IMPOSTA SUI REDDITI DELLE PERSONE FISICHE IRPEF
Tipo voce : Glossario
Tributo diretto, che colpisce il possesso in denaro o in natura, dei redditi indicati dalla legge tributarie. I redditi assoggettati all’IRPEF sono specificati nell’art. 6, d.p.r. 22.12.1986 n. 917 e sono costituiti dai redditi fondiari, di capitale, di lavoro dipendente, di lavoro autonomo, di impresa e diversi. Soggetti passivi dell’imposta sono le persone fisiche residenti e non residenti nel territorio dello Stato (per questi ultimi nei limiti dei redditi prodotti nel territorio). A tale fine si considerano residenti in Italia: le persone fisiche che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nei registri anagrafici della popolazione residente; coloro che hanno per la maggior parte del periodo d’imposta nel territorio dello Stato il domicilio ai sensi del codice civile; le persone che per la maggior parte del periodo di imposta hanno nel territorio dello Stato la residenza ai sensi del codice civile. Non sono soggetti passivi dell’IRPEF le società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice. I redditi relativi, tuttavia, sono imputati direttamente a ciascun socio, in proporzione alla sua quota di partecipazione agli utili e indipendentemente dall’effettiva percezione degli stessi. Il reddito complessivo è dato dalla somma dei redditi netti di ogni categoria (fondiari, dicapitale, di lavoro, di impresa e diversi), determinati secondo norme proprie di ciascuna categoria, detratte le perdite derivanti dall’esercizio di imprese commerciali e di attività artistiche e professionali. Sono esclusi dalla base imponibile i redditi esenti, quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o a imposta sostitutiva. Alcune categorie di redditi indicate dall’art. 16, d.p.r. n. 917, cit., sono soggette a tassazione separata (come gli emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente, le indennità di fine rapporto di lavoro dipendente e di agenzia, le plusvalenze patrimoniali in dipendenza di liquidazione o cessione di aziende, il valore nominale delle azioni e le quote gratuite ricevute o l’aumento del valore nominale delle azioni o delle quote già possedute). Ai fini della determinazione del reddito complessivo netto, dal reddito stesso si deducono taluni oneri effettivamente sostenuti dal contribuente, come i canoni, i livelli e i censi gravanti sugli immobili; le spese mediche e quelle di assistenza specifica necessarie nei casi di grave e permanente invalidità o menomazione sul reddito complessivo netto così determinato si applicano aliquote progressive crescenti per scaglioni di reddito. Dall’imposta così determinata per periodo di imposta (anno solare) vengono effettuate alcune detrazioni, p.e. per carichi di famiglia e per spese inerenti alla produzione del reddito di lavoro. L’imposta così definita va versata in due acconti anticipati (v. acconti d’imposta) e nel saldo alla presentazione della dichiarazione dei redditi. Ciò posto, in generale, va poi, esaminata, in sintesi, la disciplina applicabile alle singole categorie di redditi così come individuate dall’art. 6, d.p.r. n. 917, cit
1. Redditi fondiari. Redditi fondiari sono quelli inerenti ai terreni e ai fabbricati, situati nel territorio dello Stato, che sono o devono essere iscritti, con attribuzione di rendita, nel catasto dei terreni o nel catasto edilizio urbano. I redditi di natura fondiaria, non determinabili catastalmente, e quelli degli immobili situati all’estero, rientrano tra i “redditi diversi”. Il reddito dei terreni si distingue in reddito dominicale e reddito agrario. Il reddito dominicale comprende i frutti derivanti dalla proprietà del fondo e dai capitali stabilmente investiti; il reddito agrario è invece quello che remunera i capitali d’esercizio e il lavoro di organizzazione. Il reddito dei terreni (sia quello dominicale, sia quello agrario) non è colpito nella sua misura effettiva, ma nella misura “media ordinaria”, risultante dalle tariffe d’estimo catastale. Il reddito dei fabbricati è il reddito medio ordinario ritraibile dalle unità immobiliari urbane, cioè da fabbricati o altre costruzioni stabili o porzioni di fabbricato suscettibili di reddito autonomo. Il reddito medio ordinario è determinato catastalmente, secondo le tariffe d’estimo, che distinguono le unità immobiliari in categorie e ciascuna categoria in classi.
