MINI-BOND, CAMBIALI FINANZIARIE E OBBLIGAZIONI PARTECIPATIVE: NUOVI STRUMENTI DI FINANZIAMENTO PER LE PMI (ENCICLOPEDIA)

Abstract

A fine 2012, il legislatore italiano è intervenuto per favorire l’emissione di strumenti di debito (Mini-Bond, cambiali finanziarie, obbligazioni partecipative) da parte delle Piccole e Medie Imprese (PMI), eliminando vincoli fiscali che ostacolavano l’emissione di capitale di debito da parte di imprese non quotate in borsa. Grazie al “Decreto Sviluppo” (decr. legge n. 83/2012) prima, e all’approvazione nel Consiglio dei Ministri del 13 dicembre 2013 del pacchetto “Destinazione Italia” (decr. legge n. 145/2013) poi, le società non quotate in borsa, nell’emissione dei titoli di credito, hanno la possibilità di avvalersi dei vantaggi legali e fiscali che erano riservati esclusivamente alle società quotate. In una fase di dipendenza finanziaria delle imprese dal settore bancario e parallelamente di credit crunch dovuta alla crisi del 2007, l’obiettivo del legislatore è stato quello di diversificare le fonti di finanziamento per le PMI e di garantirne altri canali di accesso. I due decreti in questione hanno eliminato la disparità di trattamento nella emissione di obbligazioni, presente nel mercato italiano, tra società quotate e società non quotate. A queste ultime, infatti, ad esclusione delle micro imprese, grazie alla nuova normativa è consentito emettere strumenti di debito sia a breve termine (cambiali finanziarie) e sia a medio-lungo termine (Mini-Bond e obbligazioni partecipative).

Prestiti Bancari e Credit Crunch. Accesso al Credito Prima e Durante la Crisi

In un Paese come l’Italia, dove l’accesso al credito è principalmente di tipo bancario, gli istituti di credito rappresentano l’interlocutore privilegiato per le imprese che richiedono capitali per finanziare i propri progetti. Tale funzione ha permesso alle banche di assumere un ruolo predominante nel sistema delle relazioni economiche del tessuto produttivo. I dati della Centrale dei Rischi (CR) mostrano un’elevata concentrazione dei rapporti bancari delle imprese italiane, infatti nel 2010 circa il 78% delle microimprese e il 32% delle piccole e medie imprese aveva rapporti con almeno tre banche. Attualmente però, la recente riduzione dei prestiti bancari ha riguardato le imprese di tutte le dimensioni, pesando in modo particolare proprio sulle PMI. Questa tendenza rispecchia, da una parte, la diminuzione della capacità produttiva delle imprese e, dall’altra, i parametri più restrittivi di erogazione del credito delle banche. Pertanto l’attuale contesto economico, fortemente alterato impone alle banche di riconsiderare il proprio ruolo. E’ noto, infatti, come dallo scoppio delle crisi finanziarie del 2007, la domanda di credito delle imprese si è scontrata con l’indisponibilità degli istituti bancari a concedere finanziamenti. Secondo il centro studi di Confindustria, in Italia la caduta dei prestiti bancari alle imprese è stata del 10,5% dal picco del settembre 2011, pari a -98 miliardi. Nel 2014 il credit crunch proseguirà con -8 miliardi, mentre nel 2015 si registrerà un aumento del 2,8% pari a +22 miliardi. Il calo dei prestiti alle imprese verificatosi in Italia rispecchia il trend europeo di riduzione della domanda e dell’offerta bancaria come mostrato nella Tab.1 dai dati della Banca Centrale Europea (BCE):

In definitiva, in una situazione di forte razionamento del credito, la creazione di nuovi strumenti come Mini-Bond, cambiali finanziarie e obbligazioni partecipative è strettamente connessa alla necessità di reperire nuove forme di finanziamento alternative al tradizionale credito bancario. Questi strumenti, però, sono comunque complementari al sistema bancario. Infatti, ad esempio per la costruzione dei Mini-Bond sono necessari operatori finanziari, definiti sponsor, tra cui banche, intermediari finanziari iscritti nell’elenco previsto dall’articolo 107 del T.U. bancario e banche autorizzate all’esercizio dei servizi di investimento anche aventi sede legale in uno Stato extracomunitario, purché autorizzate alla prestazione di servizi nel territorio della Repubblica.

