PARONETTO SERGIO (ENCICLOPEDIA)
Sergio Paronetto (1911-1945), economista, manager industriale, scienziato sociale.
1. P. nasce a Morbegno (Sondrio) nel 1911. Frequenta l’intero ciclo scolastico a Ivrea. Viene premiato con un viaggio in Ungheria, destinato agli 80 migliori studenti d’Italia: vi contrae una malattia reumatica che, ledendo il cuore, compromette nel tempo la sua salute. Si iscrive alla Facoltà di Scienze Politiche di Roma, istituita nel 1925. Raccoglie le Lezioni di Storia delle colonie e politica coloniale di Camillo Manfroni (1863-1935), pubblicate a Roma nel 1930. Si forma negli ambienti della Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI), fondata nel 1896 e diretta, a partire dal 1925, da Giovanni Battista Montini (1897-1978), futuro Paolo VI, e dall’avvocato Igino Righetti (1904-1939), rispettivamente assistente ecclesiastico e presidente dell’organizzazione. La rivista «Studium» – espressione dell’omonima casa editrice fondata nel 1927 da Montini e Righetti con l’obiettivo di contribuire alla formazione di una coscienza etica nei giovani in vista dell’impegno nelle professioni – accoglie i primi scritti di P.: Ambiente e metodo nelle scienze sociali (1930), Il pensiero sociale cattolico in rapporto alla Rerum Novarum (1931) e Le celebrazioni del quarantesimo della Rerum Novarum (1931). Nel 1931 subisce all’Università un’aggressione da parte di elementi fascisti, che intendono strappargli dal petto il distintivo della FUCI. Le lesioni riportate saranno permanenti. Nel 1932 si laurea con una tesi in Storia economica (argomento: dogane e dazi negli Stati pre-unitari). Relatori sono Alberto De’ Stefani (1879-1969) e Gioacchino Volpe (1876-1971). Medita sulle forme assunte dall’intervento dello Stato in economia in Europa e negli Stati Uniti: scrive, su «Azione Fucina», Roosevelt il demiurgo (1933). Nella FUCI P. aiuta Giulio Pastore (1902-1969), sindacalista cattolico, dopo l’annichilimento dei sindacati operato dal regime fascista, negli anni precedenti al passaggio di Pastore in clandestinità.
2. Il 1934 è per P. l’anno dell’immersione dal "sistema-scienza" al "sistema-azienda". Su segnalazione di Pasquale Saraceno (1903-1991), anch’egli di Morbegno, entra all’IRI, sorto nel 1933. Capo della segreteria tecnica dell’Istituto alle dirette dipendenze del direttore generale Donato Menichella (1896-1984), P. dà un contributo assai apprezzato alla ristrutturazione delle banche di interesse nazionale (1934-1936), alla redazione della legge bancaria (1936), alla costituzione delle holding di settore Finmare (1936) e Finsider (1937), alla trasformazione dell’IRI in ente permanente (1937). Scrive le Note sull’attività dell’IRI nel momento attuale in rapporto alla sua struttura e alla sua organizzazione (1937). Si dedica alla conoscenza-valutazione-diagnosi dei problemi del sistema economico italiano nell’ottica di una strategia-Paese. Il problema cruciale è per P. l’accumulazione di capitale: come avviare, mantenere e rilanciare nel tempo tale processo in Italia. La possibilità di dare continuità e perfettibilità al processo di accumulazione è affidata agli istituti, intesi come "pensiero istituzionalizzato": ordinamenti, leggi, istituzioni, programmi, piani economici. L’obiettivo, lungo la linea Nitti-Beneduce-Menichella-Carli, è l’allentamento del vincolo esterno; ma l’opzione fondamentale è la forma complessiva del sistema, la sua coesione, la sua efficienza. Lavora con il top della dirigenza IRI: il presidente Alberto Beneduce (1877-1944), il vice presidente Francesco Giordani (1896-1961), consulenti esterni quali Alfredo De Gregorio (1881-1979), giurista esperto di industria, ed Ezio Vanoni (1903-1956), economista, futuro ministro, anch’egli di Morbegno. É soprattutto con Menichella e Saraceno che opera: P. "studia", Saraceno "vede", Menichella "fa" – scrive P. in quegli anni. Favorisce, su insistenza di Montini, l’ingresso nell’IRI del giovane Guido Carli (1914-1993). Svolge una preziosa funzione di ponte tra ambienti e tradizioni differenti: quella radical-massonico-nittiana, da una parte, e quella cattolica, dall’altra. I due magisteri in cui si riconosce – e di cui egli coglie la vena inesauribile – sono quello di Menichella (economia) e quello di Montini (filosofia).
