MONETA

Tipo voce : Glossario

Bene mobile particolare che nei sistemi economici ha quattro importanti compiti: di strumento di pagamento, di deposito di ricchezza, di intermediario degli scambi, di misura del valore (ovvero di unità di conto). Il numero dei mezzi adatti a questi compiti è cresciuto alquanto negli due secoli ultimi passati e l’evoluzione del diritto ha definito le caratteristiche di ciascuno, anche con accordi internazionali. Si è accresciuto nello stesso tempo il numero degli strumenti finanziari adatti a operare come deposito di ricchezza di modo che questo compito si è ristretto per la moneta al breve e brevissimo termine (tende a scomparire, come sembra, il fenomeno della tesaurizzazione). Si noti che ogni forma di moneta rientra economicamente nella più vasta categoria degli strumenti finanziari (mezzi con cui si trasferisce moneta nel tempo o nello spazio, ovvero si trasferiscono i rischi pendenti su incassi e pagamenti futuri). Tuttavia l’uso e il diritto tengono separati i due concetti e il TUF dichiara che i mezzi di pagamento non sono strumenti finanziari (art. 1, c. 4).

1. Distinzioni e classificazioni. È conveniente distinguere quattro categorie di moneta: moneta legale (metallica e in banconote), moneta bancaria (nelle forme tipiche dell’assegno bancario, assegno circolare, giroconto, disposizione di pagamento o bonifico, disposizione permanente RID, carta di credito, carta di debito, moneta elettronica, versamento in conto corrente postale, vaglia postale, vaglia cambiario della Banca d’Italia; a metà strada tra moneta bancaria e moneta legale sono gli speciali titoli emessi dalla Tesoreria dello Stato, che però sono prevalentemente solo strumenti di pagamento), divise (impiegate nelle relazioni commerciali e finanziarie internazionali) e moneta elettronica (card-based e software-based). Quest’ultima è una specie comparsa negli ultimi dieci anni e ancora in formazione. Secondo la circolazione, principalmente dal punto di vista giuridico, si distinguono il corso fiduciario (cui corrisponde la moneta fiduciaria), il corso legale, il corso forzoso. Moneta fuori corso è quella dichiarata senza più corso legale dalla legge, ritirata e concambiata o non dalla circolazione. Altro aspetto (di grande interesse economico) è la convertibilità della moneta, che può essere vietata dalla legge. Altri lemmi relativi alla moneta sono: moneta divisionaria, moneta effettiva e moneta ideale, moneta di conto, moneta di riserva, moneta forte, moneta internazionale, moneta scritturale, moneta virtuale.

2. Storia. La forma più antica di strumento di pagamento sono le merci (bestiame, cereali, pelli) date in cambio di altre merci nel baratto e la successiva specializzazione di qualche merce come bene accettato in cambio di altre merci e, quindi, come loro comune misura del valore (moneta merce). Con la scoperta della metallurgia, diventa più pratico l’uso dei metalli, specialmente il bronzo, l’oro, l’argento e le loro leghe, inalterabili, divisibili, facilmente trasportabili e relativamente scarsi. Impiegati inizialmente in pezzature di metallo grezzo (p.e. l’aes rude dei latini) accettati a peso, poi fusi in pezzi regolari di peso standard (a Roma antica rapportato a una libbra di 327,45 grammi: l’aes grave), usati tanto come mezzo di pagamento quanto come unità di misura per pesare, poi ancora certificati da un sigillo dello Stato (l’aes signatum introdotto da Servio Tullio, la monetazione di Creso e di Dario I nei secoli VI e V a.C.). La prima moneta con inciso il valore nominale è coniata dai Romani sul finire del III secolo a.C. e da questo momento nasce la vera moneta. Prima d’allora, i pezzi erano propriamente lingotti di fattura accurata e anche artistica, che circolavano in base al contenuto intrinseco e al titolo garantiti dall’autorità del sigillo di un monarca o di una polis. Con i romani, appare in embrione anche il corso legale, cioè l’attribuzione alla moneta di potere liberatorio legale in base al valore nominale, non a quello intrinseco del metallo contenuto. L’oro, l’argento, il rame coniati in varie pezzature e per lo più in lega hanno costituito la circolazione monetaria fino al XVIII secolo in regime di monometallismo o bimetallismo e anche di plurimetallismo di fatto. Inalterabilità, malleabilità, duttilità, quindi coniazione agevole e conseguente garanzia di peso e lega da parte del Principe, poco ingombro, facilità di trasporto e di custodia sono le ragioni socio-economiche che hanno determinato la fortuna delle monete metalliche dall’Antichità. La carta moneta compare tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo. Agli inizi essa è moneta bancaria del tutto fiduciaria. Successivamente la circolazione della moneta cartacea evolve nel corso legale, all’inizio convertibile in moneta metallica, quindi soggetta al corso forzoso, infine, con la demonetizzazione dell’oro sul finire del secolo scorso, semplicemente moneta a corso legale convertibile in moneta forte o non convertibile. L’assegno, il vaglia hanno avuto un notevole sviluppo a partire dal XIX secolo. La carta di credito è comparsa a metà del XX. La carta di debito e la moneta elettronica sono state introdotte negli ultimi vent’anni.

