ABUSO DI ATTI D'UFFICIO
Delitto previsto dallart. 323 c.p., così come modificato dallart. 13 della l. 26.4.1990 n. 86. Larticolo riformula la previgente ipotesi di abuso innominato e, in seguito alla contemporanea abrogazione degli artt. 324 e 315 c.p. e alla modifica dellart. 314 c.p., estende il suo ambito di operatività ai fatti che prima venivano ricondotti allinteresse privato in atti dufficio oltre che al peculato (e alla malversazione) per distrazione. La nuova figura punisce il pubblico ufficiale o lincaricato di un pubblico servizio che abusa del suo ufficio. Tale elemento materiale così genericamente descritto si concretizza semplicemente con luso illegittimo dei poteri funzionali, ovvero con lesercizio illegittimo dei compiti inerenti un pubblico servizio. La norma stabilisce peraltro che un tale fatto ricada sotto il proprio ambito soltanto qualora esso non costituisca più grave reato. Tali caratteristiche fanno dellart. 323 c.p. la fattispecie cardine in ordine alla repressione dei reati contro la pubblica amministrazione, anche se la evidente genericità della descrizione della condotta ha suscitato forti perplessità in ordine alla legittimità costituzionale della norma in esame, sotto il profilo della sufficiente determinatezza. Si richiede il dolo specifico, la diversa direzione del quale comporta un diverso trattamento sanzionatorio: se il fatto è commesso al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio non patrimoniale o per arrecare ad altri un danno ingiusto, il primo comma stabilisce la pena della reclusione fino a due anni; nel caso che il fatto sia commesso per procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale, il secondo comma prevede la pena della reclusione da due a cinque anni. Non è peraltro pacifico in dottrina se i due commi configurino autonomi reati, ovvero se il secondo non descriva altro che una circostanza aggravante.