BANCA MISTA

Banca che svolge promiscuamente operazioni di finanziamento a breve e a medio termine. Viene anche chiamata di tipo tedesco, perché in Germania ha avuto origine e ivi si continua. Il modello della banca mista era stato adottato dalle tre maggiori banche italiane, costituite sul finire del secolo scorso e cioè Banca Commerciale Italiana, Credito Italiano (v. UniCredito Italiano), Banco di Roma (v.Banca di Roma), ma poi abbandonato consensualmente, nel 1933, con lo smobilizzo del loro portafoglio di titoli industriali a cura dell’IRI. La legge bancaria del 1936 sancì il divieto per le aziende di credito italiane di operare come banche miste. Il sistema della banca mista ha avuto larghe e autorevoli giustificazioni per il suo sviluppo in epoche e in Paesi in via di trasformazione industriale e con mercati finanziari scarsamente evoluti. Recentemente si è sottolineato, tuttavia, come il modello di banca mista consegue, dove è ammesso (p.e. in Germania), una serie notevole di vantaggi, considerata la vasta gamma di prodotti e di servizi che tale genere di banca è in grado di offrire alla clientela ordinaria e alle imprese. Si è visto, infatti, che la diversificazione degli interventi della banca mista consente di ripartire i costi (soprattutto quelli legati a processi di innovazione), di trasferire le risorse dalle attività in decremento a quelle in espansione, oltre che di compensare le fluttuazioni di ricavi dei diversi tipi di attività. Tutto ciò non ha però portato a superare le ragioni dello sfavore nei confronti dell’adozione del modello della banca mista. Nella riforma bancaria degli anni Novanta del secolo scorso si è, quindi, preferito adottare la figura della banca universale conservando il principio di separatezza tra attività bancaria e altre attività economiche (l. 10.10.1990 n. 287) irrobustito da alcune importanti disposizioni in materia di salvaguardia dell’autonomia della gestione bancaria, di indipendenza delle banche e di tutela degli interessi dei depositanti per prevenire l’asservimento delle banche ai gruppi industriali. È obbligatoria, in particolare, un’autorizzazione dellaBanca d’Italia all’acquisizione a qualsiasi titolo di azioni o quote con diritto di voto di banche che comportano il superamento della soglia del 5% del capitale, tenuto conto delle azioni o delle quote già possedute (art. 19 TUBC). L’autorizzazione è richiesta anche quando, indipendentemente da tale limite, la partecipazione comporta l’effettivo controllo della banca e per l’acquisizione del controllo di una società che detiene una partecipazione superiore al 5% di una banca. Inoltre i soggetti che, anche attraverso società controllate, svolgono in misura rilevante attività d’impresa in settori non bancari né finanziari non possono essere autorizzati ad acquisire azioni o quote che comportano, unitamente a quelle già possedute, una partecipazione superiore al 15% del capitale di una banca rappresentato da azioni o quote con diritto di voto o, comunque, il controllo della banca (art. 19.6 TUBC), mentre le banche e i gruppi bancari non possono acquisire più del 15% del capitale di una società non finanziaria (v. principio di separatezza, sub Principio di separatezza tra banca e industria).

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