Prestiti Obbligazionari. Quadro Generale Precedente la Nuova Normativa

Nonostante la normativa previgente, attraverso la riforma del diritto societario con decreto legislativo n. 6 del 17 gennaio 2003, prevedesse già diversi strumenti cartolari di debito da emettere sul mercato per le imprese, le limitazioni patrimoniali all’indebitamento e gli adempimenti amministrativi richiesti ne hanno consentito di fatto la fruizione esclusivamente per le società quotate in borsa. Il “Decreto Sviluppo” e il “Decreto Destinazione Italia”, quindi, non introducono nel nostro ordinamento “nuove” forme di finanziamento ma, in realtà, ridisegnano il regime giuridico ed il trattamento fiscale di alcune tra quelle già esistenti. Ciò è avvenuto mediante la modifica delle previgenti norme di deducibilità degli interessi passivi delle obbligazioni, delle cambiali e titoli similari nonché del regime impositivo dei medesimi interessi in capo ai sottoscrittori. Tali interventi riformatori che hanno modificato la normativa precedente hanno riguardato:
- l’articolo 32 del Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83 (“Decreto Sviluppo”), come successivamente modificato in sede di conversione (Legge 7 agosto 2012, n. 134);
- l’articolo 36, comma 3, del Decreto Legge 18 ottobre 2012, n. 179 (“Decreto Sviluppo Bis” e assieme al Decreto Sviluppo i “Decreti Sviluppo”), come successivamente modificato in sede di conversione (Legge 17 dicembre 2012, n. 221), che ha apportato alcune modifiche all’articolo 32 del Decreto Sviluppo;
- l’articolo 12 del Decreto Legge 23 dicembre 2013, n. 145 (“Decreto Destinazione Italia”), che ha modificato, inter alia, la Legge 30 aprile 1999, n. 130, l’articolo 46 del Testo Unico Bancario (T.U.B.) e l’articolo 32 del Decreto Sviluppo Bis.

Prima dei Decreti in questione, l’emissione di un prestito obbligazionario da parte di una società non quotata si scontrava con l’art. 2412 del codice civile, il quale accordava alle società per azioni l’emissione di obbligazioni secondo alcuni requisiti:
- l’importo totale dei prestiti non doveva essere complessivamente superiore al doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato;

- senza il suddetto limite, alla condizione che l’importo eccedente fosse destinato a investitori istituzionali e che, in caso di trasferimento successivo delle obbligazioni, l’ultimo soggetto cedente garantisse i successivi acquirenti (non investitori-professionali) della solvibilità della società emittente.

Al contrario, secondo le norme dei “Decreti Sviluppo” e “Destinazione Italia”, l’emissione di un prestito obbligazionario può superare i limiti di cui sopra se:

- le emissioni obbligazionarie sono destinate a essere quotate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, oppure danno diritto di acquisire o di sottoscrivere azioni.

Di conseguenza, scompare il riferimento al fatto che una società interessata ad emettere un’obbligazione sia quotata o meno, lasciando spazio alla condizione che il prestito obbligazionario venga quotato in un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione. Quindi se nel sistema normativo previgente le imprese non quotate in borsa incontravano molte difficoltà procedurali nell’accesso al mercato obbligazionario, rendendo l’emissione di obbligazioni una prerogativa delle imprese quotate in borsa, con le nuove disposizioni tali differenze vengono meno.

Novità Introdotte da Decr. Legge n. 83/2012 (Decreto Sviluppo) e Decr. Legge n. 145/2013 (Destinazione Italia)

In via generale, i cambiamenti più rilevanti introdotti dal nuovo quadro normativo di riferimento riguardano:
- la modifica e nel superamento dell’articolo 2412 (Limiti all’emissione) del codice civile che fissa i limiti quantitativi all’emissione di obbligazioni;
- l’eliminazione del diverso trattamento fiscale dei titoli emessi da società non quotate rispetto ai titoli emessi da società quotate e nell’eliminazione del trattamento penalizzante in termini di deducibilità degli interessi passivi;
- la modifica della durata delle cambiali finanziarie, che dovranno avere una durata non inferiore a un mese e non superiore a 36 mesi;
- la possibilità di de-materializzare tali titoli, favorendone la circolazione sul mercato;
- l’estensione alle cambiali finanziarie del più favorevole regime fiscale applicabile alle obbligazioni.

Inoltre, i recenti Decreti prevedono nuove fonti di finanziamento a disposizione delle PMI e nello specifico, tre diversi strumenti:

1) le cambiali finanziarie (titoli di debito a breve termine);
2) le obbligazioni di medio-lungo termine (cosiddetti Mini-Bond);
3) le obbligazioni partecipative (strumenti finanziari a medio termine).

I soggetti che possono emettere questi nuovi strumenti sono:
 - società non quotate (società di capitali, società cooperative e mutue assicuratrici diverse dalle banche e dalle micro-imprese);
- piccole e medie imprese. Secondo la classificazione europea sono: medie imprese, quelle che hanno un organico inferiore ai 250 dipendenti e fatturato non superiore ai 50 milioni di Euro o totale di Bilancio non superiore ai 43 milioni di Euro. piccole imprese, quelle che hanno un organico inferiore a 50 unità e totale di Bilancio o fatturato non superiori ai 10 milioni di Euro;
- restano escluse dall'applicazione delle nuove norme le Micro imprese cioè le imprese che hanno un organico inferiore a 10 unità e totale di Bilancio o fatturato non superiori ai 2 milioni di Euro.

