LIBERTÀ DI CONCORRENZA
La libertà di concorrenza nel diritto comunitario è regolata dagli artt. 81-89 CE (ex 85-94 TCE) e ha per obiettivo, secondo quanto disposto dall’art. 3, lettera g), CE, la creazione di un “regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato interno”. Il concetto che sta alla base dell’art. 3 è che la concorrenza e le leggi di mercato garantiscono il buon funzionamento dello spazio economico europeo. La politica comunitaria in materia di concorrenza consiste in cinque ambiti: a) divieto di pratiche concordate, accordi e associazioni tra imprese che possano pregiudicare il commercio tra gli Statimembri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune; b) divieto, fin dove può essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, dello sfruttamento abusivo di una posizione dominante sul mercato comune; c) divieto di aiuti alle imprese (e controlli su di essi) da parte degli Stati membri, concessi utilizzando risorse statali, sotto qualsiasi forma, che possano falsare la concorrenza favorendo determinate imprese o produzioni; d) controllo preventivo sulle operazioni di concentrazione di dimensioni europee, autorizzando o vietando le previste alleanze; e) liberalizzazione di alcuni settori in cui aziende pubbliche o private operano in una situazione di monopolio, quali il mercato delle telecomunicazioni e quello dei trasporti e dell’energia. Le regole applicabili alle imprese sono contenute negli artt. 81-86 CE (ex 85-90), mentre gli artt. 87-89 (ex 92-94) riguardano gli aiuti concessi dagli Stati (v. aiuti concessi dagli Stati). Con l’abrogazione dell’ex art. 91 scompare la figura del dumping intracomunitario, ora non più configurabile (v. dumping e sovvenzioni, diritto comunitario). Tra le norme sopra citate, l’art. 81 (ex 85) prescrive il divieto delle intese; l’art. 82 (ex 86) vieta l’abuso di posizione dominante; l’art. 86 (ex 90) riguarda le imprese pubbliche e le imprese incaricate della gestione di servizi di interessi economico generale; infine, gli artt. 83-85 (ex 87-89) riguardano aspetti di carattere procedurale. In linea generale, il dibattito circa l’applicabilità o meno alle banche e alle istituzioni finanziarie delle norme in materia di concorrenza è stato risolto in senso positivo dalla Corte di Giustizia della Comunità Europea, con la sentenza 14.7.1981, in causa 172/80 Züchner.
1. Divieto di pratiche concordate, accordi e associazioni tra imprese. Il divieto delle intese, di cui all’art. 85, riguarda gli accordi tra imprese e le pratiche concordate qualora: 1) possano pregiudicare il commercio tra gli Stati membri; 2) abbiano per oggetto e per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune (art. 81, n. 1). Le intese vietate sono nulle (art. 81, n. 2) e, in virtù del disposto del regolamento del Consiglio del 6.2.1962 n. 17, possono comportare il pagamento di un’ammenda (art. 15) e di penalità di mora (art. 16). Tuttavia, in base all’art. 81, n. 3, le intese di cui sopra possono essere esentate dal divieto, da parte della Commissione, qualora: 1) contribuiscano a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico; 2) pur riservando agli utilizzatori una congrua parte dell’utile che ne deriva (condizioni positive). Quanto sopra, purché tali intese evitino: 1) di imporre alle imprese interessate restrizioni che non siano indispensabili per raggiungere gli obiettivi prefissati; 2) di dare alle imprese la possibilità di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti di cui trattasi (condizioni negative).
2. Posizione dominante. L’art. 82 CE (ex 86) vieta lo sfruttamento abusivo di una posizione dominante sul mercato comune (ora mercato interno), o su una parte sostanziale di questo, qualora esso possa essere pregiudizievole al commercio tra gli Stati membri. Le norme relative a questi due punti assumono rilevanza altresì sotto il profilo delle concentrazioni di imprese, ora disciplinate dal regolamento CE 89/ 4064 adottato dal Consiglio il 21.12.1989 (v. controllo delle concentrazioni).
3. Divieto di aiuti alle imprese e controlli su di essi (art. 87, ex 92, e art. 88, ex 91, CE). Salvo deroghe espresse del Trattato CE, sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza. La Commissione procede con gli Stati membri all’esame permanente dei regimi di aiuti esistenti in questi Stati e propone loro le misure richieste dallo sviluppo e dal funzionamento del mercato comune. Alla Commissione sono comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Speciali procedure sono previste per intimare agli Stati la revoca degli aiuti (art. 88, ex 93, CE). Molteplici sono le norme in materia di aiuti concessi dagli Stati e significativi i casi di esenzione ed esonero dalla severa disciplina sulla materia.
4. Controllo preventivo delle concentrazioni. v. controllo delle concentrazioni.
5. Liberalizzazione dei servizi pubblici. L’art. 86 CE (ex 90 TCE) dispone l’applicazione delle norme sulla concorrenza anche alle imprese alle quali gli Stati riconoscono diritti speciali o esclusivi; esso dispone, inoltre, che siano sottoposte alle regole sulla concorrenza (nei limiti in cui tale applicazione non osti all’adempimento della missione loro affidata) le imprese incaricate della gestione di servizi d’interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale. In ogni caso, tuttavia, lo sviluppo degli scambi tra gli Stati membri non deve essere compromesso in relazione all’attività svolta dalle imprese predette in misura contraria agli interessi della Comunità. La Commissione, avendo accertato che, soprattutto nel settore manifatturiero, una considerevole quantità di aiuti è stata erogata alle imprese pubbliche, ma non notificata ai sensi dell’art. 88 n. 3 del Trattato, per dare piena attuazione all’art. 86 CE ha emanato, e successivamente modificato (Dir. 85/413, Dir. 93/84 e Dir. 2000/52), la Direttiva 80/723/CEE del 25 giugno 1980, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche e alla trasparenza finanziaria all’interno di talune imprese. In base a essa, gli Stati membri debbono tenere i dati relativi alle relazioni finanziarie con le imprese pubbliche, dagli stessi controllate, a disposizione della Commissione per cinque anni. La Commissione ha inoltre previsto l’obbligo, a carico degli Stati membri, di fornire talune informazioni di carattere finanziario, sia a richiesta della stessa Commissione sia con periodicità annuale, concernenti le proprie imprese nel settore manifatturiero – in cui la produzione costituisca almeno il 50% del fatturato annuo. Da ultimo la Commissione ha previsto l’obbligo della tenuta di una contabilità separata per quelle imprese che – con un fatturato netto annuo superiore ai 40 milioni di euro negli ultimi due anni – svolgano la loro attività in particolare in ambiti concernenti servizi d’interesse economico generale (cioè quei settori che in passato costituivano prevalentemente l’oggetto dell’attività di monopoli pubblici; sono comunque fatti salvi i casi di attività svolte a seguito di procedure trasparenti quali, p.e., i c.d. oneri di servizio pubblico).