ACCETTAZIONE DELL' EREDITÀ
Atto giuridico unilaterale non recettizio che il chiamato all’eredità è tenuto a compiere, una volta apertasi la successione, se vuole acquistare la qualità di erede. Sotto il profilo sostanziale vi sono due tipi di accettazione: pura e semplice e con beneficio d’inventario (art. 470 c.c.). Per effetto della prima si verifica la confusione tra i due patrimoni, quello del defunto e quello dell’erede, che succede sia nell’attivo che nel passivo: egli è perciò tenuto al pagamento dei debiti del defunto, anche se, per ipotesi, questi superino l’attivo che gli perviene dall’eredità. Se, invece, il chiamato accetta con beneficio d’inventario, non si produce la confusione tra i patrimoni e, quindi, l’erede non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni a lui pervenuti (art. 490 c.c.). In proposito va sottolineato che l’accettazione delle eredità devolute ai minori, agli incapaci ed alle perso- ne giuridiche diverse dalle società non può farsi che col beneficio di inventario (artt. 471-473 c.c.): l’accettazione pura e semplice, pertanto, può essere compiuta soltanto da una persona fisica dotata di capacità, oppure da una società. Dal punto di vista formale, l’accettazione col beneficio d’inventario deve essere necessariamente fatta mediante dichiarazione ricevuta da un notaio o dal cancelliere della Pretura del mandamento in cui si è aperta la successione, mentre l’accettazione pura e semplice può essere espressa o tacita. É espressa quando viene fatta per iscritto (scrittura privata o atto pubblico), dichiarando di accettare l’eredità o assumendo il titolo di erede. È invece tacita quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede. Talvolta l’acquisto dell’eredità è imposto al chiamato anche se questi non abbia accettato, e perfino nonostante la sua rinuncia. Ciò accade, in primo luogo, quando egli rinunci ai diritti di successione contro il pagamento di un corrispettivo; ma un discorso analogo vale anche per il caso in cui l’istituto erede resti per un certo tempo nel possesso dei beni ereditari, senza farne fare l’inventario con le garanzie di legge, oppure senza dichiarare se accetta o se rinuncia; o quando lo stesso alieni beni ereditari senza autorizzazione; oppure commetta omissioni o infedeltà nel compilare l’inventario; o, ancora, quando egli sottragga o nasconda beni spettanti all’eredità. In tutte queste ipotesi l’acquisto della qualità di erede è imposto al chiamato senza, e addirittura, contro la sua volontà. Perciò, è inopportuno parlare di accettazione legale o di accettazione presunta: si tratta invece di acquisto ex lege, senza bisogno di accettazione. Il diritto di accettare l’eredità è soggetto alla prescrizione ordinaria decennale (art. 480 comma 1 c.c.). Tuttavia, chi vi abbia interesse può chiedere all’autorità giudiziaria la fissazione di un termine entro il quale il chiamato dichiari se accetta o se rinuncia: trascorso questo termine senza che abbia fatto la dichiarazione, il chiamato decade dal diritto di accettare. L’accettazione non tollera l’apposizione di termini o condizioni che rendono nulla l’intera dichiarazione. Essa si può impugnare solo per violenza o per dolo, ma non per errore.