AZIONI PETITORIE
Azioni poste a tutela del diritto di proprietà. Il Codice civile ne prevede quattro tipi. L’azione di rivendicazione è concessa al proprietario di un bene, che è posseduto o detenuto da altri, allo scopo di ottenerne la restituzione (art. 948 c.c.). In conformità delle regole generali, il diritto di proprietà deve essere dimostrato da chi agisce in giudizio: il quale, quindi, dovrebbe provare la proprietà anche di coloro che gli hanno alienato la cosa (danti causa). Peraltro rispetto ai beni immobili, è sufficiente che l’attore, unendo al tempo per cui è durato il suo possesso quello dei suoi autori, provi che lo stesso è continuato per vent’anni (cosa che gli consente comunque di acquistare la proprietà sulla cosa per usucapione); per i beni mobili, invece, basta che l’attore abbia al momento dell’acquisto ricevuto, in buona fede ed in base ad un titolo idoneo al trasferimento della proprietà, il possesso del bene (v. acquisto dal non proprietario). L’azione negatoria è concessa al proprietario per far dichiarare l’inesistenza di diritti affermati da altri sulla cosa, quando ha motivo di temerne il pregiudizio, e per far cessare eventuali turbative o molestie (in questo caso il proprietario può pure chiedere la condanna al risarcimento dei danni) (art. 949 c.c.). La prova della proprietà dell’attore non è rigorosa come per la rivendicazione: mentre è il convenuto che ha l’onere, se vuole ottenere il rigetto dell’azione, di provare il diritto che vanta. L’azione di regolamento dei confini è tesa a stabilire giudizialmente il confine tra due fondi, allorché vi sia incertezza in proposito. Ogni mezzo di prova è ammesso. In mancanza di altri elementi, il giudice si attiene al confine delineato dalle mappe catastali. L’azione per l’apposizione di termini serve a far apporre o a far ristabilire, tra due fondi contigui, i segnali materiali di confine che mancano o che sono divenuti irriconoscibili.