WTO E ACCORDI DI BALI: DALL’URUGUAY ROUND AL DOHA ROUND (ENCICLOPEDIA)

Abstract

Dopo la conclusione dell’ Uruguay Round nel 1994, nel novembre del 2001 si è svolta a Doha (Qatar) la quarta conferenza ministeriale del World Trade Organization (WTO) che ha dato avvio ai Doha Round, ultimi negoziati commerciali in seno all’Organizzazione. Questi negoziati si sono conclusi quando i Ministri del Commercio di 160 Paesi membri del WTO nel dicembre 2013 hanno siglato a Bali in Indonesia uno storico accordo in relazione alla liberalizzazione del commercio internazionale. Questo accordo ha concluso la serie di negoziati, durati più di dieci anni, in cui i temi trattati, noti anche come Doha Development Agenda (DDA), sono stati molteplici: agricoltura, servizi, regole WTO, procedura per la soluzione delle controversie (vedi Dispute Settlement Body-DSB), commercio elettronico, Aspetti dei Diritti di Proprietà Intellettuale attinenti al Commercio (TRIPS), “Temi di Singapore” (investimenti esteri, politiche della concorrenza, trasparenza negli appalti pubblici, agevolazione del commercio). Le regole derivanti dalla discussione di tali tematiche sarebbero dovute confluire, entro il 2005, nella conclusione di un Accordo Unico (single undertaking, procedura che obbliga i Paesi membri ad accettare l’intero pacchetto di accordi oppure a rifiutarlo in blocco). Al contrario, le negoziazioni hanno subito nella Conferenza di Cancun del 2003 un momento di stallo e divisione tra i Paesi avanzati (Unione Europea, Stati Uniti) e i Paesi emergenti (Brasile, Cina, India, Corea del Sud, Sudafrica). Dopo la fase di stallo e la ripresa dei negoziati, l’accordo finale di Bali (noto anche come “Doha light”) del dicembre 2013, sancisce definitivamente la conclusione dei Doha Round.

Meccanismi procedurali di negoziazione del WTO

Il GATT (General Agreement on Trade and Tariffs) e, in seguito, il WTO sono gli organismi che hanno avuto, e hanno tuttora, il ruolo di perseguire obiettivi come il libero scambio, l’abbattimento delle frontiere doganali, delle tariffe, delle barriere tecniche al commercio e di tutto ciò che può ostacolare o falsare la libera concorrenza sul mercato globale. I principali meccanismi utilizzati dalla WTO per perseguire tali obiettivi sono principalmente i negoziati multilaterali denominati “Rounds”. I Rounds sono delle trattative commerciali periodiche, a conclusione delle quali, vengono stipulati veri e propri accordi internazionali, autonomi rispetto l’Accordo generale e destinati a vincolare solo gli Stati che formalmente li accettano. Gli accordi, che costituiscono le norme della WTO, sono in genere adottate per consensus tra tutti i membri. I Rounds economici internazionali sono uno strumento per cercare di regolamentare il mercato economico internazionale, dal dopoguerra ad oggi.

Tab. 2: Growth in volume of world merchandise trade and GDP 2005-12 (annual percentage change):

Source: WTO World Trade Report 2013

L’utilizzo di un sistema multilaterale di negoziazione (Rounds) garantisce un maggiore consenso e beneficio per tutte le nazioni che vi prendono parte. Attraverso tali negoziati si stabiliscono le regole del commercio internazionale, con l’obiettivo di garantire stabilità per i mercati delle nazioni, favorendo la crescita e il libero scambio (come mostra la tabella 2). Contemporaneamente, l’utilizzo di un sistema negoziale basato sul consenso, da vita inevitabilmente a processi decisionali molto lunghi.

Tab. 2: Growth in volume of world merchandise trade and GDP 2005-12 (annual percentage change):

Source: WTO World Trade Report 2013

Avvio del Doha Round

L’ultimo ciclo di negoziati del WTO si tiene a Doha (Quatar) dal 9 al 13 novembre 2001 a conclusione del quale vengono adottate le dichiarazioni che costituiscono la Doha Development Agenda (DDA), documento che sancisce l’avvio dei Doha Rounds. La Development Agenda si inserisce all’interno di un contesto più generale di interesse per le tematiche dello sviluppo, la cui espressione massima sono i Millennium Development Goals approvati nella Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite nel 2000.

I temi trattati durante i quattro giorni della Conferenza riguardano:

- agricoltura;
- accesso al mercato dei prodotti non agricoli (NAMA - Non-agricultural Goods Market Access);
- servizi;
- rapporto tra investimento e commercio;
- interazione tra commercio e politica di concorrenza;
- “Temi di Singapore”(abbassamento dei dazi doganali sui prodotti delle tecnologie dell’informazione, apertura dei mercati dei servizi finanziari e apertura dei mercati nazionali delle telecomunicazioni, la riduzione degli oneri doganali);
- trasparenza nella contrattazione pubblica;
- aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (ADPIC);
- commercio e ambiente;
- facilitazione degli scambi;
- norme del WTO;
- risoluzione delle controversie;
- piccole economie;
- commercio, debito e finanze;
- commercio e trasferimento di tecnologie;
- cooperazione tecnica e rafforzamento delle capacità;
- paesi meno avanzati;
- trattamento speciale e differenziato.

