OBBLIGAZIONI DEGLI ENTI LOCALI

Titoli a medio-lungo termine emessi dagli enti territoriali al fine di finanziare spese per investimenti. L’emissione di prestiti obbligazionari da parte di Regioni ed enti locali è disciplinata dall’art. 32, 2° comma, lett. i della l. 8.6.1990 n.142 (che riguarda solo Comuni e Province) e nell’art.35 della l. 23.12.1994 n. 724 (“Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”) che ha esteso la facoltà a tutti gli enti locali territoriali. In particolare, titoli obbligazionari possono essere emessi da Regioni, Province, Comuni e unioni di comuni, Comunità montane, consorzi tra enti locali territoriali che non si trovino in situazione di dissesto o in situazione strutturalmente deficitaria. I prestiti obbligazionari devono essere destinati esclusivamente al finanziamento degli investimenti, con divieto esplicito di emissione a copertura di spese di parte corrente. L’entità del prestito deve essere pari all’ammontare del valore del progetto cui fa riferimento. La durata del prestito non può essere inferiore a cinque anni e il rimborso è assicurato attraverso il rilascio di delegazioni di pagamento e, per le Regioni, dall’iscrizione in bilancio con impegno dell’emittente a dare mandato al tesoriere ad accantonare le somme necessarie. Il collocamento deve avvenire alla pari con cedole annue, semestrali o trimestrali, a tasso fisso o variabile. Il rendimento effettivo al lordo di imposta per i sottoscrittori non deve essere superiore, al momento dell’emissione, al rendimento lordo dei titoli di Stato di pari durata emessi nel mese precedente maggiorato di un punto. Non è ammessa la garanzia a carico dello Stato, così come non lo è a carico delle Regioni per prestiti emessi dagli enti locali. Tutte le emissioni obbligazionarie devono essere approvate dalla Banca d’Italia. Finora hanno emesso obbligazioni Regioni, Province e Comuni e i relativi titoli sono indicati commercialmente rispettivamente con le sigle BOR, BOP e BOC (Buono Obbligazionario Regionale, o Provinciale, o Comunale). La facoltà di emettere prestiti obbligazionari è la maggiore manifestazione dell’autonomia finanziaria delle regioni e degli enti locali. Essi costituiscono una fonte di finanziamento alternativa a quella tradizionale del mutuo e anche uno strumento di supporto della privatizzazione delle aziende municipalizzate e alla dismissione di altre imprese e di altre attività, prevedendo la legge la possibilità che le obbligazioni siano convertibili o con warrant in azioni di società possedute dagli enti locali. Questi prestiti obbligazionari erano stati inizialmente concepiti anche come mezzo a larga circolazione per avvicinare gli enti territoriali ai cittadini, suscitando in essi partecipazione e interesse alla gestione finanziaria degli enti. L’unica emissione (di 100 miliardi di lire) collocata direttamente presso i cittadini e quotata in borsa è stata quella del Comune di Roma del luglio 1996. La prima emissione in assoluto era però avvenuta un mese prima da parte del Comune di Forlì (obbligazioni ventennali per 12,3 miliardi di lire a cedola variabile indicizzata al Ribor maggiorato dello 0,70%). Terza emissione, sempre dell’estate 1996, è stata quella del Comune di Napoli dell’ammontare di 175 milioni di dollari di obbligazioni decennali a cedola fissa. In milioni di euro l’ammontare delle emissioni sono state 164,4 nel 1996, 390,2 nel 1997, 504,5 nel 1998, 1.826,2 nel 1999 e 2.545,9 nel 2000. In massima parte le emissioni sono state compiute dalle Regioni, dal momento che Comuni e Province hanno esigenze finanziarie limitate, sotto la soglia della convenienza a emettere obbligazioni. Il collocamento è avvenuto di regola a fermo presso investitori istituzionali, di modo che il flottante è modesto. (ct-msi) L’introduzione di questi strumenti nel nostro ordinamento è stata sostenuta dalla riforma delle finanze locali verso il decentramento delle competenze dal livello nazionale a quello locale (comuni e regioni soprattutto), specie con riferimento alla spesa per investimenti, in seguito alla crescente integrazione economica e politica europea. Nonostante la nuova opportunità offerta agli enti locali di ricorrere al mercato obbligazionario abbia trovato riscontri favorevoli, i vincoli posti dalla legge hanno in parte ostacolato le emissioni. Esse infatti sono subordinate a talune condizioni legate all’equilibrato rapporto tra finanziamenti raccolti e capitale investito ovvero alla destinazione dei fondi raccolti, che devono essere finalizzati ad investimenti con un valoredi mercato, attuale e prospettico, oltre che alla situazione di avanzo di amministrazione nei conti consuntivi dell’emittente. Un ulteriore limite all’ammontare delle emissioni di municipal bonds (peraltro di fatto non particolarmente stringente) riguarda la spesa per interessi, il cui importo annuo non può superare, comprendendo l’ammontare dei mutui precedentemente contratti, il 25% delle entrate correnti. Ben più stringente, per contro, è la richiesta di una situazione di sostanziale pareggio finanziario fra entrate e uscite correnti come principio generale di bilancio. Con riferimento alle caratteristiche tecniche, le obbligazioni, emesse al portatore e stanziabili in anticipazione presso la Banca d’Italia, non possono avere durata inferiorea cinque anni. È consentita anche l’emissione di prestiti obbligazionari in valuta e sui mercati esteri, ma in questo caso la normativa prevede l’obbligo della copertura del rischio di cambio e un limite al costo effettivo sopportato dall’emittente, legato al rendimento dei corrispondenti titoli di Stato emessi sul mercato interno. Le emissioni di local bonds comportano anche rilevanti costi fissi che possono incidere sensibilmente sulla convenienza dell’operazione, quali l’ottenimento di un rating che, pur non essendoobbligatorio, può essere opportuno poiché fornisce ai sottoscrittori una valutazione del merito di credito permettendo di valutare la rischiosità dell’investimento; le iniziative di promozione del collocamento del titolo e i costi amministrativi legati alla redazione dei diversi prospetti informativi e i successivi costi di gestione del debito, curata solitamente da intermediari finanziari specializzati. Sebbene le emissioni di tali strumenti siano state inferiori alle previsioni negli ultimi anni, si riscontra un crescente interesse degli amministratori locali per effetto, in un contesto macroeconomico di stabilizzazione dei tassi di interesse e di compressione dei deficit pubblici, da un lato, della possibilità di contenere il costo della raccolta e, dall’altro, della positiva accoglienza manifestata in genere dagli investitori, privati e istituzionali, nazionali e esteri, grazie ai loro rendimenti, superiori ai titoli di Stato a fronte di un rischio limitato dalla garanzia delle entrate tributarie e alla possibilità con essi di diversificare il proprio portafoglio. Attualmente il principale fattore di debolezza dei buoni obbligazionari degli enti territoriali è rappresentato dalla mancanza di un mercato secondario sufficientemente liquido.

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