3. Sistemi di emissione e di gestione. Ci sono diversi sistemi di emissione della moneta, per lo più non praticati e solo di interesse storico (p.e.: facoltà dei privati di far coniare moneta alla Zecca fornendo l’oro e pagando un diritto di signoraggio e/o di brassage; carta moneta emessa da banche private su concessione statale o liberamente senza; carta moneta emessa da forze di occupazione). I sistemi evoluti, maturati negli ultimi due secoli, prevedono che l’emissione sia accentrata da una autorità monetaria (di regola con una certa indipendenza dal Governo e dal potere politico) che può operare in due regimi: di banca centrale e di currency board. Nel primo caso l’autorità monetaria e il Governo conservano pienamente i poteri di politica monetaria. Con il regime di currency board questi poteri sono molto ristretti, se non annullati.

4. Requisiti e caratteristiche della moneta. I requisiti tecnici della moneta in senso stretto (narrow money) sono: valore facciale determinato e invariabile, trasferibilità perfetta, assenza di costi di transazione, l’essere espressa e divisa in multipli e sottomultipli (oggi ovunque decimali, ma in passato vigesimali e sessagesimali) di un’unità convenzionale avente corso legale, zero- maturity (cioè disponibilità e spendibilità immediata al valore facciale; il loro valore attuale coincide con quello facciale), rendimento nullo per il portatore. È inoltre importante l’elemento psicologico della fiducia di massa. L’insieme di questi requisiti, che rende la moneta generalmente accettabile nel sistema degli scambi e delle transazioni, può subire limitazioni in situazioni eccezionali. Circolano come moneta contrassegni e marche nei club e nei villaggi turistici e vera moneta cartacea emessa da ribelli o insorti nelle zone occupate. Si tratta però di titoli privi di riconoscimento legale e che non hanno corso fuori del loro ambito temporale e territoriale. D’altra parte, a onta del corso legale, in periodi di grave crisi i cittadini si disfano della moneta legale per provvedersi di monete forti straniere. Ciò che in fondo garantisce l’accettazione della moneta sono le aspettative della gente riguardo alla conservazione del suo valore nel prossimo futuro. Tra tutti i beni a disposizione dell’uomo la moneta è l’unica a possedere la peculiarità di essere capace di soddisfare un unicobisogno: quello di poter acquistare i beni che hanno la capacità di soddisfare gli altri bisogni.

5. Moneta, potere d’acquisto e politica monetaria La conservazione della stabilità del valore della moneta, cioè del suo potere d’acquisto, costituisce un importante obiettivo della politica economica. In Italia la realizzazione di questo obiettivo è stato compito della Banca d’Italia e del suo Governatore fino all’adozione dell’euro. Con il passaggio all’euro talecompito è stato trasferito al Sistema europeo di banche centrali (SEBC) e, concretamente, al Consiglio direttivo e al Comitato esecutivo della Banca Centrale Europea (BCE). La sfiducia maturata nell’ultimo quarto del secolo scorso verso le politiche di tipo keynesiano in cui il primo obiettivo era la crescita del reddito e dell’occupazione da realizzare anche con forti disavanzi del bilancio dello Stato, ha indotto a negligere le manovre discrezionali di politica fiscale e ha portato al primo posto negli obiettivi di politica economica la stabilità dei prezzi e, nel governo dell’economia, gli strumenti di politica monetaria. Le manovre di fine tuning con cui la politica keynesiana pensava di governare con precisione i livelli di produzione e di realizzare la piena occupazione sono apparse in realtà l’origine delle pressioni inflazioniste e dell’instabilità delle aspettative che hanno travagliato i Paesi industriali fino agli anni Novanta. Agli Stati membri che intendevano entrare nella terza fase dell’UEM la Comunità Europea ha imposto col trattato di Maastricht (7.2.1992) regole fisse sotto la specie di criteri di convergenza che riguardavano la politica fiscale (in particolare per il disavanzo e il debito pubblico), il tasso di inflazione, il cambio e il livello dei tassi di interesse. Il Trattato che istituisce la Comunità Europea pone all’art. 4 (ex art. 3A) il mantenimento della stabilità dei prezzi al primo posto nella politica economica subordinandogli le altre politiche. La realizzazione dell’obiettivo è assegnata con la stessa priorità dal successivo art. 105 al SEBC. Il principio è ripreso con le stesse parole dall’art. 2 dello Statuto del SEBC.

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