APERTURA DI CREDITO

Tipo voce : Glossario

Contratto con il quale la banca si obbliga a tenere a disposizione del cliente accreditato una certa somma di denaro per un certo periodo di tempo ovvero a tempo indeterminato. Sotto il profilo economico è uno strumento atto a soddisfare le esigenze di liquidità della clientela. L’apertura del credito è un contratto bancario di credito e consensuale. Anche il contratto in esame deve, a norma dell’art. 117 TUBC, essere redatto per iscritto a pena di nullità (che può essere fatta valere solo dal cliente: art. 127, comma 2 TUBC). Nella prassi bancaria il contratto è concluso mediante moduli predisposti dalla banca sulla base delle norme uniformi bancarie. L’apertura di credito è contratto oneroso, a prestazioni corrispettive, e da esso sorgono diritti ed obbligazioni a favore ed a carico di entrambi i contraenti. La banca è obbligata a tenere a disposizione del cliente una certa somma di denaro per il tempo contrattualmente previsto o per un tempo indeterminato; a titolo di corrispettivo per la prestazione effettuata, essa ha diritto a ricevere dal cliente la “commissione” o “provvigione di conto” che, salvo diversa pattuizione, è dovuta indipendentemente dalla effettiva utilizzazione del credito; la banca ha inoltre diritto agli interessi sulle somme utilizzate al tasso convenzionale pattuito con decorrenza dal giorno dell’utilizzazione della somma o da qualche giorno prima nel caso di “perdita di valuta”. Si ha perdita di valuta quando, essendo convenuto un limite massimo per ogni singolo prelevamento, il cliente prelevi in una sola volta una somma superiore a tale limite. La liquidazione degli interessi è effettuata periodica- mente e gli interessi producono a loro volta interessi (anatocismo). II cliente, a fronte delle suddette obbligazioni, ha il diritto di utilizzare la somma posta a sua disposizione nei limiti della disponibilità stessa. Salvo diversa pattuizione, le modalità di utilizzazione della somma sono, come prevede l’art. 1843 c.c., le c.d. forme d’uso: la banca è tenuta ad effettuare, presso la propria sede, i pagamenti richiesti dal cliente a proprio favore o a favore di terzi dallo stesso indicati. Normalmente l’operazione è regolata in conto corrente e il correntista stipula con la banca la c.d. convenzione di assegno conconseguente diritto del cliente di disporre della somma tramite assegni ed obbligo della banca di onorare tali ordini. Le parti possono anche prevedere l’obbligo della banca di accettare cambiali tratte su di essa dall’accreditato; si parla allora di c.d. fido di firma, ma la forma è nella pratica scarsamente utilizzata. Se la banca, onorando un ordine dell’accreditato, paghi somme eccedenti la disponibilità alla stessa riconosciuta, l’operazione non comporta un aumento della precedente disponibilità, né una nuova ulteriore apertura di credito. L’operazione si qualifica, infatti, come fido occasionale sottratto alla disciplina propria dell’apertura di credito ed in relazione alla quale la banca ha diritto alla restituzione della somma (tale affermazione non è unanimemente condivisa ma sembra ora indirettamente confermata dal già citato art. 117 TUBC che impone, anche per la stipulazione del contratto di apertura di credito, la forma scritta). L’apertura di credito è contratto di durata. Essa può assumere, alternativamente, la forma di contratto a tempo determinato, nel qual caso si ha predeterminazione del termine di cessazione del rapporto e, quindi, di esigibilità del credito di restituzione della somma posta a disposizione del cliente oltre che del credito per interessi; ovvero di contratto a tempo indeterminato, nel qual caso l’obbligo di restituzione sorge solamente per effetto del recesso di una delle parti. Il contratto di apertura di credito si estingue per scadenza del termine fi- nale, recesso unilaterale di una delle parti (banca o cliente), sopravvenuta incapacità dell’accreditato o suo fallimento. La cessazione del rapporto, a qualunque causa dovuta, determina,per la banca, il venir meno dell’obbligo di tenere la somma a disposizione del correntista e, per il cliente, la cessazione del poter disporre di tale somma. Il c.c. disciplina espressamente (art. 1845) l’istituto del recesso dal contratto di apertura di credito prevedendo modalità differenti per l’una o per l’altra forma del contratto. In caso di contratto a tempo determinato il diritto di recesso è riconosciuto in via esclusiva alla banca e solo in presenza di una giusta causa (salva peraltro la possibilità di