ASSOCIAZIONE
1.-L’associazione è un’organizzazione, costituita per mezzo di un contratto plurilaterale aperto all’adesione di altre parti, volta al conseguimento di uno scopo comune agli associati diverso dal fine di lucro. Il contratto, denominato atto costitutivo, ai fini della concessione della personalità giuridica (ora regolata dal d.p.r. 10.02.2000 n. 361) deve essere redatto con la forma dell’atto pubblico, mentre per l’associazione non riconosciuta non sono ovviamente previsti vincoli formali, se non quelli attinenti alla particolare natura dei conferimenti degli associati. La vita dell’ente è regolata dallo statuto, che integra l’atto costitutivo fissando lo scopo dell’associazione, le disposizioni relative all’ammissione ed esclusione degli associati, oltre che i loro diritti ed obblighi all’interno dell’organizzazione, le cause di estinzione dell’ente, anche ulteriori rispetto a quelle previste nel codice civile, la liquidazione e la devoluzione dei beni residui. L’attività sociale è governata per mezzo di organi deliberativi, anch’essi previsti e disciplinati nello statuto; tra essi svolge un ruolo preminente l’assemblea, rappresentativa degli associati, la quale può essere formata dalla totalità dei medesimi ovvero da loro delegati, sussistendo perciò la possibilità di articolare la democrazia sociale in modo diretto o rappresentativo.
2.-L’assemblea ha competenza inderogabile in tema di approvazione del bilancio d’esercizio, esclusione degli associati, nomina e revoca degli amministratori nonché per quanto concerne l’azione di responsabilità nei confronti di questi ultimi. L’atto costitutivo e lo statuto, quindi anche lo scopo sociale in essi previsto, può essere modificato dall’assemblea, e questo potere costituisce senza dubbio il quid proprium dell’istituto in esame, che vale a distinguerlo dalle altre istituzioni a carattere privato votate ad un fine ideale, prima fra tutte la fondazione.
3.-Gli amministratori, come compito essenziale, oltre alla convocazione annuale dell’assemblea per l’approvazione del bilancio, debbono dare esecuzione alle delibere della medesima, approvate in base alle maggioranze previste dall’art. 21 c.c. Dette delibere, se contrarie all’atto costitutivo e/o allo statuto, possono essere annullate su istanza degli organi dell’ente, di qualunque associato o del pubblico ministero, ma sono comunque provvisoriamente esecutive, a meno che non ricorrano gravi motivi, per i quali l’autorità giudiziaria può sospenderne l’efficacia, mentre in caso di contrarietà all’ordine pubblico e al buon costume è la stessa pubblica amministrazione a provvedere in tal senso (art. 23 c.c.).
4.-Il potere di ammissione di nuovi associati, in genere spettante, come si è detto, all’assemblea, si esprime tramite il meccanismo della cooptazione, n base al quale sono gli stessi associati a decidere se accogliere o meno un nuovo membro nella compagine sociale. Può concretamente verificarsi, peraltro, che siano gli amministratori a valutare la sussistenza dei requisiti di ammissione degli aspiranti e a pronunciarsi sul punto. È possibile modificare lo status di associato privando taluni (ma non tutti) gli appartenenti alla compagine associativa del potere di modificare lo scopo sociale; il limite posto all’autonomia privata in questo ambito consiste, peraltro, nel complesso dei diritti indisponibili del rapporto associativo tra i quali sono senz’altro da ricomprendere il diritto di intervento e parola in assemblea, il diritto all’informazione, al rendimento dei conti, a promuovere l’azione sociale di responsabilità. L’associato ha libertà di recedere da contratto in ogni tempo, senza essere soggetto ad oneri economici per rendere effettivo il suddetto diritto, salvo l’obbligo di versare i contributi in corso. Ciò a meno che egli non abbia assunto l’obbligo di far parte dell’associazione per n periodo di tempo determinato (art. 242), obbligo circoscritto nel tempo entro limiti tali da non far ritenere elusa la norma che consente il libero recesso; anche in questo caso si può comunque recedere in ogni tempo quando sussiste una giusta causa e quando si fa parte delle c.d. associazioni di tendenza, aventi cioè una caratterizzazione ideologica, politica o religiosa. Il recesso priva l’associato della relativa qualità dal momento in cui è esercitato, essendo nulla qualunque clausola statutaria volta a differirne gli effetti nel tempo.