3. A partire dal 1940 P. avvia un profondo ripensamento dei presupposti normativi dell’azione umana all’interno del sistema-azienda, misurati con il metro dell’esperienza maturata. L’ingresso dell’Italia in guerra nel giugno del 1940 lo indigna e gli fa sentire il peso della libertà come responsabilità. Tanto più forte in chi come lui si sente, forse per difetto, "uomo d’azione" (Ascetica dell’uomo d’azione è il titolo delle sue memorie, pubblicate postume da Studium, nel 1948, con prefazione di Montini). Il mutamento è evidente nella sterzata che imprime agli scritti pubblicati su «Studium» a partire dal 1940. Si tratta di un corpus unitario di scritti, ispirati a una visione originale di impegno nel mondo moderno per chi sia portatore di un’etica cristiana: Burocrazia e personalità (1940); Profilo del banchiere e dell’uomo di finanza (1940); Profilo del capo di azienda (1941); Morale professionale del cittadino (1943); Professione e rivoluzione (1943); Lettere al direttore sulla coscienza e la tecnica (1944). Medita sulle conseguenze della separazione della tecnica dalla morale, dalla politica e dall’economia e sulla sua costituzione in sotto-sistema auto-propulsivo; coglie l’avvento della società manageriale e mostra interesse per la nascente scienza del management; anticipa i temi della necessaria competenza e responsabilità di chi è chiamato a "fare" (management etico), nelle imprese e nelle istituzioni. È legato da profonda amicizia a Guido Gonella (1905-1992), che è il riferimento della stampa vaticana per gli affari italiani. Gonella chiede aiuto a P. per mettere a punto i contenuti economici presenti negli interventi di Pio XI e i concetti di "giustizia" e "pace giusta" espressi nei radiomessaggi di Pio XII (1941, 1942).
4. Il 1943 segna la "riemersione" di P. dal "sistema-azienda" al "sistema-Paese". Si rivolge a problemi che coinvolgono il riassetto, non solo industriale, del Paese. È l’ideatore ed estensore, primus inter pares, del Codice di Camaldoli del 1943, una nuova costituzione etica, politica ed economica per il Paese. Nel monastero di Camaldoli (Arezzo), dove si tenevano regolarmente i seminari della FUCI, convergono personalità come Amintore Fanfani (1908-1999), Giorgio La Pira (1904-1977), Aldo Moro (1916-1978), Giuseppe Spataro (1897-1979), Giuseppe Capograssi (1889-1956), Paolo Emilio Taviani (1912-2001), Giulio Andreotti (1919), Vanoni, Saraceno. Il Codice sarà il riferimento della Democrazia cristiana ai lavori dell’Assemblea Costituente (1946-1947). Il convegno si conclude il 25 luglio 1943: parte da Camaldoli e il 26 sposa a Merano Maria Luisa Valier. La mattina dell’8 settembre 1943 Menichella si reca segretamente a casa di P. con la nomina dello stesso a direttore generale dell’IRI, nomina che questi rifiuta, accontentandosi della vicedirezione generale, purché condivisa con altro dirigente e connessa alla diminuzione dello stipendio. Su espresso mandato di Menichella, mantiene il timone dell’IRI e, specie nell’amara parentesi tra l’8 settembre 1943 e il giugno 1944, contribuisce al salvataggio di tanta parte del patrimonio industriale italiano. Il Commissario dell’IRI nominato dal governo della Repubblica Sociale, Alberto Asquini (1889-1972), insigne giurista, accetta la collaborazione di P., che diviene co-responsabile dell’Ufficio Stralcio di Roma. Dalla sede IRI di Milano, Asquini lavora in sintonia con P. al salvataggio dei cespiti industriali e tecnologici minacciati tanto dai bombardamenti alleati e dalle azioni dei partigiani, quanto dalla volontà dei tedeschi di fare terra bruciata delle capacità produttive non impiegabili subito e direttamente a vantaggio della causa del Reich (le altre vengono anche smontate e trasferite in Germania). Sono entrambi persuasi dell’importanza di pensare al "dopo", anche in un clima non privo di sospetti. P. nasconde nella sua casa romana di Via Reno diversi ricercati da tedeschi e repubblichini, correndo gravi rischi; è in contatto con il capo della Resistenza a Roma, il colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo (1901-1944), che sarà fucilato dai tedeschi.
