UEM
Acr. di Unione Economica e Monetaria (fr. Union économique et monétaire-UEM; ingl. Economic and Monetary Union-EMU). La sigla UEM non indica un’organizzazione comunitaria, ma l’accordo internazionale contenuto nel Trattato di Maastricht (7.2.1992) che prevedeva un’armonizzazione graduale delle politiche degli Stati membri dell’UE per la realizzazione di un’area di libera circolazione di beni, servizi, capitali e persone, da una disciplina comune delle politiche di bilancio e con l’obiettivo finale di unificare le monete e di giungere a una politica monetaria unica tragli Stati aderenti. Per la parte monetaria l’UEM è stata realizzata in tre fasi tra il 1°.7.1992 e il 31.12.2001 e ha comportato nella terza fase lo spossessamento finale della sovranità monetaria degli Stati aderenti a favore di un’organizzazione collegiale composto dalle banche centrali (SEBC) e da una banca centrale europea (la BCE) di nuova istituzione. Dei 15 membri dell’UE solo 12 hanno accettato di aderire alla terza fase (Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Olanda, Portogallo e Spagna). Ne sono rimasti fuori Danimarca, Regno Unito e Svezia.
1. Precedenti dell’unione monetaria. Il progetto di dotare la Comunità europea di un sistema monetario proprio compare agli inizi degli anni Sessanta, col profilarsi della crisi degli Accordi di Bretton Woods. Il Rapporto Werner del 1971 prefissava un percorso per giungere in dieci anni a un sistema di cambi fissi e a una politica monetaria unica. Il progetto fu abbandonato per la crisi economica e monetaria comparsa subito dopo la pubblicazione del Rapporto. Nel 1972 venne avviato tra i Paesi europei l’esperimento del meccanismo di cambi fissi del serpente monetario, presto abbandonato dalla maggioranza dei partecipanti. Anche il successivo esperimento di cambi fissi dello SME (1979) non ha avuto il successo sperato. I prodromi ell’UEM risalgono all’Atto Unico Europeo (febbraio 1986) che prefissava al 1992 il completamento del mercato unico e della liberalizzazione dei movimenti di capitale. Il progetto di unione economica e monetaria risale però al giugno 1988, quanto il Consiglio europeo assegna a un comitato guidato da Jacques Delors, Presidente della Commissione europea, il mandato di elaborare un progetto concreto per la realizzazione di tale obiettivo. Il Comitato era composto dai governatori delle banche centrali nazionali della Comunità europea, da Alexandre Lamfalussy, allora Direttore generale della Banca dei regolamenti internazionali, dal prof. Niels Thygesen (Università di Copenaghen) e da Miguel Boyer, presidente del Banco Exterior de España.
2. L’Unione monetaria.
2.a) Prima fase (1°.7.1990-31.12.1993). La proposta del “Rapporto Delors”, redatto a conclusione dei lavori, di un piano per realizzare l’UEM in tre fasi venne accettata nel giugno 1989 dal Consiglio europeo. Questi delibera l’abolizione, in linea di principio, dal 1°.7.1990 di tutte le restrizioni alla circolazione dei capitali tra gli Stati membri, dando con ciò avvio alla prima fase. Successivamente il Consiglio europeo il 12.3.1990 decide di conferire maggiori responsabilità per i lavori preparatori dell’UEM al Comitato dei governatori delle banche centrali degli Stati membri, che dal momento della sua istituzione, nel maggio 1964, aveva svolto un ruolo di crescenteimportanza nel quadro della cooperazione monetaria. Nel periodo 1°.7.1990-31.12.1993 si completa la prima fase dell’UEM con la libera circolazione dei capitali tra gli Stati membri, il rafforzamento della coordinazione delle politiche economiche e della cooperazione tra le banche centrali.
2.b) Seconda fase (1°.1.1994-30.12.1998). Nella seconda fase è stata attuata la convergenza delle politiche economiche e monetarie degli Stati membri. L’obiettivo era di raggiungere una soddisfacente stabilità dei prezzi e risanare le finanze pubbliche. Per passare a questa fase (e alla successiva) erano necessarie nuove strutture istituzionali e, quindi bisognava modificare il Trattato CEE del 1957. Le modifiche sono state predisposte da due conferenze intergovernative, una sull’UEM e l’altra sull’unione politica, conclusesi nel 1991 con la presentazione di una bozza di trattato poi adottato a Maastricht l 7.2.1992 (Trattato sull’Unione Europea). Il Trattato, oltre a modificare il Trattato istitutivo del 1957 e a cambiare la denominazione della CEE in CE (Comunità europea), conteneva il Protocollo sullo statuto di un Sistema europeo di banche centrali, il SEBC e di una Banca centrale europea, la BCE e il Protocollo sullo statuto di un’organizzazione, l’Istituto monetario europeo (IME) che doveva precedere e preparare il passaggio al SEBC e la costituzione della BCE. A causa dei ritardi nel processo di ratifica, tuttavia, il Trattato di Maastricht è entrato in vigore soltanto il 1° novembre 1993. Con la costituzione dell’IME (1°.1.1994) il Comitato dei governatori è stato sciolto e la seconda fase è stata avviata. L’IME era destinato ad avere vita transitoria ed era stato costituito principalmente per rafforzare la cooperazione tra le banche centrali e il coordinamento delle politiche monetarie e per i preparativi a ciò che avrebbe dovuto essere realizzato nella terza fase e cioè all’istituzione del SEBC e al passaggio a una politica monetaria e