FIDEIUSSIONE BANCARIA
Contratto innominato, denominato anche fideiussione omnibus (v. clausole omnibus) o generale, che si caratterizza rispetto allo schema tipico della fideiussione perché contiene clausole contrattuali idonee ad estendere l’obbligazione di garanzia non solo ai debiti esistenti nel momento in cui esso viene concluso e per un ammontare definito, ma anche a quelli che deriveranno in futuro (e nella relativa misura) da operazioni bancarie di qualunque natura, previamente consentite o che lo saranno in seguito, intercorrenti tra la banca e il debitore principale o tra quest’ultimo e un terzo, la cui validità è subordinata alla previa indicazione dell’importo massimo garantito (art. 1938 come modificato dalla l. 1992/154). Il contratto di fideiussione omnibus ha assunto una sua tipicità sociale in forza di una serie di clausole contenute nei moduli predisposti dall’ABI, derogatorie della disciplina civilista della fideiussione, volte al soddisfacimento dei particolari bisogni del credito all’impresa, caratterizzato da flessibilità e dalla necessità di coprire non una singola operazione ma molteplici erogazioni di denaro compiute in un determinato arco temporale. L’opinione prevalente, sviluppatasi sulla scorta dell’art. 1938 c.c., che ammette la fideiussione per obbligazione futura, ritiene dunque la fideiussione bancaria meritevole di tutela in quanto idonea a rendere più flessibile l’accesso al credito, e ne afferma la validità sotto il profilo della determinabilità dell’oggetto per relationem, alla stregua di parametri oggettivi, e cioè in base agli atti di normale esercizio dell’attività creditizia, i quali sono sottratti al mero arbitrio della banca. In quest’ottica dunque si richiede, ai fini della determinabilità, che la fideiussione contenga i criteri di individuazione dell’oggetto e che sussista, nel momento della stipulazione, un rapporto fondamentale dal quale sono destinate a scaturire le obbligazioni garantite dal fideiussore. Nonostante il diffuso accoglimento della tesi della determinabilità per relationem dell’oggetto della garanzia bancaria, la l. 1992/154 (legge sulla trasparenza bancaria) è comunque intervenuta per porre un limite all’esposizione del garante e sottrarlo a possibili abusi a suo danno. Il novellato art. 1938 ha reso obbligatoria la previsione nel contratto dell’importo massimo garantito. A questo riguardo si è posto il problema, generato dalla mancanza di una norma transitoria, dell’ambito di applicazione della novella: la C. Cost. 27.6.1997 n. 204 ha negato che alla disciplina previgente potesse essere riconosciuto carattere ultrattivo ma ha riconosciuto come la novella non tocchi la garanzia per le obbligazioni principali già sorte, impedendo esclusivamente che si producono ulteriori effetti e che la fideiussione possa assistere obbligazioni principali successive al divieto di garanzia senza limiti. Recependo le critiche sollevate da larga parte della dottrina e della giurisprudenza (soprattutto di merito) la già menzionata l. 1992/154, modificando l’art. 1956 c.c., sanziona con la nullità la clausola, frequentemente sottoscritta dal fideiussore, di rinuncia preventiva alla liberazione del vincolo nel caso in cui la banca avesse erogato credito al terzo garantito pur conoscendo che le sue condizioni patrimoniali erano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito, precedentemente contenute nei formulari predisposti dalle banche; con essa infatti il fideiussore si obbligava anche a seguire personalmente la situazione economica del debitore, esentando altresì la banca da ogni obbligo di controllo o informazione, ed accrescendone così significativamente la posizione di tutela al fine di rendere più agevole il diritto di aggressione del patrimonio del fideiussore. Deve comunque escludersi che rientrino nella copertura fideiussoria le anticipazioni accordate dalla banca in violazione della clausola generale di buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.). Se dunque i limiti della fideiussione omnibus devono essere individuati in considerazione della qualità delle parti e in base ad un criterio di normalità, non rientrano nell’obbligazione di garanzia, ancorché il debito rientri nei limiti dell’importo massimo garantito: a) i casi di novazione o “bancarizzazione” di un’obbligazione derivante da fatto illecito del debitore compiuto ai danni della banca e poi rifluita nella fideiussione che assiste le operazioni bancarie dell’autore dell’illecito; b) le operazioni illecite derivanti dalla collusione tra il debitore principale e il personale della banca: c) i casi di estensione non autorizzata della garanzia alle obbligazioni assunte dagli eredi del debitore principale. Altre clausole normalmente ricorrenti nei formulari sono: la clausola a prima richiesta, per cui il garante deve versare la somma, immediatamente, a semplice richiesta scritta, anche in caso di opposizione del fideiussore; la clausola di sopravvivenza, con la quale si estende la fideiussione a garanzia delle somme comunque erogate ma da restituire nel caso in cui le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide; clausola di rinuncia alla liberazione del fideiussore, con la quale il fideiussore esonera il creditore dall’onere di attivarsi per far valere la propria pretesa nel termine di sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale; clausola con la quale le scritture contabili della banca fanno prova in qualsiasi sede contro il fideiussore, i successori o aventi causa. È infine da segnalare la possibile applicabilità ai contratti in questione, normalmente conclusi sottoscrivendo contratti standard predisposti dall’ABI poi sottoposti per adesione dalla banca al fideiussore, della disciplina introdotta dalla l. 6.2.1996 n. 52 (contratti del consumatore), agendo la maggioranza dei fideiussori di fuori di un ambito professionale ma per favorire l’accesso al credito di piccole e medie imprese gestite da prossimi congiunti.