2. Redditi di capitale. Categoria reddituale la cui disciplina è stata modificata in modo so- stanziale con d.lg. 21.11.1997 n. 461, sulla base dei principi e dei criteri direttivi fissati dalla legge delega per la riforma (l. 23.12.1996 n. 662). In particolare, è stata modificata la nozione dei redditi di capitale rifacendosi allo schema del frutto civile. Non è stata peraltro fornita una definizione di carattere generale, bensì un elenco puntuale di fattispecie reddituali completato da una norma di chiusura che comprende, tra i citati redditi, gli interessi e gli altri proventi derivanti da “altri” rapporti aventi per oggetto l’impiego del capitale, esclusi i rapporti attraverso cui possono essere realizzati differenziali positivi o negativi in dipendenza di un evento incerto. Il riordino della disciplina fiscale dei redditi di capitale ha inciso in maniera signifi cativa anche sulle modalità di determinazione del reddito imponibile, fermi restando i principi della tassazione al lordo e per cassa degli stessi. In conformità alle direttive della legge delega, citata, è stato infine attuato il riordino delle ritenute alla fonte (v. ritenuta alla fonte) oltre che delle imposte sostitutive afferenti i redditi in oggetto, nel rispetto dei principi di incoraggiamento e tutela del risparmio previsti dalla Costituzione. In particolare, a questo proposito, si è deciso di accorpare nella misura del 12.5% le aliquote pari o inferiori al 15% e nella misura del 27% le aliquote superiori al 15%.
3. Redditi di lavoro dipendente. Con d.lg. 2.9.1997 n. 314, il legislatore è intervenuto in maniera significativa in materia di tassazione dei redditi di lavoro dipendente. In particolare, in conformità al principio fissato dalla legge delega per la riforma (l. 23.12.1996 n. 662), ha provveduto alla armonizzazione della base imponibile contributiva previdenziale con quella del reddito di lavoro dipendente; ciò ha comportato la sostanziale identificazione del concetto del reddito in oggetto, sia ai fini fiscali che ai fini contributivi. Questo risultato è stato, in specie, reso possibile in quanto, sia la nozione di reddito che quella di retribuzione imponibile sono ispirati al c.d. principio di omnicomprensività. Ciò premesso, si ricordano alcuni punti significativi della nuova normativa, cominciando dalla definizione dello stesso, costituito ora da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta, in relazione al rapporto di lavoro. Di notevole importanza pratica, inoltre, una nuova fattispecie di esclusione dal reddito in oggetto. Si tratta, in particolare, del regime inerente le stock option ed in specie la non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente del valore delle azioni offerte alla generalità dei dipendenti per un importo non superiore complessivamente nel periodo di imposta a L. 4 milioni (€ 2.065,83), al verificarsi di determinate condizioni, oltre che la non concorrenza alla formazione del medesimo della differenza tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione e l’ammontare corrisposto dal dipendente, a condizione che il predetto ammontare sia almeno pari al valore delle azioni stesse alla data dell’offerta (v. stock option). Un’ulteriore importante novità concerne la valorizzazione dei compensi in natura. In specie, dal criterio del costo specifico si è passati a una valutazionesulla base del valore normale dei beni e servizi costituenti fringe benefit. Il legislatore, inoltre, ha adottato criteri di determinazione convenzionale del valore normale in relazione ad alcuni benefit particolarmente diffusi (autoveicoli, alloggi, prestiti). Da ultimo, il d.lg. n. 314 ha apportato significative modifiche in materia di dichiarazioni e di applicazione delle ritenute, al fine di consentire a un maggior numero di dipendenti di non presentare la dichiarazione e di semplificare e unificare gli adempimenti dei sostituti di imposta. Si ricorda per completezza che con l. 21.11.2000 n. 342, i redditi percepiti dai collaboratori coordinati e continuativi sonostati “spostati” nell’ambito dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente; in precedenza gli stessi confluivano, invece, nell’ambito dei redditi derivanti da lavoro autonomo.
