TASSO DI CAMBIO
Rapporto tra il valore di due valute, corrispondente al prezzo di una espresso in unità monetarie dell’altra. Il prezzo è detto corso del cambio o più semplicemente cambio e viene espresso in moneta nazionale o estera, secondo il modo di quotazione usato dalla piazza quotatrice, che può essere il certo per incerto o l’incerto per certo. Milano, come la maggior parte delle piazze internazionali, quotava l’incerto per certo e i tassi di cambio, erano espressi in lire per unità di valuta estera (p.e. 2350 lire per 1 dollaro USA, 300 lire per 1 franco francese ecc.). L’euro quota invece il certo per l’incerto e cioè il cambio è espresso in valuta estera per 1 euro. Quotano il certo per l’incerto le piazze statunitensi e Londra, dove i cambi sono, dunque, espressi in moneta estera per unità di moneta nazionale. Politica del cambio. Le autorità monetarie hanno seguito storicamente tre criteri di governo del corso dei cambi: criterio della massima rigidità; criterio della massima fluidità; criterio della convergenza. Quest’ultimo presuppone che le autorità stimino un tasso di cambio di equilibrio e operino interventi atti a condurre il tasso corrente verso il valore desiderato. In concreto tale criterio porta a un regime di tassi di cambio fluttuanti, senza parità né limiti di oscillazione dichiarati. Il primo e il secondo criteriosono invece quelli che si approssimano alla definizione teorica di tassi di cambio fissi e tassi di cambi flessibili. Il cambio si definisce fisso quando è ufficialmente stabilito il prezzo della moneta nazionale rispetto all’oro o ad altre monete ancorate all’oro. Tale sistema è prevalso fino alla prima guerra mondiale e fu adottato dagli Accordi di Bretton Woods. Il cambio si definisce flessibile quando la variazione del corso dei cambi è affidata direttamente al mercato, per cui il tasso viene determinato dalle condizioni di domanda e offerta sul mercato delle valute che interessano. Numerosi sono gli argomenti sostenuti, nella disputa teorica, a favore dell’uno o dell’altro sistema di cambio. A favore dei cambi fissi si adduce la “certezza” di cambio che tale regime apporta nelle relazioni economiche internazionali, la quale può favorire l’espansione del commercio internazionale: tale ipotesi viene contestata dai critici, data la possibilità di variazione delle parità che, essendo brusche e di cospicuo ammontare possono avere effetti dirompenti. Altri punti che sottolineano i critici sono l’ineluttabilità di movimenti speculativi destabilizzanti in momenti di tensione e il conflitto tra le diverse linee di politica economica che si verifica nei Paesi deficitari, i quali per riequilibrare la bilancia dei pagamenti sono di solito costretti a manovre restrittive che vanno a scapito dell’occupazione. A favore dei cambi flessibili si adduce la semplicità e continuità dell’aggiustamento, la maggiore indipendenza delle politiche interne, la riduzione del fabbisogno di riserve (che è invece elevato in regime di cambi fissi, dovendo le autorità monetarie disporre di ampia liquidità internazionale per far fronte a situazioni di deficit per difendere il tasso di cambio). I critici segnalano, invece, che il sistema a cambi flessibili si presta a vaste speculazioni, provocando incessanti e profonde fluttuazioni, continui mutamenti nei rapporti commerciali fra i vari paesi, oltre che aumento di rischi (anche se ridimensionati dalle operazioni a termine) per gli operatori economici, con conseguente rallentamento delle correnti di traffico e degli investimenti di capitali, e infine, il pericolo che la banca centrale di un paesi si riconosca incapace di fronteggiare una spirale inflazionistica e tralasci di adottare provvedimenti adeguati a fronteggiare erosioni anche notevoli del potere di acquistoall’estero della moneta nazionale.