5. Inizia una preziosa opera di pedagogia, che consente di pensare una forma per l’economia italiana. Presso la sua abitazione romana, svolge negli anni Quaranta preziose e private "lezioni di economia" per i componenti della futura classe dirigente del Paese, in particolare per Alcide De Gasperi (1881-1954). Gli anni dal 1943 al 1945 sono impiegati a persuadere l’intero futuro vertice del Paese circa l’utilità di mantenere in vita l’IRI e le imprese con capitale partecipato dallo Stato in vista della ricostruzione contro il parere di Luigi Sturzo (1871-1959), della Confindustria e, almeno in un primo momento, degli Stati Uniti; come dell’opportunità di un intervento specifico dello Stato nel Mezzogiorno di sapore rooseveltiano nonché la prospettiva di fare affidamento su un programma di aiuti organizzato dalle potenze vittoriose al fine anche di consolidare la libertà economica e la democrazia in Italia. L’amico Franco Rodano (1920-1983), che P. riuscirà a convincere in merito all’opportunità di cambiare nome al movimento da lui guidato, da Comunisti Cattolici a Sinistra Cristiana, si fa interprete della stessa esigenza presso Palmiro Togliatti (1893-1964). Negli ultimi tempi P. lavora alla bozza di riforma dell’IRI (il nuovo statuto sarà varato nel 1948). Muore nel 1945, a 34 anni, già considerato un "maestro", non ancora prosciolto dalla falsa accusa di collaborazionismo, cosa che avverrà l’anno successivo. Consistente il debito del Paese nei confronti di P.: modernità e internazionalizzazione dell’approccio all’economia, all’industria e alla finanza della futura classe dirigente (Andreotti, De Gasperi, Fanfani, Gronchi, Gonella, La Pira, Moro, Vanoni, Saraceno, Spataro, Taviani); presenza nella Costituzione repubblicana di principi ispiratori che difficilmente vi sarebbero entrati; postulato di progettualità, e non di amministrazione pubblica, per l’azione diretta dello Stato in economia, necessario per inventare, dopo l’IRI, il futuro intervento straordinario nel Mezzogiorno (1950) e l’ENI di Marcello Boldrini (1890-1969), anch’egli esplicitamente ispirato dai principi di Camaldoli; realtà che, come l’IRI, possono promuovere i mercati, la concorrenza, la libertà economica e, quindi, la democrazia; necessità di dare pratico corso alla inclusività.
[Su Paronetto, M. L. Paronetto Valier, Sergio Paronetto. Libertà di iniziativa e giustizia sociale, Edizioni Studium, Roma, 1991; S. Baietti, G. Farese, Sergio Paronetto. La forma dell’economia italiana, in corso di pubblicazione, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2011].
Redattore: Giovanni FARESE e Stefano BAIETTI
© 2010 ASSONEB