ACCORDO USA UE PER L'INTRODUZIONE DI REGOLE COMUNI SUI DERIVATI FINANZIARI
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Nel 2013 da Bruxelles si diffuse la notizia che UE e Stati Uniti avevano raggiunto un accordo per armonizzare le regole nel settore dei derivati, considerato all’origine della crisi dei mercati finanziari culminata con il fallimento di Lehman Brothers nel settembre 2008.
Il valore del mercato mondiale dei derivati è stimato in circa $630 mila miliardi nel 2013. "Le nostre discussioni sono state lunghe e qualche volta anche difficili - ha commentato il commissario Ue al Mercato unico e ai servizi finanziari, Michel Barnier - ma sono sempre state caratterizzate da un dialogo continuo e collaborativo fra partner e amici".
L’accordo prevede la reciprocità delle regole: la Commissione Europea e la controparte americana, la Commodity Futures Trading Commission, il cui presidente Gary Gensler ha definito l’intesa "un passo avanti significativo verso una maggiore trasparenza e minori rischi sul mercato mondiale" dei derivati, sottolineano che "le giurisdizioni e i regolatori dovrebbero poter affidarsi l’uno all’altro quando è possibile".
Coerente con l’impegno preso al G20 "di abbassare i rischi e promuovere la trasparenza nei mercati dei derivati non regolamentati, che sono stati al centro della crisi finanziaria", l’accordo è stato raggiunto proprio nel giorno in cui scadeva l’esenzione dalle regole americane per gli operatori europei, ma soprattutto in una fase di crescenti tensioni fra Ue e Stati Uniti in seguito alla vicenda delle intercettazioni americane nelle sedi diplomatiche Ue.
Lunedì 8.7.13 a Washington è partito il negoziato per un accordo di libero scambio, considerato come un altro passo fondamentale nella lotta alla crisi globale e nel cammino verso una maggiore trasparenza della finanza. "Come risultato dello sforzo di collaborazione congiunto - si legge in una nota della Commissione sull’accordo sui derivati - in molti casi le regole finali sono essenzialmente identiche".
Sotto un profilo tecnico, i derivati sono strumenti finanziari complessi che, per la loro enorme diffusione sui mercati finanziari - consolidatasi nei primi anni duemila - hanno finito per acquisire un ruolo di assoluta centralità nell’intera economia globale, con effetti disastrosi.
Come si evince dal loro stesso etimo, i derivati non sono titoli muniti di un proprio valore intrinseco. Essi prendono il loro valore da altri prodotti finanziari, ovvero beni reali al cui prezzo sono agganciati: il titolo o il bene la cui quotazione imprime il valore al derivato assume il nome di “sottostante”, e gioca un ruolo fondamentale. Il punto - ed è questo a creare problema - riguarda l’aggancio del derivato al “sottostante”, cioè la forma, diretta o indiretta, della derivazione stessa.
Sui mercati finanziari globali i derivati si sono affermati soprattutto quale mezzo di speculazione. In effetti, ogni derivato ha ad oggetto una previsione sull’andamento futuro di un particolare indice di prezzo, come ad esempio quotazioni di titoli, tassi d’interesse, ecc. A creare il pericolo è il fatto che una delle caratteristiche peculiari del derivato è quella di essere uno strumento finanziario acquistabile sui mercati da un numero indefinito di “scommettitori” che non vantano alcun rapporto diretto col “sottostante”, ma vogliono solo facili guadagni.
Redattore: Chiara OLDANI