RIAPERTURA DEL FALLIMENTO

La riapertura del fallimento è disposta dal tribunale con la sentenza che annulla per dolo o risolve per inadempienza del fallito un precedente concordato fallimentare. Una riapertura del fallimento può altresì esservi quando, indipendentemente dalla preesistenza di un concordato, esistono nel patrimonio del debitore attività precedentemente non accertate, che rendono utile il provvedimento, o quando il debitore stesso si impegna a pagare, offrendo adeguate garanzie, almeno il 10% dei propri debiti. La possibilità di riaprire il fallimento è soggetta a precisi limiti temporali. La riapertura che deriva dall’annullamento, deve essere disposta entro due anni e quella che deriva dalla risoluzione del precedente concordato entro un anno dalla scadenza dell’ultimo pagamento stabilita nel concordato stesso. Questi termini sono inderogabili per l’ammissibilità dell’annullamento e della risoluzione. Qualora la riapertura sia giustificata dalle altre circostanze, deve essere disposta entro cinque anni dalla data del decreto di chiusura del fallimento. Con la sentenza di riapertura del fallimento il tribunale richiama in funzione ovvero procede a una nuova nomina del giudice delegato e del curatore. I termini per l’ammissione al passivo sono ridotti della metà rispetto a quelli ordinari. Si discute se, con la riapertura, si dia luogo ad una nuova procedura o alla prosecuzione del vecchio procedimento. Di fatto la prassi fallimentare ha pressoché ignorato l’istituto, la cui applicazione comporterebbe vari delicati problemi interpretativi e operativi.

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