Inoltre, alla Conferenza ministeriale di Doha si raggiunge un accordo sull’avvio del negoziato sui cosiddetti “Temi di Singapore” da lanciare alla Conferenza di Cancun da tenere due anni più tardi nel 2003. Infine, si decide di fissare una scadenza per la conclusione dei negoziati entro il 1° gennaio 2005.

Fallimento della Conferenza Ministeriale di Cancun

Il Doha Round della WTO ha una tappa decisiva nella Conferenza Ministeriale di Cancun (Messico) nel 2003. I temi trattati riguardano le relazioni tra commercio internazionale, investimenti esteri e concorrenza, nonché la trasparenza delle norme nelle procedure di acquisto pubbliche e facilitazioni nelle operazioni di sdoganamento e rilascio delle merci negli scambi internazionali. Nel corso della Conferenza emergono chiaramente i vari contrasti di natura politica ed economica: i Paesi in via di sviluppo non erano disposti ad accettare l’avvio di negoziati sui “Temi di Singapore”; gli Usa non volevano mettere in discussione i sussidi ai propri produttori di cotone; sulle tematiche agricole si riprodusse puntuale il contrasto tra USA e Unione Europea da una parte e il gruppo del G-20 dall’altra; contestualmente sulle denominazioni di origine si definiva una netta contrapposizione tra Ue e Svizzera da una parte, Usa e Australia dall’altra; sull’accesso al mercato per i prodotti non agricoli, infine, vi erano ancora sostanziali obiezioni da parte di molti PVS riguardo l’ampiezza delle riduzioni tariffarie.

La Conferenza di Cancun si conclude con un nulla di fatto, sancendo la crisi del Doha Development Agenda (DDA) e dell’approccio multilaterale al tema del commercio mondiale.

Principali Motivi di Impasse del Round

Dopo il fallimento della Conferenza di Cancun, il negoziato del Doha round entra in una lunga fase di stallo. Gli esiti della Conferenza mostrano il declino dell’economia occidentale (USA e UE) e l’ascesa, nel commercio internazionale, di alcuni Paesi BRICS come Cina e Brasile (vedi anche accordo swap tra Cina e Brasile) e degli altri Paesi del G-20. Le istituzioni di Bretton Woods (Fondo Monetario Internazionale - FMI, Banca Mondiale e la stessa WTO) si fanno portavoce degli elevati costi per un eventuale fallimento di Doha a fronte dei guadagni potenziali in termini di ricchezza commerciale. Durante i dieci anni di negoziazione la struttura del commercio internazionale, e di conseguenza gli equilibri negoziali, muta profondamente visto il successo delle nuove potenze economiche. La disciplina del commercio internazionale, diviene particolarmente frazionata dalle molteplicità delle deroghe, dagli accordi preferenziali, bilaterali e multilaterali tra le nazioni. Il passare del tempo e i profondi e bruschi cambiamenti indotti dalla globalizzazione economica, quindi, trasformano inevitabilmente in obsoleti i principi su cui si basano le negoziazioni, mettendo in discussione i processi multilaterali e i meccanismi procedurali del WTO.

Ripresa del Negoziato e Conclusione del Doha Round: Accordo di Bali

Nel dicembre 2005 viene organizzata la sesta conferenza ministeriale del WTO ad Hong Kong con la quale si riaprono ufficialmente i negoziati sui temi discussi a Cancun e per rivitalizzare il Doha Round. L’appuntamento di Hong Kong consente di segnare nuovi passi in avanti nelle trattative e, soprattutto, di iniettare nuova fiducia nei meccanismi di funzionamento del WTO. Successivamente alla Conferenza di Hong Kong, i Rounds negoziali sono proseguiti a Ginevra, Potsdam fino ad arrivare all’accordo di Bali nel dicembre 2013.

Secondo il rapporto pubblicato dal Peterson Institute for International Economics, il “Pacchetto di Bali” dovrebbe creare 1000 miliardi di dollari di ricchezza in più. Il pacchetto di misure messe a punto a Bali, conosciuto anche come “Doha light”, tuttavia, rappresenta meno del 10% del vasto programma di riforme lanciato originariamente a Doha. Esso non riguarda infatti tariffe o restrizioni quantitative, ma si concentra sull’eliminazione degli ostacoli di natura burocratica e amministrativa al commercio. Si chiudono parzialmente solamente tre dei diciannove capitoli negoziali originariamente aperti: il primo è la semplificazione burocratica delle pratiche doganali, attraverso un migliore utilizzo delle tecnologie della rete. Il secondo riguarda l'eccezione indiana, che chiedeva una deroga all'apertura delle frontiere, consentendo allo Stato di acquistare a prezzi sussidiati dai propri contadini derrate alimentari per fronteggiare il rischio di fame e povertà. Infine il terzo riguarda i PVS, eliminando parte dei dazi a scalare, cui erano sottoposti in caso di esportazione di prodotti lavorati solo in parte sul loro territorio.

L’accordo, inoltre si compone di una parte dedicata a misure di semplificazione del commercio, agendo sulle cosiddette barriere non tariffarie, e di un’altra, dedicata alle necessità altre misure di sostegno alle Least Developed Countries (LDCs), che da anni sono anche il focus dell’azione dell’UE. Innanzitutto, è previsto l’impegno dei partner a garantire la rimozione di quote e dazi sulle importazioni di merci da questi Paesi, per un valore non inferiore al 97% del flusso commerciale bilaterale.

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Redattore: Giovanni AVERSA

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