4. Redditi di lavoro autonomo. Sono redditi di lavoro autonomo quelli derivanti dall’esercizio di arti e professioni, ossia dall’esercizio, per professione abituale, anche se non esclusiva, di una attività, che si distingue da quella di lavoro dipendente. Sono, inoltre, redditi di lavoro autonomo: i redditi derivanti dalla utilizzazione economica, da parte dell’autore o inventore, di opere dell’ingegno, di brevetti industriali e processi, formule o informazioni relative a esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico, se non sono conseguiti nell’esercizio di imprese commerciali; le partecipazioni agli utili derivanti da contratti di associazione in partecipazione, quando l’apporto sia costituito esclusivamente da prestazioni di lavoro; le partecipazioni agli utili spettanti ai promotori e ai soci fondatori di società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata; le indennità per la cessazione di rapporti di agenzia. La determinazione del reddito di lavoro autonomo è disciplinata, in linea generale, dal principio di cassa: esso è infatti determinato con riguardo alla differenza tra i compensi percepiti e le spese sostenute.
5. Redditi d’impresa. Sono redditi d’impresa quelli che derivano dall’esercizio di imprese commerciali. Fiscalmente, per esercizio di imprese commerciali si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate nell’art. 2195 c.c. ovvero le attività industriali, di intermediazione, di trasporto, bancarie, assicurative e ausiliarie delle precedenti, ancorché non organizzate in forma d’impresa. Si intende, inoltre, lo svolgimento di una delle attività connesse all’agricoltura quando tale attività eccede i limiti entro i quali la stessa è considerata agricola. Sono, inoltre, redditi d’impresa: i redditi derivanti dall’esercizio di attività organizzate in forma d’impresa dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell’art. 2195 c.c., tranne quelle organizzate prevalentemente con il lavoro del contribuente e dei suoi familiari. Il reddito d’impresa è determinato apportando al risultato netto del conto dei profitti e delle perdite, relativo all’esercizio chiuso nel periodo d’imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all’applicazione dei criteri stabiliti dal d.p.r. n. 917, cit. Le variazioni in aumento possono dipendere da due tipi di norme fiscali: a) norme che impongono di includere nel calcolo del reddito imponibile elementi attivi non inclusi nel bilancio, o inclusi in misura minore di quanto prescritto dalla norma fiscale; b) norme che impongono di escludere, dal computo del reddito imponibile, elementi passivi inclusi nel bilancio (o computati in misura superiore a quella fiscalmente ammessa). Le variazioni in diminuzione possono derivare, in primo luogo, da norme che escludono la rilevanza fiscale di poste attive del bilancio, in secondo luogo, dalla computabilità, in sede fiscale, di costi non computati nel bilancio civilistico. In sintesi, costituiscono componenti positive di reddito i ricavi, le plusvalenze patrimoniali, le sopravvenienze attive, le rimanenze finali. Tra le componenti negative si ricordano gli ammortamenti, le spese per prestazioni di lavoro, gli interessi passivi, gli accantonamenti deducibili.
