FRAZIONAMENTO DEI RISCHI

Ripartizione delle attività finanziarie che nell’insieme costituiscono un portafoglio, alfine di raggiungere una combinazione ideale in termini di rischiosità media dello stesso. Tale principio sta alla base della teoria del portafoglio elaborata da Markowitz negli anni Venti e successivamente riveduta da molti altri studiosi fra cui principalmente William Forsyth Sharpe e James Tobin, secondo la quale le attività finanziarie debbono essere differenziate in modo che la varianza del rendimento atteso di ciascuna di esse, utilizzata come misura del rischio, non sia positivamente correlata con la varianza delle altre attività o gruppi di attività. La riduzione del grado complessivo di rischio del portafoglio è ottenuta quindi attraverso un’appropriata diversificazione delle singole attività che lo compongono; la ragione che rende essenziale (adesione a tale principio è l’incertezza che grava, più o meno intensamente, su qualunque forma di investimento finanziario. Esso trova, quindi, applicazione tanto nella gestione titoli degli intermediari finanziari, quanto in ogni azienda industriale, commerciale e di servizi in sede di suddivisione delle risorse a disposizione tra impieghi alternativi. Nell’ambito della gestione bancaria e con riferimento particolare agli impieghi, per cassa o di firma, esso rappresenta un obiettivo fondamentale, che la banca si deve porre per evitare un’eccessiva concentrazione dei rischi ovvero evitare di legare le proprie sorti a quelle di pochi affidati. La diversificazione può essere attuata seguendo più criteri: primaria importanza assumono il criterio dimensionale (o per importo del singolo fido rispetto alla dimensione della banca), e quello settoriale (riferito ai rami di attività economica). Altri criteri, quali quello territoriale, che può peraltro essere ricondotto a quello merceologico, o la scadenza o ancora la dimensione dell’impresa, che in linea teorica potrebbero considerarsi validi, non sono concretamente adottabili, poiché i positivi effetti che potrebbero produrre non compenserebbero le difficoltà e le complessità tecniche di applicazione. Data l’importanza del principio del frazionamento, la cui inosservanza è stata in passato concausa di talune crisi bancarie, le autorità di vigilanza hanno disciplinato la materia ed in particolare la distribuzione degli affidamenti per entità del fido concesso, stabilendo un rapporto fra crediti di grandi dimensioni e patrimonio della banca (v.limite di fido). La regolamentazione di altri criteri si sarebbe rivelata inopportuna e di fatto inefficace inserita in un già pesante insieme di norme e disposizioni vigenti. Qualora la ripartizione del portafoglio prestiti sia attuata non con riferimento alla dimensione della banca bensì al fabbisogno finanziario complessivo dell’azienda affidata, si attua propriamente la limitazione dei rischi.

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