Mini-Bond

I Mini-Bond sono titoli di credito, nello specifico obbligazioni, che possono essere emessi da una società non quotata in borsa con durata non inferiore a 36 mesi. Grazie ai Mini-Bond le aziende possono reperire fondi dagli investitori fornendo in cambio titoli di credito. Questa forma di auto-finanziamento permette alle aziende, in particolare alle piccole e medie imprese (PMI), di diversificare la fonte dei loro finanziamenti e diminuire la dipendenza dal sistema bancario. La disciplina dei Mini-Bond si applica società di capitali, società cooperative e mutue assicuratrici diverse dalle banche e dalle micro-imprese, come definite dalla Raccomandazione 2003/361/CE.

I Mini-Bond al momento dell’emissione devono essere ammessi alle negoziazioni presso un mercato regolamentato (in Italia il mercato di riferimento è l’ExtraMOT PRO). I Requisiti per l’ammissione alle negoziazioni su ExtraMOT PRO prevedono che:

- L’emittente deve aver pubblicato i bilanci di almeno due esercizi annuali;

- Almeno l’ultimo bilancio deve essere stato sottoposto a revisione contabile;

- L’emittente deve redigere e rendere disponibile sul proprio sito web un documento di ammissione redatto secondo le linee guida stabilite da Borsa Italiana.

Le fasi principali verso l’emissione di Mini-Bond:

- Emissione dei Mini-Bond da parte della società emittente subordinatamente all’assolvimento degli adempimenti normativi e regolamentari;

- Ammissione dei Mini-Bond alla negoziazione sul Segmento ExtraMOT PRO;

- Immissione dei Mini-Bond nel sistema di gestione accentrata presso Monte Titoli.

La regolamentazione sui Mini-Bond prevede che l'emittente sua assistito da uno sponsor, cioè un soggetto finanziario che supporti la società nella fase di emissione e di collocamento dell'obbligazione e che mantenga in portafoglio fino a scadenza una quota dei titoli, facilitando la liquidità degli scambi dell’asset.
Infine, la sottoscrizione di queste obbligazioni è riservata a investitori istituzionali professionali ed altri soggetti qualificati, non è prevista la diffusione ai piccoli risparmiatori. Le stime della Crif Rating Agency indicano in oltre 10 mila aziende il mercato potenzialmente interessato a questi strumenti.

Cambiali Finanziarie

Le cambiali finanziarie sono titoli di credito la cui funzione è quella di garantire la possibilità, alle imprese non abilitate ad emettere obbligazioni, di reperire capitale alternativo rispetto a quello derivante dal credito bancario. Le cambiali finanziarie hanno scadenza non inferiore ad un mese e non superiore a trentasei mesi dalla data di emissione. Possono essere emesse da tutte le società di capitali nonché da società cooperative e mutue assicuratrici (diverse dalle banche e dalle microimprese). Tuttavia, le società e gli enti non aventi titoli rappresentativi del capitale negoziati in mercati regolamentati o non regolamentati, possono emettere cambiali finanziarie se soddisfano una serie di requisiti fondamentali:
- l’emissione deve essere assistita, in qualità di sponsor, da una banca, da un’impresa di investimento, da una società di gestione del risparmio (SGR), da una società di gestione armonizzata, da una società di investimento a capitale variabile (SICAV), purché con succursale costituita nel territorio dello Stato. Le società emittenti, che non siano classificabili tra le piccole e medie imprese possono rinunciare alla nomina dello sponsor.
- l’ultimo bilancio della società emittente non quotata deve essere certificato da un revisore contabile o da una società di revisione iscritta nel registro dei revisori contabili.
Infine, è previsto che le cambiali finanziarie emesse da società non quotate devono essere emesse esclusivamente in favore di investitori professionali che non siano, direttamente o indirettamente, soci della società emittente.

Le cambiali finanziarie possono essere emesse in forma de-materializzata (vedi voce Cartolarizzazione).

Obbligazioni Partecipative e Subordinate

Le novità introdotte dai Decreti prevedono la possibilità per le società non quotate di emettere titoli obbligazionari che prevedano clausole di partecipazione agli utili di impresa e di subordinazione, purché la durata, come per le obbligazioni ordinarie, non sia inferiore a trentasei mesi. Le obbligazioni partecipative subordinate sono strumenti “ibridi” caratterizzati dall’assenza di diritti partecipativi di natura amministrativa. La clausola di partecipazione regola la parte del corrispettivo spettante al portatore del titolo obbligazionario, commisurandola al risultato economico dell’impresa emittente. Il tasso d’interesse riconosciuto al portatore del titolo non può essere inferiore al Tasso Ufficiale di Riferimento.

La società emittente titoli partecipativi si obbliga a versare annualmente al soggetto finanziatore, entro trenta giorni dall’approvazione del bilancio, una somma commisurata al risultato economico dell’esercizio in percentuale pari a quella indicata nel regolamento dello strumento.

Le obbligazioni partecipative sono state introdotte allo scopo di finanziare le start up, i turnaround tecnologici o per il rilancio aziendale.

Bibliografia

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Redattore: Giovanni AVERSA

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