6. Redditi diversi. Con d.lg. 21.11.1997 n. 461, il legislatore ha provveduto a riformare il regime fiscale proprio dei redditi diversi di natura finanziaria. Attualmente, tutte le fattispecie di redditi di natura finanziaria che non sono considerate redditi di capitale sono attratte a imposizione nel novero dei redditi diversi. Per raggiungere questo obiettivo il legislatore, in conformità ai principi fissati dalla legge delega (l. 23.12.1996 n. 662), non ha fatto ricorso all’introduzione di una norma di principio, ma ha agito sulle singole disposizioni già in essere, ampliandole ed introducendo una norma di chiusura. In particolare, sono state revisionate le fattispecie di redditi diversi di natura fi- nanziaria già esistenti (quelle aventi a oggetto le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni sociali qualificate e quelle derivanti dalla cessione di ogni altra partecipazione); sono state introdotte due nuove fattispecie imponibili (quelle dirette ad attrarre a imposizione le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolooneroso ovvero rimborso di titoli non rappresentativi di merci, di certificati di massa, di valute estere, di metalli preziosi e di quote di partecipazione a organismi di investimento collettivo del risparmio ed i redditi derivanti da contratti derivati e da altri contratti a termine di natura finanziaria); infine, è stata inserita nel corpo dell’art. 81, TUIR, una norma di chiusura volta ad assoggettare a imposizione le plusvalenze e altri proventi, diversi da quelli precedentemente indicati, realizzati mediante cessione a titolo oneroso ovvero chiusura di rapporti produttivi di redditi di capitale e mediante cessione a titolo oneroso ovvero rimborso di crediti pecuniari o di strumenti finanziari, oltre che quelli realizzati mediante rapporti attraverso cui possono essere conseguiti differenziali positivie negativi in dipendenza di un evento incerto. Quanto alle modalità di tassazione dei redditi in oggetto è rilevante notare che detti redditi sono soggetti a imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, con la conseguenza che gli stessi sono avulsi dal reddito complessivo del contribuente e sottoposti a imposizione separatamente rispetto agli altri redditi del medesimo. In estrema sintesi si nota, con riferimento alla misura della tassazione, che l’aliquota applicabile per le cessioni di partecipazioni qualificate è quella del 27%, mentre in tutte le altre ipotesi è fissata al 12.5%. Infine, si segnala che accanto al regime ordinario di tassazione tramite l’inserimento della plusvalenza nella dichiarazione dei redditi (tassata in maniera sostitutiva) sono stati introdotti, per le cessioni diverse da quelle di partecipazioni qualificate, due regimi semplifi cati di tassazione, denominati del risparmio amministrato e del risparmio gestito, entrambi facoltativi (v. imposta sostitutiva delle plusvalenze). (gt-mv)
7. La l. 7.4.2003 n. 80 di delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale riguarda, all’art. 3, l’imposta sul reddito cui dovrebbe corrispondere l’acronimo IRE. La delega per l’attuazione delle direttive dell’art. 3 non è stata ancora esercitata e la nuova denominazione non è ancora entrata nel linguaggio del legislatore e della burocrazia che continua a utilizzarel’espressione “imposta sul reddito delle persone fisiche” (da cui l’acr. IRPEF). L’obiettivo generale della legge delega per questo tributo è di ridurre a due le aliquote, rispettivamente pari al 23% fino a 100.000 euro e al 33% oltre tale importo, e di articolarne la riforma si articola sulla base di una serie di principi e criteri direttivi che sono in sintesi: inclusione, tra i soggetti passivi dell’imposta, degli enti non commerciali; identificazione, in funzione della soglia di povertà, di un livello di reddito minimo personale escluso da imposizione; progressiva sostituzione delle detrazioni con deduzioni; articolazione delle deduzioni in funzione di certi criteri di merito; concentrazione delle deduzioni sui redditi bassi e medi; inclusione parziale nell’imponibile degli utili percepiti e delle plusvalenzerealizzate, fuori dall’esercizio di impresa, su partecipazioni societarie qualificate; per