TRASFORMAZIONE DELLE BANCHE PUBBLICHE
Tipo voce : Glossario
Con la l. 30.7.1990 n. 218, nota come legge Amato-Carli, e con il d.lg. 20.11.1990 n. 356, si è inteso determinare una profonda trasformazione nel sistema delle banche pubbliche italiane, perseguendo lo scopo di affi- dare la gestione bancaria non più a enti pubblici con capitale o fondo di dotazione detenuto totalmente, o a maggioranza, dallo Stato, ma a società per azioni di diritto privato e favorendo la concentrazione degli istituti bancari, con la costituzione di gruppi ispirati al modello del gruppo creditizio polifunzionale. A differenza di quanto è stato attuato successivamente, nel 1992, con la privatizzazione degli enti di gestione delle partecipazioni statali, la legge Amato non ha trasformato direttamente gli enti pubblici in società per azioni, né ha attribuito a Organi pubblici il potere di realizzare coattivamente trasformazioni e concentrazioni: essa lascia viceversa liberi gli enti pubblici creditizi di chiedere un’autorizzazione alla Banca d’Italia e al ministro del Tesoro per trasformare l’ente pubblico in società per azioni, favorendo tale processo con la moral suasion e l’incentivo fiscale i cui termini di applicazione, originariamente di due anni, sono stati ripetutamente prorogati con successivi provvedimenti normativi. Nel caso in cui il fondo di dotazione dell’ente sia stato conferito da più soggetti pubblici, si può attuare una trasformazione del conferimento in partecipazione azionaria, che attribuisce al nuovo soggetto la possibilità di finanziarsi sul mercato mediante gli strumenti di diritto comune delle società per azioni (con le limitazioni peraltro previste nel decreto di attuazione). La trasformazione, per sua natura, è stata perciò adottata dagli enti aventi il fondo di dotazione a composizione associativa, quali appunto gli istituti di credito speciale di natura pubblica. Gli enti invece con struttura di fondazione hanno potuto accedere esclusivamente al diverso processo di ristrutturazione consistente nel conferimento dell’azienda (v. società bancarie derivanti da rìstrutturazioni di enti pubblici creditizi). Già all’entrata in vigore del TUBC (d.lg. 1.9.1993 n. 385) quasi tutti gli istituti di credito speciale avevano proceduto alla trasformazione diretta in società per azioni. Con riferimento, in particolare, al Mediocredito centrale e all’Artigiancassa, è stata predisposta una disciplina speciale delle società derivate appuntodal procedimento di trasformazione, soprattutto per garantire il perseguimento degli obiettivi originari di tutela delle piccole e medie imprese e delle imprese artigiane. Le modalità della trasformazione degli enti creditizi possono dare luogo anche ad operazioni di fusione, regolate in via speciale dal decreto di attuazione, che possono altresì portare alla formazione dei già citati gruppi creditizi polifunzionali, rispetto ai quali l’ente pubblico conferente si porrebbe come holding o capogruppo. Il d. 356/90 disciplinava molto rigorosamente la dismissione del controllo pubblico: si stabiliva anzi che la maggioranza delle azioni con diritto di voto nell’assemblea ordinaria dovesse appartenere, direttamente o indirettamente, a enti pubblici. Con l.30.7.1994 n. 474 e, poi, con una direttiva del ministro del Tesoro concernente le fondazioni bancarie (v. fondazione di origine bancaria), tale regola è invece venuta meno, pur prevedendosi che resta attribuita allo Stato e ad altri enti pubblici la nomina di almeno un amministratore (o di un numero di amministratori non superiore a un quarto dei membri del consiglio) delle società per azioni soggette ad operazioni di dismissione da parte degli enti pubblici medesimi. Tali amministratori conservano il diritto di veto per talune delibere di particolare importanza, quali lo scioglimento della società, il trasferimento dell’azienda, fusioni, scissioni ecc.. Le società bancarie che sono sorte dalle operazioni di trasformazione succedono nei diritti, nelle attribuzioni e nelle situazioni giuridiche dei quali gli enti originari erano titolari. Gli enti creditizi che, in passato, abbiano già emesso titoli di partecipazione al capitale, devono convertirle in azioni ordinarie, salva la facoltà, per i portatori di quote di risparmio partecipativo di optare per la conversione, anche parziale, in quote di risparmio partecipativo. I termini e le condizioni di attribuzione alle nuove società delle disponibilità di pertinenza del patrimonio degli enti originari, oltre che la fissazione del rapporto di cambio relativo all’imputazione dei titoli di partecipazione al capitale delle nuove società vengono approvati con decreto del ministro del Tesoro, sentite la Banca d’Italia e la Consob.