a una moneta unica. L’Istituto non era responsabile della conduzione della politica monetaria dell’Unione europea, che rimaneva una prerogativa delle autorità nazionali e non aveva competenza per effettuare operazioni in valuta. Il nome euro della moneta unica è stato deliberato dal Consiglio europeo nel dicembre 1995 in sostituzione della denominazione di ECU originariamente prevista. Nel giugno 1997 il Consiglio europeo ha adottato il Patto di stabilità e crescita, che comprende due regolamenti ed è volto a garantire la disciplina di bilancio nell’ambito della UEM. Una dichiarazione del Consiglio del maggio 1998 completava il Patto e ne ampliava gli impegni. Da ricordare anche la risoluzione n. 202 del Consiglio europeo del 13.12.1997 sul coordinamento delle politiche economiche nella terza fase dell’UEM e sugli articoli 109 e 109 B del Trattato CE, ha stabilito che l’Unione economica e monetaria deve stabilire un legame stretto tra le economie degli Stati membri che partecipano all’area dell’euro. In ragione di ciò i Paesi membri condividono una politica monetaria unica e un tasso di cambio unico. La risoluzione offriva così indicazioni sui tre temi-chiave dello sviluppo dell’UEM: il coordinamento delle politiche economiche nella terza fase; l’attuazione delle disposizioni del Trattato sulla politica dei tassi di cambio e sulla posizione esterna e la rappresentanza della Comunità (articolo 109 del Trattato); il dialogo tra il Consiglio europeo e la BCE. Si puntava in particolare al rigore nella sorveglianza degli sviluppi macroeconomici negli Stati membri per assicurare una convergenza stabile, dell’evoluzione dei tassi di cambio dell’euro; delle posizioni e delle politiche di bilancio in base al trattato e al patto di stabilità e crescita, delle politiche strutturali degli Stati membri nei mercati del lavoro, dei beni e dei servizi, delle tendenze dei costi e dei prezzi, soprattutto laddove influiscono sulle possibilità di conseguire una crescita sostenibile e non inflazionista e la creazione di posti di lavoro. Si misurava inoltre a promuovere riforme fiscali capaci di potenziare l’efficienza e misure dissuasive nei confronti di una concorrenza fiscale pregiudizievole. Si affermava poi che il Consiglio Ecofin (composto, cioè, dai Ministri dell’Economia e delle Finanze degli Stati membri) è l’unico organo autorizzato a formulare e adottare gli indirizzi di massima da seguire per il coordinamento delle politiche economiche, che costituiscono il principale strumento di coordinamento economico. I ministri degli Stati aderenti all’area dell’euro possono riunirsi in modo informale per discutere questioni connesse alle responsabilità specifiche che condividono in materia di moneta unica. La Commissione e, ove opportuno, la BCE sono invitate a partecipare alle riunioni.
2.c) Terza fase (1°.1.1999-31.12.2001). Nella terza fase è stata costituita la BCE, è stato introdotto l’euro come moneta di conto e sono entrati in vigore i tassi di cambio fissi delle monete nazionali degli Stati aderenti all’Eurosistema. Dal 1°.1.1999 si è reso possibile utilizzare l’euro nei pagamenti non in contanti alle pubbliche amministrazioni, richiedere versamenti in euro dalle pubbliche amministrazioni, comunicare con le pubbliche amministrazioni in euro, tenere la contabilità in euro, procedere nei rapporti privati a pagamenti in euro se accettati dal creditore, il tutto secondo il principio del nessun divieto, nessun obbligo (no prohibition, no compulsion). Il Consiglio dell’Unione europea, nella composizione dei capi di Stato o di Governo, con n. 98/317 del 2 maggio 1998, ai sensi dell’art. 121 n. 4, TCE e sulla scorta della raccomandazione del Consiglio Ecofin, ha riconosciuto l’adesione iniziale all’Eurosistema di 11 Stati: Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Olanda, Portogallo e Spagna. La Grecia è stata ammessa dal 1°.1.2001 con decisione 2000/427/CE del Consiglio, del 19.6.2000. I cambi di conversione delle monete nazionali degli 11 sono stati fissati dal regolamento (CE) n. 2866/98 del Consiglio, del 31.12.1998 e, per la dracma, dal regolamento (CE) n. 1478/2000 del Consiglio, del 19.6.2000. Per i tassi di conversione (v. alla voce euro). Il 25 maggio 1998 i governi degli 11 Stati membri partecipanti hanno designato il Presidente, il Vicepresidente e gli altri quattro membri del Comitato esecutivo della BCE. La nomina ha avuto effetto dal 1° giugno 1998, data di istituzione della BCE. La BCE e le banche centrali nazionali (BNC) degli Stati membri partecipanti costituiscono l’Eurosistema, che formula e definisce la nella Terza fase della UEM.
3. L’unione economica. Inizialmente (nel 1957) limitata all’abbattimento delle barriere interne, tariffarie, regolamentari, fiscali è stata estesa alle politiche di bilancio, richiedendone una disciplina comune e alla politica ridistributiva e di stabilizzazione a livello comunitario. Quanto alle politiche di ridistribuzione col pacchetto Delors II la Comunità aumentava la dotazione dei fondi strutturali e istituiva il Fondo di coesione e per la politica fiscale venivano introdotti i criteri di convergenza per allineare agli obiettivi di Maastricht il tasso di inflazione, il tasso di cambio, il rapporto disavanzo pubblico/OIL, il tasso di interesse a lungo termine.