ECCEZIONE

In diritto processuale, le ragioni su cui il convenuto si fonda per chiedere la reiezione delle domande attrici. Vi sono fatti dei quali il giudice deve tener conto, quando risultino comunque accertati, anche se il convenuto non li fa oggetto di una sua eccezione (p.e.: l’avvenuto pagamento). Altri fatti, invece, non possono spiegare il proprio effetto se il convenuto non li fa valere espressamente allo scopo di ottenere il rigetto dell’azione (p.e., la prescrizione e la decadenza). In quest’ultima ipotesi si hanno eccezioni in senso stretto, le quali possono essere “di fatto” o “di diritto”. Le eccezioni di fatto consistono nella contestazione della verità dei fatti invocati dall’attore (il venditore, citato in giudizio perché avrebbe venduto cose affette da vizi, contesta l’esistenza del vizio addebitato), o nell’affermazione di fatti impeditivi o estintivi rispetto alle pretese dell’attore (il contraente convenuto per una pretesa inadempienza al contratto, eccepisce che è stato l’attore a violarlo per primo; il debitore convenuto per il pagamento del debito oppone in compensazione un credito che egli vanta a sua volta contro l’attore). Le eccezioni di diritto, invece, possono consistere o nella negazione che al caso in esame sia da applicare la norma invocata dall’attore (il convenuto si oppone alla richiesta di divorzio avanzata dall’altro coniuge, affermando che i fatti invocati non sono sufficienti ad integrare una delle cause di divorzio previste dal legislatore), oppure nella negazione che la norma invocata preveda le conseguenze volute dall’attore (il venditore convenuto per vizi della cosa venduta contesta di doverne fornire delle altre immuni da vizi, asserendo di essere tenuto soltanto alla restituzione del prezzo). Se riguardano non il merito della causa ma il processo, le eccezioni vengono chiamate, appunto, processuali (p.e.: l’eccezione di incompetenza).

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