SANZIONI ECONOMICHE ALLA RUSSIA 2014

Abstract

A marzo 2014 sono entrate in vigore le prime sanzioni varate dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti nei confronti della Russia, accusata dai paesi comunitari di essere la grande responsabile della crisi ucraina (iniziata il 21 novembre 2013 dopo la sospensione, da parte del Governo ucraino, di un accordo di associazione di libero scambio tra l'Ucraina e l'Unione europea). Le tensioni geopolitiche e la crisi ucraina sono alla base di una guerra economica tra la Russia e l’Occidente senza precedenti, uno scontro che sta creando grossi problemi al sistema finanziario del paese come pure alla leadership di Vladimir Putin. Anche il crollo del prezzo del petrolio potrebbe non essere causale: per il ministro delle finanze russo Siluanov si perdono 100 miliardi all’anno. Con la successiva annessione russa della Crimea (ex repubblica autonoma ucraina) il calo del prezzo del petrolio, la crescita dell’inflazione e l’indebolimento del rublo, dovute in parte anche all’inasprimento delle sanzioni, hanno scatenato una vera e propria guerra economica che nel lungo periodo rischia di pesare in modo importante sulle prospettive di crescita di Mosca.

Crisi Ucraina: la guerra economica dell’Unione Europea alla Russia

Il 26 novembre di un anno fa il presidente russo Vladimir Putin si incontrava a Trieste con il premier italiano Enrico Letta, entrambi giunti nella città giuliana con undici ministri e uno stuolo di imprenditori; sottoscritti, nella soddisfazione generale, una trentina fra intese e trattati che spaziavano ogni settore, soprattutto quello dell’energia.
Tuttavia nell’aria c’era già l’odore di bruciato che si alzava dall’Ucraina e alla domanda di un giornalista sul tema, Putin rispondeva che “è l’Ucraina stessa a dover prendere le proprie decisioni”, tuttavia “Un paese che ha aderito all’Unione doganale (n.d.r. accordo firmato nel 2011 tra Russia, Bielorussia e Kazakhstan), che prevede lo scambio di merci senza dazi, può recedere dagli accordi quando vuole. Un articolo dell’accordo prevede però che se uno dei paesi aderenti intavola rapporti con paesi terzi, può esportare le merci nei paesi dell’Unione doganale con un ribasso sui dazi attualmente dell’85 per cento, ma che arriverà al 95. Potrebbero quindi transitare dall’Ucraina merci verso l’Unione doganale a prezzi ridotti, cosa che metterebbe in crisi la nostra economia. Per coinvolgere l’Unione europea in questo progetto serve gradualità, ovvero tempo e denaro” (1).
Il 26 novembre di un anno dopo la Russia è stata vittima di un’aggressione violenta e su larga scala, lanciata da più fronti, un attacco dagli esiti imprevedibili, anche perché ancora in corso.
In mezzo a queste due date c’è la questione ucraina: Putin ha annesso la Crimea quale risarcimento della mancata entrata dell’Ucraina nell’Unione Doganale ed ha alzato la tensione delle regioni orientali per rendere definitiva tale annessione.
Senza entrare troppo nell’analisi della situazione geopolitica che potrebbe aver spinto il leader russo a compiere determinate scelte, basti pensare che a Sebastopoli, in Crimea, Mosca ha la base della Flotta del Mar Nero (prima in affitto), la quale si inserisce in un disegno verticale che vede la base di Tartus, in Siria, e quella di Alessandria d’Egitto, la cui costruzione è appena iniziata dopo gli screzi fra gli Usa e il nuovo presidente Abdel Fatah al-Sisi (2).

Una spada verticale che taglia a metà il disegno orizzontale di Washington, che vede dal Marocco al Kirghizistan (con l’esclusione, si noti, solo dell’Iran e della Siria) ogni paese ospitare basi Usa.
Tuttavia Putin ha probabilmente sottovalutato la reazione dell’Occidente alle sue spericolate manovre. Un Occidente infuriato, che oggi vuole la sua testa. E per averla ha messo in piedi una guerra economica senza precedenti, capace di mettere in seria crisi la sua leadership e di spingere la Russia in un angolo: il 24 novembre il ministro delle Finanze russo Anton Siluanov ha ammesso che “stiamo perdendo 40 miliardi di dollari all’anno a causa delle sanzioni e circa 90 … 100 miliardi di dollari annualmente a causa del calo del 30% del prezzo del petrolio” (3).
Due giorni dopo, il 26 novembre, appunto, la mazzata è arrivata dalla riunione Opec di Vienna, dove ha vinto la cordata trainata dall’Arabia Saudita, per cui oggi l’Urals, il greggio russo, è dato a 61.63 dollari, contro i 91,75 di settembre.
Poco dopo è stata la volta di Boomberg, che ha raccolto i pareri di 32 economisti internazionali e che ha dato come concrete le possibilità che la Russia nei prossimi 12 mesi possa entrare in recessione (4).
L’ultima batosta in ordine cronologico riguarda il tema dell’inflazione che, come ha comunicato ieri la Banca di Russia, nel 2014 sarà del 10%, in probabile crescita per il primo trimestre del 2015.
Nella nota emessa dall’istituto si legge che tra i fattori scatenanti vi sono l’indebolimento del rublo, “le restrizioni alle importazioni e fattori specifici sui mercati di alcuni prodotti alimentari” (5).
Il calo del potere d’acquisto della moneta si trasmette direttamente nell’aumento del costo della vita e nella fuga (per chi i soldi li ha) verso l’acquisto di beni-rifugio come oro, immobili ecc., i cui prezzi aumentano e che pertanto sono in grado di preservare il loro valore.
A crescere anche il prezzo dei beni importati in un paese che, nonostante l’originale propaganda filo-Putin messa in piedi da taluni politici nostrani che si recano a Mosca per la questua, i 12 fusi orari, il petrolio e la potenza nucleare, ha lo stesso Pil dell’Italia.
A colpire sono le prospettive di crescita, che, secondo la Banca di Russia, saranno nei prossimi anni pari o attorno allo 0% (6).

 

Note:

- 1. "Putin e Letta si incontrano a Trieste per il vertice italo-russo: firmati 28 fra accordi e trattati", Notizie Geopolitiche, 27 nov 2013;

- 2. “L’Egitto salta il fosso e abbraccia i nuovi alleati russi”, Gazzetta del Sud, 17 nov 2013;

- 3. “Russia: ministro Finanze, perdiamo 40 mld l'anno per le sanzioni”, AdnKronos, 24 nov 14;

- 4. “La Russia nel 2015 sarà in recessione”, Repubblica.it … Economia e Finanza, 2 dic 14;

- 5. “Russia, la Banca centrale alza i tassi di 100 punti base ma il rublo precipita ancora”, Il Sole 24 Ore, 11 dic 14;

 

Redattore: Enrico OLIARI

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