bronzo. In effetti si ebbe un plurimetallismo, ma dato il ruolo dell’oro per i grandi pagamenti e dell’argento per i vilia ac minuta commercia, la circolazione ebbe i caratteri del bimetallismo. Con la riforma di Cesare Augusto il rapporto legale oro-argento fu stabilito in 1 a 12,5, mentre nel mercato era più favorevoleall’argento. Il rapporto argento-bronzo fu fissato in 1 a 48, per cui la moneta di bronzo divenne un semplice gettone. Infine i rapporti oro-oricalco e argento-oricalco risultarono rispettivamente di 1 a 350 e di 1 a 28. Con l’inizio del principato la libera coniazione fu sospesa. I vantaggi del bimetallismo rispetto al monometallismo furono trovati fin dall’antichità nel contenimento delle oscillazioni del valore di mercato dei vari metalli in presenza della scoperta di nuovi filoni, ma anche, e forse soprattutto, nella necessità di disporre di una moneta a più alto valore, senza dover ricorrere a coniare grosse e pesanti monete di un metallo meno pregiato. Tuttavia nel generale benessere dei secoli d’oro dell’impero romano il bimetallismo permise di contenere le oscillazioni di prezzo dovute alla domanda sia di oro che d’argento per usi non monetari. In queste circostante si preferì adeguare pesi e anche contenuti di fino della moneta di minor valore. Anche la riforma di Nerone, nonostante fosse complessa fino a introdurre elementi della circolazione fiduciaria del denarius e a ritoccare lievemente anche il peso dell’aureo, osservò questa norma pratica. Il bimetallismo ebbe alterne fortune. Declinò progressivamente con la crisi dell’impero romano d’occidente, mentre rimase in vita in quello d’oriente. Nel Medioevo scomparve per poi riapparire con l’affermazione dei Comuni per durare fino al marasma del XVII secolo. Nel frattempo si erano riscontrate notevoli difficoltà, specie in Firenze dopo il fallimento di molti banchi in seguito all’insolvenza del re d’Inghilterra. Nell’occasione il quattrino d’argento fu sacrificato per salvare il fiorino, moneta internazionale. Altre grosse difficoltà si ebbero più tardi in Europa a causa dell’incapacità di Carlo V a onorare gli impegni con la finanza internazionale. Prima del passaggio al monometallismo aureo, o gold standard, il bimetallismo ebbe una nuova fioritura con le leggi monetarie degli Stati Uniti e ritornò n auge anche in Europa, Russia compresa. Fece eccezione la Gran Bretagna, che fino alle leggi monetarie del 1816-21 rimase ancorata al monometallismo argenteo, basato sullo scellino. Verso il volgere del secolo XIX l’eccessiva produzione d’argento pose fine al bimetallismo puro, cui subentrò il cosiddetto bimetallismo zoppo, caratterizzato dalla sospensione della coniazione dell’argento, mentre se ne consentiva la circolazione delle monete in essere. Il diffondersi della carta moneta e dell’assegno, la scomodità della moneta metallica, il notevole aumento della produzione di oro, mentre continuava la crisi di eccessiva produzione di argento, portarono al monometallismo aureo. L’argento decadde a moneta divisionaria.