la determinazione del reddito di impresa, applicazione, in quanto compatibili, delle norme contenute nella disciplina della imposta sul reddito delle società; regime differenziato di favore fiscale per la parte di retribuzione o compenso commisurata ai risultati dell’impresa; revisione della disciplina dei redditi derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa; omogeneizzazione dell’imposizione su tutti i redditi di natura finanziaria, indipendentemente dagli strumenti giuridici utilizzati per produrli; convergenza del regime fiscale sostitutivo su quello proprio dei titoli del debito pubblico; imposizione del risparmio affidato in gestione agli investitori istituzionali sulla base dei principi di cassa e di compensazione; regime differenziato di favore fiscale per il risparmio affidato a fondi pensione, a fondi etici ed a casse di previdenza privatizzate; regime agevolativo per i contribuenti che destinano i propri risparmi alla costituzione di fondi personali di accumulo per l’acquisto della prima casa; prosecuzione del processo di semplificazione degli adempimenti formali; potenziamento degli studi di settore; introduzione del concordato triennale preventivo; introduzione di un sistema forfetario di tassazione agevolata per le piccole attività nei piccoli comuni montani non a vocazione turistica; introduzione per le piccole e medie imprese e per i lavoratori autonomi di un regime semplificato per gli obblighi documentali e la determinazione degli imponibili; mantenimento di un regime fiscale semplificato per le società sportive dilettantistiche; previsione di una clausola di salvaguardia, in modo che, a parità di condizioni, il nuovo regime risulti sempre più favorevole o uguale, mai peggiore, del precedente, con riferimento anche agli interventi di natura assistenziale e sociale.
8. Un “primo modulo della riforma del sistema fiscale statale”, attuato con la legge finanziaria 2003 (l. 27.12.2002 n. 289, art. 2), ha modificato le aliquote, lasciandole però sempre in numero di cinque e ritoccando gli scaglioni, ha introdotto nuove detrazioni e ha inserito due nuovi concetti: la no-tax area e la clausola di salvaguardia. La no-tax area è una deduzione potenziale graduata in base al reddito posseduto e agli eventuali oneri deducibili e ha lo scopo di conservare la progressività dell’imposta dopo l’aumento dell’aliquota sul primo scaglione dal 18% al 23%. Con la clausola di salvaguardia è stata data al contribuente la possibilità di scegliere la più, per lui, favorevole tra la nuova tassazione e la vecchia.
9. Con legge finanziaria 2005 (l. 30.12.2004 n. 311, art. 1, comma da n. 349 a 353) le aliquote sono state ridotte a tre (23% fino a 26.000 euro, 33% oltre 26.000 e fino a 33.500 euro e 39% oltre 33.500 euro) con l’aggiunta di un contributo di solidarietà del 4% per gli imponibili superiori a 100.000 euro, è stata aumentata la no-tax area, si è continuato con la sostituzione delle detrazioni con deduzioni introducendo la no-tax family area in sostituzione del vecchio sistema delle detrazioni per familiari a carico, è stata conservata la clausola di salvaguardia.
10. La legge finanziaria 2007 (legge 27.12.2006 n. 296 art. 1 comma da n. 6 a 403) ha introdotto numerose modifiche all’imposta personale sul reddito delle persone fisiche. In particolare, i cambiamenti hanno riguardato la rimodulazione delle aliquote e degli scaglioni IRPEF e la reintroduzione delle detrazioni in sostituzione della no tax area della no tax family area introdotte nel 2005. L'imposta lorda e' determinata applicando le seguenti aliquote per scaglioni di reddito: fino a 15.000 euro, 23 per cento; oltre 15.000 euro e fino a 28.000 euro, 27 per cento; oltre 28.000 euro e fino a 55.000 euro, 38 per cento; oltre 55.000 euro e fino a 75.000 euro, 41 per cento; oltre 75.000 euro, 43 per cento. La no tax area è stata sostituita dalle detrazioni per tipo di reddito, sono esenti i lavoratori dipendenti fino a 8.000 euro, i pensionati fino a 7.500 euro e gli altri redditi fino a 4.800 euro.
Dal 2018 si discute in Parlamento di ridurre il carico fiscale con l'introduzione di una Flat tax.
Redattori: Andrea DELOGU, Bianca GIANNINI
© 2010 ASSONEBB