5.-L’esclusione dell’associato, deliberata dall’assemblea qualora lo statuto non ne attribuisca la competenza ad altro organo associativo, avviene per rilevanti motivi consistenti in un grave inadempimento di carattere patrimoniale o personale, o nella sopravvenuta mancanza dei requisiti soggettivi richiesti per assumere la qualità di associato. Essa produce il proprio effetto dal momento in cui è stata notificata all’interessato o questi ne è comunque giunto a conoscenza, decorrendo da allora i sei mesi in cui esercitare il diritto di impugnare l’esclusione. Gli associati receduti od esclusi, come anche quelli che per qualsivoglia motivo abbiano cessato di far parte dell’associazione, non possono ripetere i contributi versati, poiché l’assenza di uno scopo di lucro qualifica detti emolumenti come elargizioni a fondo perduto per l’associazione. Gli associati, pur non potendo perseguire un fine lucrativo, possono peraltro trarre un vantaggio immediato dai beni o servizi che l’ente mette a loro disposizione, il che rende necessario, nei casi limite, distinguere quando si tratti di società e quando invece di associazione. Un criterio sufficientemente preciso può allora rinvenirsi nell’imputazione del risultato convenzionalmente programmato, a seconda che il termine ultimo sia l’associato in quanto tale (trattandosi in tal caso di società) o il gruppo (nella qual ipotesi vi sarà associazione); in tale ultima ipotesi sarà affidato allo stesso associato il compito di specificare l’utilità attribuita in via generale alla comunità sociale.
6.-L’associazione si estingue, oltre che per le cause statutariamente fissate, quando lo scopo è stato raggiunto ovvero è divenuto impossibile, o quando tutti gli associati sono venutia mancare (art. 27 c.c.). Inoltre, ulteriori cause possono essere la revoca del riconoscimento amministrativo, o una delibera di scioglimento approvata con le maggioranze prescritte dal- l’art. 213 c.c. (tre quarti degli associati). L’estinzione non fa venire meno l’associazione come soggetto di diritto, ma consente che questa compia le sole attività aventi carattere liquidativo; una volta cessate le medesime, la fine dell’ente coinciderà con la cancellazione dal registro delle persone giuridiche, per quanto concerne gli enti riconosciuti, mentre in ordine alle associazioni non personificate dovrà adottarsi il criterio della disgregazione dell’apparato organizzativo e del patrimonio sociale. I beni residui dell’associazione all’esito della fase liquidativa debbono essere devoluti secondo quanto stabilito dalla legge e dall’atto costitutivo, e non possono per statuto o per delibera assembleare essere distribuiti ai singoli associati. Il divieto di distribuzione non riguarda però le somme di ammontare pari all’importo del conferimento iniziale, del quale deve pertanto ritenersi consentito il rimborso.
7.-Quanto alla distinzione tra associazione riconosciuta e non riconosciuta, la prima possiede come requisiti caratterizzanti un’organizzazione corporativa, una struttura personale aperta e uno scopo non lucrativo. Al contrario, l’associazione non riconosciuta prescinde, nella regolamentazione codicistica, dai requisiti suindicati, potendo perciò assumere qualsiasi fisionomia strutturale. L’unico dato specificato dal legislatore attiene alla responsabilità per le obbligazioni associative, che incombe, oltre che in via principale sul fondo dell’ente, anche,e sussidiariamente (pur con contrario avviso della giurisprudenza), su chi agisce in nome e per conto del medesimo (art. 38 c.c.). È inoltre stabilito che in questa tipologia di ente la rappresentanza processuale sia affidata al soggetto individuato come presidente o titolare della direzione (art. 362 c.c.) non solo dallo statuto, ma anche in base alla mera preposizione di fatto all’amministrazione. Sotto il profilo patrimoniale, oltre i contributi degli associati, gli altri beni, anche immobili (art. 2659 n. 1 c.c.) costituiscono il patrimonio dell’associazione non riconosciuta. L’associazione non riconosciuta soddisfa pertanto l’esigenza di chiusura del sistema, prevedendo una fattispecie residuale caratterizzata dall’assenza di una fisionomia cogente, e comunque dotata di una rilevante elasticità.