una diversa pattuizione). Quando il contratto è a tempo indeterminato, il diritto di recedere è riconosciuto ad entrambi i contraenti. Nel primo caso il recesso sospende immediatamente l’utilizzo del credito ma la banca deve concedere al cliente un termine non inferiore a 15 giorni per restituzione delle somme utilizzate e degli accessori. In caso di recesso da contratto a tempo indeterminato, lo stesso non ha effetto immediato, ma decorre dalla scadenza del preavviso contrattualmente pattuito ovvero da quello legale di 15 giorni: la restituzione delle somme deve dunque avvenire allo spirare del periodo di preavviso. La disciplina codicistica appena riferita è derogata nei modelli contrattuali in uso nella prassi bancaria. In particolare, tale modulistica riconosce alla banca al facoltà di recedere in qualsiasi momento anche dall’apertura a tempo determinato, prevede che il recesso ha l’effetto di sospendere immediatamente l’utilizzo del fido concesso e riduce sensibilmente il termine assegnato al correntista per la restituzione delle somme utilizzate. Un crescente orientamento dottrinale e giurisprudenziale afferma peraltro l’invalidità di questa disciplina pattizia per il recesso dall’apertura di credito. La Circolare ABI 23.02. 1996, emessa in attuazione della direttiva n.93/13/CEE concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, legge 6.2.1996 n. 52, prevede che in ordine alle n.b.u. per i conti correnti di corrispondenza e servizi connessi un’approfondita analisi meriti il profilo del recesso dall’apertura di credito disciplinata dall’art.6, comma1, lettera c), alla luce dei principi introdotti dalla normativa sopra citata nei rapporti con i consumatori. Secondo la Circolare, è previsto il principio per cui è ammesso il recesso da contratti a tempo indeterminato, senza un ragionevole preavviso, nel caso in cui ricorra una giusta causa (a questo riguardo nel provvedimento si cita il n.8 del comma 3 dell’art.1469 bis c.c.), oltre che quello per cui, se il contratto ha ad oggetto la prestazione di servizi finanziari a tempo indeterminato, il professionista, qualora ricorra un giustificato motivo, può recedere dal rapporto senza preavviso, dandone immediata comunicazione al consumatore (e, in questo senso si cita il n.1, del comma 4 del citato art.1469 bis c.c.). La Circolare però non riconosce l’esistenza di un principio speciale, nelle disposizioni in discorso, che consenta il recesso nei rapporti di apertura di credito a tempo determinato, rispetto ai quali rimanda conseguentemente alla disciplina codicistica che richiede quale condizione indispensabile l’esistenza di una giusta causa. Circa le modalità di utilizzazione della somma si distingue tra apertura di credito semplice, ove l’accreditato può utilizzare la somma posta a sua disposizione una sola volta seppure con prelievi frazionati e successivi ed apertura di credito in conto corrente, disciplinata dall’art. 1843 c.c., come forma naturale del contratto, nella quale l’accreditato non solo può utilizzare la somma in varie tranches ma può anche e per tutta la durata del rapporto ripristinare la disponibilità con rimborsi parziali ed utilizzare poi nuovamente la somma (c.d. rotatività del fido).Si distingue tra apertura di credito allo scoperto, ove la banca fa affidamento solo sulla generica garanzia patrimoniale del cliente ed apertura di credito garantita, caratterizzata dalla concessione da parte del cliente di distinte garanzie reali (pegno, ipoteca) o personali (fideiussione, cambiali accettate, rilasciate o avallate da terzi). Non si ha apertura di credito garantita quando la banca ottiene dall’accreditato il rilascio di effetti da lui emessi a recupero o a smobilizzo. Tale operazione non aumenta la garanzia patrimoniale della banca, ma ha l’unico effetto di facilitare alla stessa il recupero delle somme dovute dall’accreditato. La tecnica bancaria distingue tra apertura di credito a favore del richiedente ed apertura di credito a favore di terzi. A quest’ultima categoria appartiene la c.d. apertura di credito documentata (v. credito documentario) che rappresenta nel commercio internazionale un utile strumento di garanzia per il compratore. In tale operazione la banca interviene per conto del compratore a favore del venditore in modo da consentire a questo di esigere il prezzo della merce dietro consegna alla banca dei documenti originariamente pattuiti. Tra le aperture di credito speciali si annovera, infine, la lettera di credito.

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